Tempo d’estate...
Io vado al mare, voi che fateee???
Carissimi lettori (immaginari),
lascio per un paio d’ore il mio splendido mare siciliano per tornare da voi e dedicarmi anima e corpo ad una recensione tutta a base di nerditudine e fangirlismi.
E’ passato un po’ di tempo, lo so, ma Star Trek - Into Darkness è stato uno dei titoli più chiacchierati ed attesi dell'anno, e non potevo lasciarmelo scappare.
Vuoi perché il buon vecchio nerd occhialuto che c'è in me si lascia sempre attrarre dalla tipologia in questione, vuoi perché la dea fangirl interiore, alla sola idea di vedere l'amato Cumberbatch in versione villain, strepitava peggio che una folla impazzita di dodicenni ad un concerto dei UanDairecscion.
Naturalmente, anche questa visione cinematografica ha comportato enormi difficoltà per la sottoscritta.
Il cinema del paese dei farlocchi ha chiaramente deciso di proiettare solo film ad elevatissimo coefficiente di charme intellettuale. Per ben 4 settimane, nell'unica sala esistente, siamo stati allietati dagli scarrozzamenti di Fast & Furious 6, seguito a ruota dalla programmazione di Una Notte da Leoni 3, per poi chiudere i battenti per la stagione estiva (io, al 2 di agosto, ancora aspetto Il Grande Gatsby, tanto per farvi capire).
Armata di santa pazienza, mi sono dovuta quindi immolare nuovamente per la patria e scappare a km e km di distanza per godere della visione dell'attesissimo STID.
La scelta, alla fine, è ricaduta sul paesello vicino, 3000 anime o giù di lì, che non si sa come, di recente hanno miracolosamente aperto un multisala. E CHE MULTISALA!
Dopo esserci persi per ben tre volte, io ed il giovane Padawan siamo approdati in quello che a tutti gli effetti era il fatiscente parcheggio di una decadentissima pizzeria.
Insomma, gira che ti rigira, alla fine troviamo il cinema, nascosto dal vicoletto d'ingresso della pizzeria e da un paio di alberi molesti, e ci avviamo verso l'ingresso, facendoci largo tra la folla.
In pratica in tutto il cinema eravamo io, il giovane Padawan e i due proprietari... >__< Dopo un primo momento di smarrimento dovuto all'essere in sala da soli, non potete capire la felicità assoluta nel momento in cui ho realizzato di poter dare libero sfogo ai miei fangirlismi!
Prima di procedere con il commento, dovrei fare un piccolo statement: a scanso di equivoci, sappiate che non ho mai visto le serie originali, né altro dell'universo Trekkiano (???), a parte i film di GeiGei Abrams. Le mie conoscenze sull'argomento si limitano a questi due film, alle idiozie che girano su Tumblr, alle coroncine di fiori, e ai particolari ormai entrati a far parte della cultura popolare generale. Non fatemene una colpa: io ed il giovane Padawan ci siamo già ripromessi un recuperone intensivo da fare al più presto!
STAR TREK - INTO DARKNESS: tentativo di recensione semi-seria
La sala, dicevamo, è vuota. Le luci si spengono, parte la lunghissima trafila di pubblicità locali seguita dai trailer di rito e poi, finalmente, comincia il nostro film.
La scena iniziale è mozzafiato.
Ricalcando esattamente la parte iniziale de Indiana Jones e I Predatori dell'Arca Perduta (furto di un manufatto dall'antico tempio, eroi in fuga nella foresta con indigeni alle calcagna, e via dicendo) Abrams riesce ad offrirci una citazione eccezionale ricreando al contempo un superlativo caleidoscopio di colori ed immagini.
Le palette cromatiche utilizzate, in particolare, sono superbe: si va dal rosso acceso e brillante della foresta, alle tonalità di rosso cupo, quasi nero, accostato all'arancio della sequenza che vede Spock dentro il vulcano, passando per i primitivi e bianchissimi inseguitori, per concludere la scala cromatica con la strepitosa Enterprise che emerge addirittura dal fondale marino riprendendo le ormai classiche tinte azzurre che piacciono tanto al GeiGei.
Non c'è che dire, per tutta la durata del film ci troviamo di fronte ad un comparto tecnico assestatosi ancora una volta sui livelli dell'eccellenza. L’amato Michael Giacchino si muove in equilibrio perfetto tra tradizione e originalità nella rielaborazione del tema musicale, la riconversione in 3D, che in genere io non amo molto, risulta persino non fastidiosa e, MIRACOLO DEI MIRACOLI, c’è un numero sopportabile di accecanti lucette azzurre/lens flares!!!
Come dicevamo, il film decolla splendidamente, introduce il nuovo villain in maniera impeccabile e riesce addirittura nell’ardua impresa di collocare una leggera dose di character development a bordo dell’Enterprise.
C’è aria generale di cambiamenti a bordo: buona parte dei membri dell’equipaggio è soggetto ad una crescita e ad uno sviluppo seppur minimo, ed è una gioia per i miei occhi di spettatrice che si lasci un po’ di spazio ai simpaticissimi Scotty, Checov e Sulu. Simon Pegg è, as usual, un meraviglioso comic relief, Checov raggiunge livelli di pucciosità prima d’ora inesplorati e Sulu in postazione di comando è (per mancanza di altri termini) cazzutissimo.
Dispiace un po’ per Uhura, essenzialmente rilegata al ruolo di terzo incomodo tra i sempre più shippabili Kirk e Spock, e per Bones, lasciato un po’ in disparte e colpevole di essere protagonista della scena peggiore del film (ne parleremo tra poco).
Un discorso a parte va fatto per le new entries.
Alice Eve si ritrova ad essere principalmente uno specchietto per le allodole: oggetto delle speculazioni più ardite in fase promozionale, in realtà ha un ruolo abbastanza misero e legato alla scena a più alto tasso di fanservice della pellicola.
[Da qui in avanti potenziali GIGANTESCHI SPOILER. Se non avete ancora visto il film, siete ciechi e sordi, non avete twitter né facebook o vivete su un altro pianeta, fermatevi qui.]
Passiamo adesso al fantomatico supervillain.
(Sapete tutti quanto io ami BCumbs, per cui fate una preghierina per me, prima che io mi immerga totalmente nella mia ricerca di un briciolo di obiettività per parlarvi di questo personaggio.)
In perfetto equilibrio tra l’essere un eroe che salva la vita ad innocenti bambine e l’essere un temibile terrorista che fa saltare in aria mezza Londra futurista, John Harrison, come dicevamo, è presentato in maniera riuscitissima.
Avrebbe tutto il potenziale necessario ad essere l’avversario perfetto: il superuomo (geneticamente modificato) dotato di forza straordinaria e d’intelligenza fuori dal comune, dalla presenza scenica immensa e dal vocabolario forbitissimo (si, lo so, una specie di Sherlock.2 dal muscolo potenziato). Ma Khan è anche, in qualche modo, eroe tragico, spinto ad agire dal desiderio ancestrale di proteggere per i propri cari (in questo caso l’equipaggio) e di lottare, con ogni mezzo e ben oltre il limite, per raggiungere il proprio obiettivo.
Per tutte le caratteristiche sopracitate (pur dotato di rigore logico ineccepibile, fonda ogni azione su input di tipo emotivo), è evidente come Khan rappresenti una sorta di fulcro teorico del continuum ideale che si muove tra Spock e Kirk e non possiamo dunque esimerci dall’osservare con enorme interesse qualunque confronto diretto con i due.
I “faccia a faccia” con Spock si dimostrano tutto sommato piuttosto equilibrati, in particolar modo sul finale, sia per livello di scrittura dei personaggi che per la forma smagliante dei due interpreti - non solo fisica, of course, ma soprattutto recitativa.
Diverso è invece il risultato dell’affiancamento con Kirk: un’analogia volutamente sottolineata a più riprese dal confronto on screen, che tuttavia si risolve in un pastiche d’interpretazioni vagamente fastidioso.
La recitazione volutamente marcata e ridondante del Cumberbatch, immenso come al solito, risulta eccessivamente pedante nel paragone immediato con l’interpretazione di Chris Pine che, mi spiace dirlo, continua ad essere ad un livello imbarazzante rispetto al resto dei comprimari e possiede meno carisma del mignolo della mano sinistra di Quinto o del ciuffo impomatato del Batch.
Il personaggio Khan risente in maniera esponenziale di tutte queste piccole problematiche, tanto più se si pensa che alla fine non è nemmeno il vero supercattivone della situation, ruolo questo riservato al simpaticissssimo (insert sarcasm here) Ammiraglio Marcus.
La scelta di questo villain è piuttosto interessante, a dire il vero, e apre il passo a tutta una serie di riflessioni sulle più alte cariche di potere e sulla fiducia nelle istituzioni. Tuttavia anche qui si tira il sasso e poi si ritrae la mano. Il Texano e la sua cattiveria sono al centro della nostra attenzione per 3 minuti netti e va da sé che la cosa ci lasci un tantinello perplessi ed essenzialmente dispiaciuti per l’ennesima mancata occasione.
Ma ancora non siamo arrivati alla più grande problematica di STID.
Sostanzialmente, si pecca di superficialità stratosferica su tutta la parte finale.
Sfido chiunque abbia visto il film a negare di aver urlato all’OLTRAGGIO davanti alla paraculata del sangue-resuscita-gente-e-animali-che-si-trovano-senza-alcun-motivo-plausibile-sull’Enterprise.
NON SI FA COSI’. NON SI FA. EBBASTA.
Che poi, non è nemmeno l’idea di fondo ad imbestialirmi.
Che Kirk non potesse assolutamente morire lo sapevamo tutti (che sempre di blockbuster si tratta, e se ci muore un protagonista figo perdiamo metà delle fan quattordicenni, mica stiamo qua a fare i filmazzi seri e tragici, noi).
Anche la paraculata l’espediente del sangue “guaritore”, se chiudevo un occhio o due e mi bruciavo un paio di sinapsi, riuscivo a sopportarla... forse...
E’ LA MESSA IN SCENA IMBARAZZANTE CHE MI DA IL PRURITO.
Un plot device così telefonato non si vedeva da secoli.
Già chiamarlo plot device mi sembra qualificarlo in maniera più che esagerata (sempre del parere che paraculata renda di più l’idea). Dire che è telefonato mi sa di offesa a tutti i telefoni dell’universo...
Giusto per rimembrare il momento glorioso, vi ricordo che la scena della paraculata si svolge pressappoco così (ma in modo meno sottile): nel bel mezzo del caos generale, mentre tutti corrono a destra e a manca, facendo l’impossibile per garantirsi la sopravvivenza, c’è Bones che si fa i fatticelli suoi giocando con una specie di riccio alieno morto. Così, giusto perché non c’ha un piffero da fare e il riccio alieno morto è, effettivamente, morto e non tanto divertente, decide, come tutte le persone annoiate del mondo che abbiano a disposizione delle siringhe, di mettersi a punzecchiare a caso il povero animaletto.
Ma ecco che, OH, SORPRESA SORPRESA!
Alla 387° punzecchiatura con del sangue di Khan il riccetto alieno morto non è più morto!
Evviva! Urrà!
METTI CHE TRA 3 MINUTI MUORE KIRK C’ABBIAMO LA SOLUZIONE PRONTA...
E chissenefrega se nel frattempo abbiamo creato 7944 buchi narrativi!
Tanto chi se ne accorge?
Ora, a parte gli scherzi, vi sembra una roba accettabile? Non per me, di certo.
Soprattutto se pensiamo che il sangue miracoloso ci era stato in qualche modo introdotto nella parte iniziale con il salvataggio in extremis della bimba malata terminale e avevamo già capito che avesse delle proprietà salvifiche o guaritrici.
Sarebbe stato tanto difficile evitare il riccetto resuscitato e lasciare un collegamento più fine e sottile, che tutti avremmo sopportato con maggiore grazia?
O meglio ancora: non sarebbe stato di maggiore impatto emotivo e di maggiore resa cinematografica lasciare il benedettissimo Kirk morto? (Magari poi lo riportavate indietro all’inizio del prossimo film e chi s’è visto, s’è visto...)
Io sono del parere che in questo modo si sarebbe quantomeno creato un maggiore pathos, rispetto ad una morte durata meno di 10 minuti.
Ma si sa, in questo mondo vale la regola del VIVA LO SPETTATORE MEDIO!
PER LO SPETTATORE MEDIO HIP HIP HURRA!!!
Traendo le nostre conclusioni, quello che viene da dire è che questo STID, pur partendo da premesse abbastanza buone, che avrebbero potuto renderlo IL blockbuster dell’estate, si perde un po’ per strada.
Da vedere? Assolutamente sì, nonostante i difetti.
La pellicola regge un ritmo altissimo per tutta la durata, diverte sapientemente e ci concede picchi di fangirlismo e nerditudine unici nel suo genere. Peccato solo non si sia riusciti a portare fino in fondo le idee forti lanciate in partenza.
MOMENTO FANGIRL
Star Trek - Into Darkness è tutto un unico, gigantesco momento fangirl.Si raggiungono vette di fangirlismo talmente inarrivabili che gli occhi sbrilluccicano rilasciando arcobaleni fluorescenti.
Praticamente si shippa chiunque con chiunque: scegliete un personaggio a caso, accoppiatelo con un altro personaggio random, ed è fatta.
Naturalmente tra scene delle manine e innuendo perenni, è impossibile non riconoscere a Spock e Kirk il titolo di OTP dell’universo!
Giuro che il loro livello di shippabilità era talmente esagerato che persino il giovane Padawan è finito per fangirleggiare su di loro!
W LE CORONCINE DI FIORI!!!
W BADASS BENEDICT!!!