Magazine Diario personale

Stasera al solito posto, la luna sembra strana

Da Iomemestessa

Il 3 luglio 1993, in un caldo immobile, con quell’afa tipicamente padana che, sola, sa come toglierti il fiato, una iome con 21 anni di meno concludeva il suo percorso nel liceo classico cittadino.

Era un’altra scuola e un’altra maturità. Due sole prove scritte.

Quella di Italiano non prevedeva saggi, e quant’altro. Erano i vecchi, grezzi temi. Spiccava in quell’anno di grazia la traccia di letteratura, Pavese e Vittorini, entrambi notoriamente approfonditi in corso di programma, e un tema di generica attualità che metteva insieme Tocqueville, ONU, Costituzione e Diritti Umani. Iome, si decide per la traccia di storia, che insomma il perchè e il per come da Weimar fossero discesi i totalitarismi e i nazionalismi, le pareva più alla sua portata. svolge la prova secondo suo costume, e alla fine praticamente, anche in virtù delle 6 ore a disposizione, fa praticamente due temi. Quello di brutta. che poi rilegge doviziosamente, decidendo che è urendo. E quello di bella. Che le parrà, al termine, egualmente urendo. Ma iome ha ricevuto una consegna stringente, dal prof di matematica, nonchè membro interno, che la conosce assai. ‘Niente cazzate, per carità’. Eggià perchè iome è notissima per scrivere cose che escono dalle comuni e accettate rotte, e vabbé che la sua prof apprezza, ma il resto del mondo, spesse volte, no. Arrivata a casa con lo sbrano cosmico, mentre si ingozza, iome dichiara a una perplessa genitrice. ‘Ho scritto il tema più schifoso di tutta la mia vita. Una palla oscena’. Prenderà un votone, e si accomiaterà dalla scuola con la sensazine che nella vita non prevalga il merito ma il conformismo.

La seconda prova è una versione di greco. A iome stava abbastanza indifferente che uscisse greco o latino. Predilige il secondo, ma sa che, per una serie di eventi, letteratura greca all’orale produrebbe più danni, e le va bene così. Chi determina le tracce, quell’anno, è un vero buontempone, e ci ritroviamo sui banchi un brano di Ippocrate, secondo il quale il buon medico deve conoscere l’ambiente naturale e umano, scritto in dialetto ionico. Che alle difficoltà di un brano proposta senza contestualizzazione, aggiunge la consistente perdita di tempo di cercare i termini prima in dialetto ionico e poi in lingua classica. In realtà alla fine la prova non è così terrificante e iome ne esce, con stupor generale, con una valutazione più alta rispetto alla valutazione del proprio docente. In realtà, cosa peraltro nota al membro interno, iome per l’intero anno ha condotto una propria lotta personale contro un insegnante tanto preparato quanto fancazzista che aveva di fatto reso quelle ore settimanali un supplizio di Tantalo. Nelle ultime settimane, iome nelle sue ore si trovava perlopiù altro da fare. 21 anni dopo, posso dire che il giudizio su quelle ore resta inalterato, che lui fu abbastanza meschino nella valutazione (che pure non fu negativa) e che io fui parecchio maleducata e ignorante.

Giungiamo al 3 luglio, nella totale ignoranza di quel che furono le prove scritte. Con un colpo di genio, avevo scelto di portare all’esame storia e matematica, con generalizzato stupore, visto che io e la matematica ci eravamo sempre date abbastanza del lei.

Ma la cosa discendeva da un ragionamento complesso, articolato e parecchio utilitaristico.

Anzitutto, la matematica dell’ultimo anno di liceo classico è probabilmente la più semplice dell’intero corso di studi. La trigonometria, al pari dell’algebra, non richiede intelligenza, ma studio e applicazione. Secondariamente, i miei altalenanti risultati in matematica erano sostanzialmente connessi alla quantità di cose da fare in altre materie. Se ero incasinata, mollavo la matematica, ben sapendo che, anche senza studiare, in qualche modo avrei continuato a galleggiare. Terzo, in un liceo classico, matematica non la porta praticamente nessuno, azzerando così il rischio di cambio materia. In ultimo, ma non proprio ultimo, il programma di storia aveva una quantità di pagine monstre, mentre quello di matematica a confronto pareva un bignami. Un mix per non ammazzarmi di ripassi.

Arrivai all’orale avendone ormai piene le palle. Io con il misticismo degli eventi ho un rapporto un po’ così. Ambivalente. Diciamo che il rumore di fondo, l’ansia da mangiarti l’anima, non m’appartiene. L’ho incontrata più avanti, lavorando, ma con poste in gioco, ecco, un po’ diverse. Dormivo, mangiavo, mi svegliavo ad ore degne, la sera leggevo, uscivo, guardavo la tv. Insomma, facevo la mia vita.

I miei erano sconcertati. Travolti da amici e conoscenti con figlie (soprattutto figlie, che come fan le tragiche le donne, in ste cose, nessuno mai) che andavano avanti a Xanax, rompevano in lacrime al desco e scassavano le balle tutto il giorno, avevano il vago sospetto che me ne stessi fottendo.

Io facevo la mia vita. Arrivai davanti alla commissione. Mi segnai mentalmente di tenere a freno la lingua. Ebbi l’unica intuizione della mia vita in matematica. Il prof. 21 anni dopo si chiede ancora come fu. La tizia fa domanda a trabocchetto. Lui tenta di intervenire dicendo che non era a programma. Intanto io risolvo. Al contrario. Giuro. Ma il grafico al contrario sedute una in fronte all’altra le pare giusto e questa si illumina come un albero di Natale. E’ nato un genio. Mi chiedono cosa farò dopo. Economia, probabilmente. La presidente di commissione, una reggina arcigna che ha deciso di far scontare a noi i peccati di Bossi e Borghezio, mi consiglia lettere. Il commissario di matematica, ancora sopraffata dal mio genio, mi consiglia matematica (non saprà mai, porella, che per passasre i due esami di matematica e quello di statistica cagherò sangue).

Io saluto la compagnia, e vado verso l’ultima estate da liceale. Tutti quelli che incontrerò mi diranno ‘goditela, è l’ultima vera vacanza’. Confesso qui che invece per me la vita è iniziata da allora. E mentre il portone a vetri del vecchio edificio fascista si chiude alle mie spalle, salgo in bici, e nasce, finalmente, iome.


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