Data: 10 gennaio 2013 Autore: Alessio Candeloro
Però il sudore che produco muovendomi sul tatami, nel fare il “taiso” (=attivazione motoria), nel fare tecniche, nel seguire i movimenti di “tori” (=colui che attacca) per mantenere il più a lungo possibile il contatto con lui e continuare la relazione, nel fare le “ukemi” (=cadute), è diverso.
Non so dirti il perché, non ti saprei rispondere in maniera razionale… è più qualcosa che riguarda la sfera emozionale e se è la stessa sensazione che provi tu, ovvero se senti che quel sudore è in qualche modo diverso allora seguimi.
Ci sono parecchi aspetti che mi fanno stare bene sudando sul tatami, due in particolare li ritengo essenziali:
- il contatto tra tori e uke
- le ukemi
Il primo è fondamentale per chi come me ha scelto di praticare Aikido. Senza contatto non c’è nulla, niente relazione, niente tecniche e niente reciproco scambio di crescita tra tori ed uke. Molti pensano che sia uke (quello che alla fine andrà in caduta) ad iniziare il tutto ma invece è tori (colui che si difende) che offre qualcosa (un polso, una spalla, ecc.) e dà quindi a uke l’opportunità di un primo contatto.
Ma la relazione tra i due protagonisti quanto dura? C’è chi vede l’Aikido come un’arte di autodifesa e ti dirà “prima blocchi uke o prima lo fai cadere meglio è!” Questa cerchia di persone vede l’aikido solo superficialmente e non apprezza quest’arte come forma di relazione umana e di crescita interiore. Secondo me in Aikido, da un punto di vista strettamente difensivo, chiudere la tecnica marziale al primo contatto sarebbe la scelta più saggia e opportuna, però rischiamo di perderci qualcosa… qualcosa di molto importante!!!
Osservando l’Aikido come arte di relazione e quindi a 360°, la concatenazione attacco/tecnica/attacco/tecnica, ecc. ci può stare, può anche continuare all’infinito poiché la relazione tra tori e uke dura quanto noi vogliamo. Se uke dà le spalle a tori, non seguendo più il suo sguardo, è come la ballerina che volta le spalle al suo compagno e se ne va; significa che non vuole più continuare e nell’aikido è la stessa identica cosa; le tecniche possono essere anche una concatenazione ma necessitano di tre requisiti fondamentali:
- tori deve consentire a uke di fare un altro attacco
- uke deve portare attacchi (colpi o prese) sincere
- uke deve sempre seguire gli input di tori.
Così facendo i due protagonisti lavorano all’unisono e perseguono lo stesso scopo.
In questi dieci anni ho fatto una marea di ukemi, sudando parecchio per impararle e per farle, a coppie, durante i randori, durante le “embukai” (=dimostrazioni), o solo per il piacere di farle durante gli allenamenti nel dojo. In questi dieci anni ho lavorato con moltissimi uke e tori e se c’è una cosa che mi sorprende ogni volta è la gioia che provo quando il tori di turno mi manda in caduta. In quel frangente tocco il tatami e poi mi rialzo in piedi, ritrovandomi ogni volta a sorridere.
Queste emozioni le vivo costantemente e credo che forse siano lo scopo finale delle ukemi come di tutto l’aikido in generale. Sorridere, semplicemente. Magari ti riconoscerai in alcune cose che ho scritto e se anche tu provi (o un giorno ti auguro proverai) queste sensazioni, vivile appieno e poi scrivile in un commento. Questo è ciò che ci vuole, al fine di camminare insieme sulla Via della Pace, lo scopo principale di BudoBlog. Sono convinto che insieme riusciremo a coinvolgere sempre più persone attorno a noi.