Il casinista è lui: J.J. Abrams.
Il grande casinista
Ricco, giovane, un po’ racchio. Probabilmente considerato un nerd al tempo delle scuole medie, si è preso una bella rivincita diventando regista e produttore dalla fama di genio e di assoluta originalità.
J.J. non aveva certo bisogno di Star Trek per divertirsi o arricchirsi, o aumentare smodatamente la sua fama: credo sia stata la Paramount ad andarselo a cercare.
E perchè? J.J. l’ha sempre detto che Star Trek non gli piaceva, che non è mai stato un fan.
Ecco, proprio per questo: se devi sventrare un pollo non lo dai certo in mano ad un vegano.
In sintesi quello che ha fatto J.J. con Star Trek XI (dico 11) Il futuro ha inizio è stato quello che in gergo i tecnici chiamano “reboot”.
Per fare un reboot di un mito è meglio se lo fai fare a qualcuno a cui di questo mito non frega molto, ma che sa a menadito come funzionano i botteghini e le regole del mercato.
E poi, chi meglio di J.J. sa stravolgere il tempo, schiaffeggiarti con la trama, confonderti, bendarti, farti fare le giravolte e poi mostrarti un coniglio che esce fuori da un cilindro come se fosse il primo coniglio nato sulla terra?
Lo ha fatto in Lost, in Fringe, lo sta facendo con Star Trek e lo farà con gli attesi sequel di altri film come Cloverfield.
Sa che la prima cosa è dare un tantino di informazioni, ma appena un tantino, ogni tot, in modo da tenere desta l’attenzione: ecco una serie di articoli sulla testata del fan club italiano (se volete deliziatevi coi commenti).
Poi la locandina in stile postatomico che tanto piace oggi, con la data di uscita come fosse una profezia Maya:
Le tette
La love story in subplot
Le belle tutine
Azione frenetica
Un cattivo che viene da un telefilm di successo
E poi la vera innovazione che mi sembra introdotta con questo dodicesimo episodio: un contorno di scenografia ipo-tecnologica, cioè realistica. Già in Enterprise, con vari errori, si era tentato di dare un’aria da sottomarino all’Enterprise NX-01, ma il risultato non poteva che essere visivamente più moderno della vecchia serie con il capitano Kirk.
Il trailer mostra una Londra con uno skyline alla Norman Foster, un attacco a una coppia di torri (…ancora?) e una minaccia che viene dall’interno (suggestione ventilata anche in TNG). Insomma, un plot da film d’azione, alla Mission Impossible.
Altro dettaglio che mi sembra poter anticipare con una certa presunzione di certezza è il sopravanzamento di Chris Pine (lo vogliamo chiamare Jim Kirk? qualcuno è uscito fuori di testa o sono io?), rispetto all’ottima prestazione di Coso, nel ruolo di Spock.
Questo manifesto mi sembra rivelatore: Chris Pine davanti a Coso, come se volesse chiaramente dire: ehi, bello, sono io il mito qui, togliti dalle scatole: tu e Zoe mi avete fatto sin troppa concorrenza nel primo reboot, ora la baracca la guido io, tu mettiti dietro e seguimi.
La domanda non è :”ma J.J. spera davvero che ci affezioniamo a Chris Pine al punto di considerarlo JIM KIRK?”
questa faccetta dovrebbe essere Jim Kirk?
Non c’è nessuna domanda. Star Trek, il futuro ha inizio e Star Trek, into darkness, non sono destinati a noi, ma a quelli che sono nati nel 2000, ai nativi digitali, a quelli che di William Shatner non sanno neanche chi sia e scrivono Pikard con la “k” se mai ci arrivano a scoprire chi sia.
Chiaro: andremo a vederlo anche noi dello zoccolo duro. Forse al terzo, quarto, quinto episodio, ci scocceremo, ne salteremo qualcuno. Pazienza, J.J. sa che per uno di noi perso, ne quadagna 10 di nuovi. E alla fine chi si ricorda più il Batman di Michael Keaton? Tutti hanno in mente Christian Bale e Christopher Nolan.
Mi ripeto: hai voluto scombinare le carte? Occhei, fallo, mi sta bene. Ma devi darmi altri miti a cui attaccarmi, non quattro ragazzini che giocano a salvare il mondo.
Spock-Charlie’s Angels
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