Martedì prossimo verrà presentato a Bolzano un libro – firmato da Lucio Giudiceandrea e Aldo Mazza – alla stesura del quale ho dato un mio modesto contributo. Ringrazio Rosanna Oliveri che ne ha parlato sul Corriere dell’Alto Adige con un breve articolo di presentazione.
Stare insieme è un’arte nel senso più comune del termine, ovvero è qualcosa che bisogna imparare con fatica attraverso l’acquisizione di determinate competenze, a cominciare da quelle linguistiche. Ma è anche qualcosa di “artificiale”. Vivere in contatto con un’altra cultura non è qualcosa di naturale, l’istinto di spingerebbe di per sé a vivere tra chi conosciamo meglio e a temere anzi l’altro. Detto ciò, il risultato è che se si vuole raggiungere questo importante obiettivo si deve lavorare seriamente e non aspettare che esso giunga come per miracolo in modo naturale. Vedere l’altro come un nemico è una reazione immediata, fatta di pensieri semplici e pregiudizi. Stare insieme, conoscere l’altro, invece, significa fare la fatica di cercare di conoscerlo, elaborando concetti complessi, coscienti del fatto che questo sforzo non avrà mai fine. Non esiste una linea di arrivo nei processi di convivenza, un punto in cui si possa dire di essere arrivati. Lo stare insieme è un’arte che si impara giorno per giorno, non esiste una progressione necessaria dal bene al male, o viceversa; checché ne dicano gli storicisti, la storia non ha alcuna direzione predefinita, né alcun regista che scriva il suo copione. Nessuno è artefice del nostro destino, tranne noi stessi.
“La mia intenzione- sostiene Lucio Giudiceandrea – era quella di smentire la teoria che se non ci fosse un sistema, il partito di maggioranza, … e tutto quello che la nostra Autonomia prevede, questo obiettivo si raggiungerebbe comunque bene. Istintivamente infatti ognuno sta con i suoi simili e non chi è diverso.” Convivere quindi non è affatto naturale e tanto meno facile e può avvenire solo attraverso un duplice sforzo, quello dell’individuo che si deve dar da fare in prima persona ad acquisire le competenze necessarie, imparare la lingua, conoscere e rispettare le tradizioni dell’altro, ma è anche necessario che questo sforzo sia recepito dal sistema che deve essere pronto a rinnovarsi per non vanificare gli sforzi del singolo.
“Il futuro della nostra terra è in bilico – conclude Giudiceandrea – Da una parte vediamo segnali positivi. C’è sempre più gente interessata alla conoscenza dell’altro. Ma d’altra parte ci sono anche segnali che vanno nella direzione opposta, come il dibattito sulla toponomastica o il rifiorire delle destre, che ci fanno capire quanto sia radicata la contraddizione della nostra provincia. Questo libro è il tentativo di sintesi delle ragioni delle diverse comunità”.
Il volume ospita anche due interessanti contributi autobio-bibliografici di Gabriele Di Luca (Il punto di vista del “traditore”) e Hans Karl Peterlini (L’albero della lettura).
In occasione della presentazione del libro gli autori colloquieranno con Francesco Palermo, Direttore dell’Istituto per lo Studio del Federalismo e del Regionalismoall’EURAC, e Guido Denicolò, Avvocato dello Stato, dell’Associazione Convivia [Vedi dettagli].