In collegamento spaziotemporale dal 1880 l’anacronistico, ottonatissimo e nerdissimo Hush, dagli Uncanny vittoriani qui per fare luce su questa sottocultura che sempre più sta prendendo piede, ma poco viene interpretata nel giusto modo.
Cercando di seguire un ordine logico partiremo col definire lo Steampunk come quello che è: un filone della narrativa fantascientifica, nonché una sottocultura punk della stessa.
Sebbene non avesse ancora un nome, già Jules Verne prima e H. G. Wells poi ne furono i padri spirituali, così come anche Arthur C. Doyle soleva usare nelle sue opere l’ambientazione tipica vittoriana tanto cara al genere.
Solo negli anni ottanta circa fu coniato il termine Steampunk, dall’unione della parola Steam – Vapore e Punk, sull’onda della tanto popolare cultura Cyberpunk.
Nonostante nessuna opera sino alla quantomeno blasonata e discutibile trilogia Steampunk di Paul de Filippo assolutamente da non considerarsi padre spirituale del genere, del 1995 portasse esplicitamente questo nome, già negli anni precedenti si erano affacciate sul mercato opere che richiamavano questo stile.
Opera più importante e rappresentativa di questo genere è sicuramente The Difference Engine di Bruce Sterling e William Gibson. Nonostante in essa non appaia il termine, né gli autori li associno, l’ambientazione vittoriana ucronistica in cui l’europa è mossa dalle potenti macchine a vapore inglesi e dai calcolatori differenziali di Babbage (il vero padre spirituale dell’informatica, info qui su di lui e quo sulla sua macchina) integra perfettamente i canoni del genere che andremo presto ad elencare.
Fig. 1: ecco cosa evitare
Ora che sappiamo quali sono le origini del termine, come possiamo definire un canone da cui partire per identificare e inserire opere di qualsivoglia genere (letterarie, cinematografiche, artistiche, estetiche…) nel genere?
Quali sono i paletti fondamentali da rispettare per cercare di rientrare nella categoria e poter essere certi di non aver semplicemente messo il prefisso steam- a tecnologie random e dotare di cilindri/goggles personaggi a caso?
Innanzitutto bisogna pensare al periodo. Ci troviamo a cavallo fra la metà dell’ottocento e i primi dieci anni del novecento, piena epoca vittoriana e rivoluzione industriale. Le macchine a vapore iniziano a muovere il mondo e l’industria sempre più velocemente, se si parla quindi di ambiente cittadino bisogna vedere il mondo da quest’ottica. Le città sono grigie e caustiche, nessuna legge ambientale impedisce alle ciminiere di annerire il cielo con colonne di fumo nero e sporco di ogni tipo. La rivoluzione industriale non era un bel periodo, la sicurezza sul lavoro quasi non esisteva, così come alcune delle più basilari norme igieniche che oggi nemmeno consideriamo. Se da una parte le zone urbane più “civilizzate” conservavano una parvenza di solida bellezza e l’architettura rispecchiava la solidità ferrea di un’industria fiorente, dall’altra parte della barricata la decadente modernità delle industrie pesanti mieteva vittime senza sosta e in modi estremamente creativi, spesso nemmeno troppo veloci.
Uno dei primi punti (non estremamente fondamentale, se non per un certo livello di realismo) è trovare ambientazioni rispecchianti queste caratteristiche di decadente modernità.
In secondo luogo, fondamentale per ogni buona opera che si rispetti è l’utilizzo dei giusti ambienti e dei giusti materiali. L’epoca vittoriana è un periodo storico in cui per certi versi si vede la massima espansione architettonica di ogni impero, a partire da quello Inglese (per ovvi motivi l’Inghilterra è considerata la patria vera e propria del genere). Le ambientazioni quindi vedono largo uso di materiali come acciaio, ferro, pietra, legno e mattoni. Vengono erette imponenti opere ingegneristiche come i primi ponti ferroviari in metallo sospesi.
Anche l’estetica degli edifici viene curata in modo da realizzare vere e proprie opere d’arte urbanistiche: palazzi con complesse decorazioni in pietra scolpita, metallo (prevalentemente rame/ottone e ferro) e i tipici mattoni rossi.
Il Tower bridge, eretto alla fine del 1800 è un simbolo della
potenza imperiale Britannica. Azionato in origine da ben due
immensi motori a vapore, rappresenta perfettamente i canoni
Architettonici e tecnologici del genere.
A questo proposito ci si deve ricollegare con l’integrazione tecnologica nella vita di tutti i giorni, punto fondamentale in una vera, buona opera steampunk. Come nel libro The difference Engine, la tecnologia mossa dal vapore e dalle macchine deve essere implementata in modo naturale nella vita di tutti i giorni, tanto da far credere che sia qualcosa di perfettamente comune e accettabile. Si possono quindi vedere cocchi e carrozze mosse esclusivamente da compatti quanto inquinanti motori a vapore, sistemi di posta pneumatica e gigantesche macchine analitiche a schede perforate, antenate dei nostri computer.
In tutto questo si vede uno smodato uso della meccanica e di tutto ciò che può (ma anche che non può, a volte) essere realizzato con pistoni, caldaie e ingranaggi. Tutto è complesso, ogni meccanismo quasi volutamente elaborato e arditamente reso più complesso di quanto potrebbe essere necessario per il puro gusto estetico e la sfida ingegneristica.
Anche per questo motivo si vede un largo uso del rame e delle sue leghe, bronzo e ottone in primis. Non esistendo ancora praticamente quasi nessuna tecnologia di massa legata all’elettricità, tutto il rame ed ogni sua lega veniva usato nella meccanica per le sue buone proprietà (Qui info sulle proprietà di cui parlo).
Direi che in linea generale come prima parte è più che accettabile e spero che almeno in parte abbia dissipato o quantomeno aiutato a chiarire i dubbi su una sottocultura complessa ed elaborata come solo lo Steampunk può essere.
Nella seconda e ultima parte esploreremo tutto ciò che riguarda la parte sociale/culturale, il governo e la parte esplorativa/coloniale.
Verrà anche analizzata la cultura come viene vissuta ai giorni nostri con la moda, musica e cinematografia.
Dal 1880 per ora è tutto, qui Hush per gli Scrittevoli vittoriani chiude!
Fonte: soprattutto Wikipedia