Staminali e sclerosi multipla: che cosa si può fare davvero

Creato il 26 novembre 2013 da Conservazionecordoneombelicale @SorgenteSalute

Riparare i tessuti cerebrali danneggiati dalla malattia: è questa la promessa per il futuro delle cellule staminali, ma ad oggi cosa è possibile fare con queste cellule? In una intervista Gianvito Martino, direttore della Divisione Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele di Milano, prova a dare una risposta a questa domanda.

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Nell’intervista, pubblicata sul Corriere della Sera, Martino, tra i maggiori ricercatori italiani in questo settore, ricorda che non esiste un solo tipo di cellule staminali ma che esistono cellule staminali ematopoietiche, mesenchimali, neurali…

Le cellule staminali ematopoietiche sono state le prime ad essere impiegate nel trattamento della sclerosi multipla. Queste cellule staminali venivano infatti impiegate come terapia immunosoppressiva: attraverso l’infusione le staminali venivano cioè utilizzate per sedare il sistema immunitario del paziente che, a causa della patologia, distrugge la guaina mielinica a protezione delle fibre nervose.

In tutto il mondo sono circa 500 i soggetti che sono stati trattati con cellule staminali ematopoietiche. I risultati ottenuti sono buoni: circa il 60% dei pazienti ha sperimentato un rallentamento della progressione della sclerosi multipla, almeno per qualche anno. questo trattamento non è però esente da rischi, poiché va a bloccare l’azione del sistema immunitario, rendendo quindi i malati maggiormente esposti alle infezioni (la percentuale di mortalità può raggiungere l’1,5%/2%). Per questo motivo questo tipo di trapianto di cellule staminali viene generalmente eseguito su pazienti giovani in cui la malattia progredisce rapidamente.

Martino passa poi ad affrontare il tema delle cellule staminali mesenchimali. Ad oggi sono circa cinquanta i pazienti che in tutto il mondo hanno trattato la sclerosi multipla con questo tipo di cellule. Il professore ricorda che sia nel caso delle cellule staminali ematopoietiche che nel caso delle cellule staminali mesenchimali si procede con trapianto autologo (cioè con cellule provenienti dal paziente stesso), evitando quindi il problema del rigetto. Le cellule staminali mesenchimali vengono infuse con lo scopo di ridurre l’infiammazione che arreca danno ai tessuti cerebrali. In questo caso il limite di questo trattamento risiede nel fatto che le cellule staminali possono proteggere i tessuti ma non rigenerarli. Al momento ciò che si sa è questo metodo è sicuro, per conoscerne l’efficacia sarà necessario attendere i risultati di uno studio attualmente in corso, previsti tra un paio di anni.

Infine si arriva ad esaminare la possibilità di trattare la sclerosi multipla con cellule staminali neurali. Le criticità dell’uso terapeutico in questo tipo di cellule risiedono nel fatto che il paziente dovrebbe sottoporsi a trapianto allogenico (con cellule provenienti da un soggetto terzo rispetto al paziente) dovendo quindi affrontare possibili problemi di rigetto. Per questo si sta lavorando sulla priprogrammazione delle cellule neurali in modo da essere ung iorno in grado di riprogrammare le cellule del paziente.


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