Duecento chilometri di statali strette, tortuose. Lente.
Duecento chilometri di natura ora incontaminata, ora violentata.
Colline brulle e pianure coltivate.
Pezzi di terra in cui l’uomo non affonda un colpo di zappa da decenni e altri dove svettano alte pale di un impianto eolico.
E alla fine il parco dei Nebrodi con i suoi alberi di sughero con i tronchi arancioni e senza corteccia. Lì dove le lingue d’asfalto che lo attraversano sembrano discrete, rispettose.
Qualche immagine di questo viaggio.