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Fa una certa impressione rivedere oggi il leggendario discorso di Steve Jobs, alla Stanford University. Premetto che non mi piace accodarmi ai trend celebrativi del momento, per quanto reputi Jobs come uno dei grandi guru dell’innovazione mondiale. L’incarnazione perfetta di quello spirito che ha reso la Silicon Valley un luogo unico al mondo.
Disse Jobs, agli studenti: “Il vostro tempo è limitato, non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi. Non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. Loro già sanno cosa volete davvero diventare“. Poi il celebre appello a una generazione intera: “restate affamati, restate folli“.
A parte l’ottima iniziativa del blogger Antonio Menna, che ha immaginato uno Steve Jobs “napoletano” (e l’annesso fallimento dell’iniziativa… ma sono personalmente certo che anche uno Steve Jobs “italiano” non avrebbe avuto miglior fortuna), la filosofia incarnata da Jobs e dalla Silicon Valley, tremendamente ispiratrice per i nostri giovani talenti in partenza Oltreoceano, si scontra con quella che è la situazione nel Belpaese.
Impietosamente fotografata dal Governatore uscente di Bankitalia, Mario Draghi, la scorsa settimana: “la bassa crescita dell’Italia degli ultimi anni è anche riflesso delle sempre più scarse opportunità offerte alle giovani generazioni“, ha dichiarato Draghi. Che ha aggiunto: “le difficoltà che i giovani incontrano devono preoccuparci, non solo per equità, ma anche per un problema di inutilizzo del loro patrimoniono di conoscenza e capacità di innovazione“. Di nuovo Steve Jobs: la sua filosofia, qui da noi, si scontrerebbe inevitabilmente (e già si scontra, quando viene applicata) con un ecosistema che respinge -con un muro di gomma- il cambiamento e l’innovazione.
Come ben osserva Draghi, così facendo si mette a repentaglio non solo il futuro dei giovani, ma quello del Paese intero. Giovani il cui contributo alla crescita è sostanzialmente frenato dai nodi strutturali che strozzano l’economia. Giovani che, osserva Draghi, trovano nella famiglia l’unica difesa, l’unico argine a protezione dei contraccolpi della crisi. Ma questo crea un evidente squilibrio e un’evidente diseguaglianza sociale: in Italia il successo dipende più dal luogo di nascita e dalla posizione dei genitori, che non dal titolo di studio. Proprio come nel Terzo Mondo. Però…
Stiamo forse tornando indietro, anziché progredire? E’ esattamente ciò che sta avvenendo, e che avverrà sempre di più, se non arriva la giusta sterzata. Un’economia chiusa e corporativa come la nostra, tesa alla conservazione dell’esistente, non può che far regredire il Paese intero.
Questo modello è da buttare. Ecco cosa è riuscito a produrre, oltre a una crescita che si avvicina allo ZERO:
-in Italia lavora solo il 35% dei 15-29enni
-quasi un giovane su due ha un impiego temporaneo
-il 19,1% dei giovani non studia né lavora
-tra il 2008 e il 2010 l’occupazione nella fascia 15-29 anni è diminuita del 13,2% in Italia, contro il -2,7% della Francia e il -3,1% della Germania.
-leggendo le previsioni di assunzione Excelsior-Unioncamere, scopriamo che meno del 40% dei giovani otterrà nel 2011 un contratto a tempo indeterminato. Quel che è peggio, meno del 25% avrà mansioni molto qualificate, e solo il 14,8% dei posti richiede la laurea. Più della metà di questi giovani sarà assunto al Nord.
-intanto, mentre le partite Iva calano nel Belpaese, gli unici settori dove queste risultano in crescita sono quelli dei giovani under 35 e delle donne (+7,36%). Forse perché molte di queste partite Iva “giovani” nascondono -in realtà- un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, mascherato da lavoro autonomo?
Intanto anche Moody’s e Fitch hanno declassato l’Italia: incertezza politica, crescita ridotta, debolezze strutturali, sono alla base della mancanza di fiducia verso l’”ex-Belpaese”.
“Stay Hungry, Stay Foolish”: è il momento che i giovani italiani prendano in mano la situazione. C’è una classe dirigente da buttare (quasi interamente) a mare. Ignorante, arrogante, nepotistica e presuntuosa. Ci sono regole da riscrivere. Questa fame, questa “pazzia” innovativa deve essere ora tradotta in azione.
Anche, e soprattutto, con l’aiuto dei nostri giovani espatriati. Che attendono solo un segnale, per tornare a dire la loro.