
Ponendo qualche timido dubbio sulla genuinità del dispositivo (chi scrive ha delle riserve in merito alla veridicità delle persone e di ciò che raccontano, l’impressione è che le conversazioni e i loro interpreti non siano completamenti naturali), assistiamo ad un mettersi a nudo che oltrepassa la mera svestizione, i corpi caduchi e imperlati di sudore ostentati con dignità sono niente al confronto delle aperture intime che davvero spogliano gli esseri umani sullo schermo [1]; ci sono confessioni, ricordi strazianti, pensieri funerei e a controbilanciare storie di riabilitazione, di speranza, di amore (e un tizio che ha per amico un orso, indubbiamente il numero uno). A raccordare i segmenti portanti del film i due registi incollano scorci paesaggistici da mozzare il fiato per un prodotto curioso soltanto in superficie: cambia il set, non le tribolazioni, quelle sono dovunque le stesse. ____________[1] Per rimarcare la condizione quasi sospesa, fetale, degli avventori saunisti, alla fine ci vengono presentati in sequenza con indosso abiti civili manifestando il loro esser comune.
