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Crisi, due giovani su tre vivono con genitori e famiglie "campano" con 1500 euro al mese
In Italia 2 «giovani adulti» su tre, tra 18 e 35 anni, vivono a casa con i genitori, una percentuale doppia rispetto a Francia e Regno Unito e di 17 punti superiore alla media Ue-28: risulta dagli ultimi dati Eurostat riferiti al 2013,secondo i quali i giovani che vivono in famiglia nel nostro Paese sono ormai il 65,8%. Si tratta di oltre 7 mln di persone.
Per la metà delle famiglie possono bastare anche solo 1.500 euro per arrivare a fine mese. È questa la soglia minima di reddito indicata come necessaria per vivere senza grandi problemi che emerge dall'indagine dell'Istat sulle condizioni di vita. Le cifre fanno riferimento al 2013 e sono le ultime disponibili. Nel 2013 i nuclei che indicano 1.500 euro come livello minimo per vivere senza difficoltà sono, infatti, il 50% spaccato, in aumento a prima della crisi: nel 2008 si fermavano al 46,6%.
Sembra quindi che le recessioni, una dopo l'altra, abbiano fatto scendere l'asticella del 'fabbisognò familiare. Gli italiani, messi alla prova, hanno fatto fronte alla vita quotidiana con budget ridotti rispetto al passato. E così ora si sentono in grado di 'camparè con non più di 1.500 euro mensili. Si tratta di una 'media Paesè che varia passando dall'Italia settentrionale al Mezzogiorno, da una famiglia con più figli a una sigle, da una casa con a capo un dipendente a una con un pensionato o un disoccupato.
I tetti si abbassano, in altre parole ci si accontenta più facilmente, perchè magari abituati a far tornare i conti con meno soldi, al Sud (il 55,3% pone i 1.500 euro come soglia minima, contro il 44,9% del Nord Ovest). Stesso discorso vale se si guarda a una famiglia che si ritrova con a capo una persona in cerca di occupazione (61,4% si fa bastare 1.500 euro) o una guidata da un lavoratore dipendente (la percentuale si abbassa al 37,7%). Un altro fattore che, ovviamente, ha il suo peso è rappresentato dalle necessità: è un conto se con 1.500 euro ci deve andare avanti una coppia con almeno un figlio piccolo (solo il 27,3% li considera sufficienti), un altro se si tratta di una persona sola over65 (basta all'84,5%).
Dall'antica "statistica del pollo" in poi si sa che le statistiche servono come orientamento ma, a volte, fanno sorridere.
Le ultime righe di questo articolo, pubblicato da "Il Messaggero" su "Economia e Finanza", la dicono chiara sull'ovvietà delle considerazioni che traggono da codesti sondaggi.
Mi permetto invece una considerazione sulla mentalità, più che altro giornalistica, cioè quella mentalità che i media vorrebbero imporci come pensiero corrente ed unico: dalla statistica che In Italia 2 «giovani adulti» su tre, tra 18 e 35 anni, vivono a casa con i genitori, ne traggono un dato negativo e SOLO legato al fatto economico. Portando a paragone altre società europee.
Ma chi ha detto che sia un male restare nella famiglia di origine se non ce ne siamo creata una nostra?
Bisogna per forza vivere in solitudine, con tutti i problemi che la solitudine comporta, per quale ragione?
La famiglia è l'unico baluardo psicologico, affettivo, solidale per l'individuo, in una società alienata ed alienante, egoista e prevaricante, quando non ingiusta.
Dunque perché mai l'Italia, Paese che per tradizione ha sempre privilegiato la famiglia, base riconosciuta anche dalla Politica, come cellula fondante della Società, che sopperisce a tante lacerazioni e mancanze del tessuto sociale, dovrebbe adeguarsi alle società, prima nel tempo quella statunitense, in cui l'individuo è più solo e la famiglia più disgregata?
Parlo non perché io mi sia tenuta i figli sotto l'ala: ma essi sono usciti solo quando se ne sono creata un'altra di famiglia o quando iniziava l'abbozzo di essa.
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