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Stagione NBA: I premi individuali

Creato il 19 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Con le 82 partite di stagione regolare appena terminate, nel basket d’oltreoceano è tempo di bilanci in vista della post season.

Se per quanto riguarda le squadre però è ancora prematuro trarre conclusioni è opportuno farlo per quanto riguarda le assegnazioni dei premi individuali.

Prendiamoli quindi in considerazione uno per uno.

ROOKIE OF THE YEAR: Il primo premio stagionale è anche quello più facile da assegnare. La prima scelta assoluta dello scorso draft (Davis) ha infatti deluso, forse per colpa degli infortuni , forse dell’organizzazione degli Hornets, forse per  inesperienza. Il talento c’è, ma bisogna riuscire a indirizzarlo correttamente.

A sorpresa il premio andrà quindi a Damian Lillard, militante nei Trail Blazers, e capace di sfiorare quota 20 punti a partita e di rendersi protagonista di partite da quasi 40 punti. La sensazione è che il meglio non l’abbia ancora mostrato.

DIFENSORE DELL’ANNO: Riuscirà Tyson Chandler a difendere il premio ricevuto lo scorso anno? Molti pensano di sì, ma gli avversari non mancano.

Se Chandler infatti è un muro invalicabile per le penetrazioni avversarie (con buona pace di Howard, non ai livelli degli scorsi anni), difensori come George sono in grado di limitare alla grande gli esterni avversari.

Tutti gli indizi portano al back to back del centro dei Knicks, ma la corsa potrebbe essere avvincente.

SESTO UOMO DELL’ANNO: J.R. Smith, there are no question about it. Attaccante di razza purissima J.R è l’uomo che se in serata può metterne anche 40, partendo tra l’altro dalla panchina.

Con i suoi 1446 punti ha fatto registrare il quarto miglio totale per un giocatore senza una singola partenza in quintetto. Forse è ancora un po’ discontinuo ma basta e avanza per portarsi a casa il premio di sesto uomo.

MOST IMPROVED PLAYER: Qua il discorso si complica come in ogni stagione, poiché come in ogni stagione ci sono giocatori che esplodono o che hanno l’exploit della carriera.

Su tutti forse i più papabili sono Harden, Curry, Asik e Vucevic.

Harden, vista la stagione, meriterebbe di più una menzione per l’MVP, e poi tanto migliorato non è, ha solo il triplo dello spazio che gli veniva concesso lo scorso anno da coach Brooks a OKC. Queste cifre, infatti, le aveva nelle corde già la passata stagione.

Per Curry il discorso è simile: le cifre sono migliorate, ma neanche di tanto; ad essere migliorata è la percentuale dal campo e il numero di triple realizzate (record di triple segnate in una stagione, superato un certo Ray Allen).

Vucevic è nella top 3 dei rimbalzisti, quando lo scorso anno, a Philadelphia, giocava appena 15 minuti a partita (32 questa stagione). Il risultato? Doppia doppia di media con 13 punti e 12 rimbalzi. Non male…

Asik era anch’esso una riserva nella passata stagione, quando ai Bulls veniva chiuso dal duo Boozer-Noah, mentre ora è il lungo di riferimento dei Rockets , anche lui in doppia doppia di media con 10 punti e 12 rimbalzi.

Anche altri giocatori meriterebbero quantomeno di essere presi in considerazione (Parson su tutti) ma la crescita dei due lunghi sopracitati è forse la più netta della lega.

GENERAL  MANAGER OF THE YEAR: Daryl Morey (Houston Rockets). Porta a Houston dopo una stagione perdente Harden, Lin e Asik, costruendo su un nucleo giovane e riportando la squadra ai playoffs. Encomiabile, punto.

COACH OF THE YEAR: Con buona pace di Spoelstra (porta a 66 vittorie una grande squadra con troppe superstar) il premio lo merita senza dubbio George Karl, capace di pareggiare la miglior stagione nella storia dei Nuggets senza una vera superstar, ma con una squadra composta da buonissimi giocatori che giocano tra di loro in maniera stupenda. I migliori forse su partita secca, per una serie rimane ancora qualche dubbio.

Menzione d’onore per Hollins (Memphis) e Jackson (Golden State)

MVP: Entriamo infine nel discorso del premio più atteso dell’anno: il miglior giocatore della stagione regolare.

In molti hanno messo a segno cifre meritevoli di una nomina, ma il discorso vittoria è una corsa a quattro tra Bryant, James, Anthony e Durant.

Se Bryant è quasi sicuramente tagliato fuori a causa e dell’infortunio e della stagione non propriamente entusiasmante dei Lakers, e Anthony è un ottimo attaccante ma deve ancora migliorare molto in molti aspetti del suo gioco, la vittoria finale sembra essere ancora una corsa a due tra le superstar delle migliori squadre della lega.

Durant ha fatto una stagione di una solidità impressionante, segnando tanto e con alte percentuali, ma superare un James faro delle 27 vittorie consecutive degli Heat e capace di tirare con quasi il 60% dal campo, aggiungendo la solita dose di assist e rimbalzi pare impossibile. Ha vinto edizioni dell’MVP in cui lo meritava molto meno di quest’anno dove ha giocato probabilmente la miglior pallacanestro della sua carriera.

Articolo di Andrea Bandini.

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