A pochi giorni dal suo concerto, l’emergente talento veneto ci regala , più che un’intervista, una testimonianza, di quel che significa suonare, per se stessi , per il pubblico, e per l’autore.
Nato a Castelfranco Veneto, intraprende giovanissimo lo studio del pianoforte sotto la guida del padre, per poi diplomarsi con il massimo dei voti presso il conservatorio A. Steffani. Il programma del concerto prevedeva l’esecuzione del secondo concerto di Liszt per pianoforte e orchestra.
Rispetto ai brani studiati in precedenza,l’approccio allo studio di questo concerto si è distinto in qualcosa? Se si in cosa?
No, l’approccio allo studio è rimasto invariato. Nei concerti di Liszt la difficoltà è concentrata in poco tempo poichè vi è una sintesi della forma ed una volontà ciclica del compositore, basti pensare alla Sonata in si minore.
Un’esemplificazione dei punti chiave, interpretativamente parlando.
I due temi principali vengono esposti all’inizio del concerto e sono di carattere contrastante, il primo dolce, il secondo macabro, dopo la cadenza del pianoforte. Liszt li trasforma nel corso del concerto, anche rispetto al loro carattere iniziale.
Siamo all’inizio del primo tempo, il clarinetto finisce la sua frase, e tocca a te. Riusciresti a fare un sunto emozionale dei sentimenti che si provano l’istante prima di iniziare?L’inizio del secondo concerto di Liszt è sognante e, più la musica avanza, più questo sogno si concretizza, fino a diventare quasi un incubo dal punto di vista musicale (mi riferisco al carattere macabro del secondo tema).
Non credo di essere mai stato così carico sul palcoscenico, ho cominciato a sentire tensione dopo aver finito Liszt, durante i 2 bis che ho fatto (Scarlatti e Rachmaninov). Sono arrivato in teatro dieci minuti prima del concerto e ho visto gente fuori dal teatro, tra cui miei amici. Sono andato dietro le quinte, c’era confusione ovviamente.
Non vedevo l’ora di entrare, ho scherzato un po’ con il timpanista e poi, un minuto per concentrarmi, sono uscito. Pieno zeppo di gente, mentre facevo l’inchino ho sentito mia sorella (primo violino dell’orchestra) che mi diceva:”‘In bocca al lupo Stefano”.
Da lì il concerto è partito dal nulla. Mi sentivo libero.