Stage: sudore e relazione (parte seconda)

Creato il 10 gennaio 2013 da Stefano Bresciani @senseistefano

Data: 10 gennaio 2013  Autore: Alessio Candeloro

Quello che non manca sicuramente durante gli stage è il sudore. Ma il sudore non è soltanto un mero riflesso fisico che si attiva quando c’è del movimento, è un’espressione dell’intensità che una persona mette nel fare qualcosa: dalla passeggiata sui monti alla partita di calcetto, dalla corsa per prendere il treno al sudore versato sul posto di lavoro.

Però il sudore che produco muovendomi sul tatami, nel fare il “taiso” (=attivazione motoria), nel fare tecniche, nel seguire i movimenti di “tori” (=colui che attacca) per mantenere il più a lungo possibile il contatto con lui e continuare la relazione, nel fare le “ukemi” (=cadute), è diverso.

Non so dirti il perché, non ti saprei rispondere in maniera  razionale… è più qualcosa che riguarda la sfera emozionale e se è la stessa sensazione che provi tu, ovvero se senti che quel sudore è in qualche modo diverso allora seguimi.

Ci sono parecchi aspetti che mi fanno stare bene sudando sul tatami, due in particolare li ritengo essenziali:

  1. il contatto tra tori e uke
  2. le ukemi

Il primo è fondamentale per chi come me ha scelto di praticare Aikido. Senza contatto non c’è nulla, niente relazione, niente tecniche e niente reciproco scambio di crescita tra tori ed uke. Molti pensano che sia uke (quello che alla fine andrà in caduta) ad iniziare il tutto ma invece è tori (colui che si difende) che offre qualcosa (un polso, una spalla, ecc.) e dà quindi a uke l’opportunità di un primo contatto.

Ma la relazione tra i due protagonisti quanto dura? C’è chi vede l’Aikido come un’arte di autodifesa e ti dirà “prima blocchi uke o prima lo fai cadere meglio è!” Questa cerchia di persone vede l’aikido solo superficialmente e non apprezza quest’arte come forma di relazione umana e di crescita interiore. Secondo me in Aikido, da un punto di vista strettamente difensivo, chiudere la tecnica marziale al primo contatto sarebbe la scelta più saggia e opportuna, però rischiamo di perderci qualcosa… qualcosa di molto importante!!!

Osservando l’Aikido come arte di relazione e quindi a 360°, la concatenazione attacco/tecnica/attacco/tecnica, ecc. ci può stare, può anche continuare all’infinito poiché la relazione tra tori e uke dura quanto noi vogliamo. Se uke dà le spalle a tori, non seguendo più il suo sguardo, è come la ballerina che volta le spalle al suo compagno e se ne va; significa che non vuole più continuare e nell’aikido è la stessa identica cosa; le tecniche possono essere anche una concatenazione ma necessitano di tre requisiti fondamentali:

  1. tori deve consentire a uke di fare un altro attacco
  2. uke deve portare attacchi (colpi o prese) sincere
  3. uke deve sempre seguire gli input di tori.

Così facendo i due protagonisti lavorano all’unisono e perseguono lo stesso scopo.

In questi dieci anni ho fatto una marea di ukemi, sudando parecchio per impararle e per farle, a coppie, durante i randori, durante le “embukai” (=dimostrazioni), o solo per il piacere di farle durante gli allenamenti nel dojo. In questi dieci anni ho lavorato con moltissimi uke e tori e se c’è una cosa che mi sorprende ogni volta è la gioia che provo quando il tori di turno mi manda in caduta. In quel frangente tocco il tatami e poi mi rialzo in piedi, ritrovandomi ogni volta a sorridere.

Queste emozioni le vivo costantemente e credo che forse siano lo scopo finale delle ukemi come di tutto l’aikido in generale. Sorridere, semplicemente. Magari ti riconoscerai in alcune cose che ho scritto e se anche tu provi (o un giorno ti auguro proverai) queste sensazioni, vivile appieno e poi scrivile in un commento. Questo è ciò che ci vuole, al fine di camminare insieme sulla Via della Pace, lo scopo principale di BudoBlog. Sono convinto che insieme riusciremo a coinvolgere sempre più persone attorno a noi.


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