L’insegnamento, contrariamente alle sue aspettative, non fu molto più stimolante dell’impiego e Mallarmé lo svolse con un senso di frustrazione e di tempo rubato alla sua vocazione di poeta. Inoltre, a causa della sensualità e dell’oscurità già presenti nelle sue prime poesie pubblicate, fu fatto oggetto di polemica nell’ambiente scolastico, tanto da essere trasferito a Besançon e da qui ad Avignone. Nonostante l’esilio in provincia, Mallarmé allacciò rapporti con importanti letterati del periodo, come Villiers de l’Ise-Adam e Verlaine e soprattutto compose le sue prime poesie mature, come L’azzurro, Brezza marina e Le finestre, pubblicate nei primi due volumi del Parnasse Contemporain, ancora fortemente influenzate da Baudelaire, ma già denotanti la tendenza ermetica e la tensione sintattica e semantica che porterà all’esplosione di Un colpo di dadi non abolirà mai il caso, suo testamento poetico e filosofico; sempre in questi anni gettò le basi per due suoi capolavori, entrambi inizialmente pensati per il teatro: Herodiade, la cui stesura definitiva risale al 1896, due anni prima della prematura morte, e Il pomeriggio di un fauno, rifiutata dal Parnasse Contemporain nella sua prima versione, pubblicata nella versione definitiva nel 1876 e consacrata nel 1894 dal celeberrimo poema sinfonico di Debussy Prelude a l’aprés midi d’un faune. La successiva assegnazione a Parigi, dove insegnò dal 1871 fino al 1894, anno del suo pensionamento anticipato, gli consentì quantomeno di frequentare un ambiente letterario di gran lunga più stimolante.
Nella capitale francese, Mallarmè divenne presto un punto di riferimento dell’ambiente artistico, stringendo amicizia in particolare con Manet. Nel 1874 fondò la rivista Le dernière mode, redigendone gli otto numeri pubblicati praticamente da solo e dispensando, sotto pseudonimi femminili, consigli pratici per la vita domestica e di società, con l’intento dadaista di unire la ricerca estetica alla quotidianità mondana. Dal 1880 la sua casa di Rue de Rome ospitò degli incontri fissi ogni martedì, presto divenuti uno degli appuntamenti più importanti della vita culturale parigina e frequentati dal fior fiore della letteratura e dell’arte, non solo francese: Villiers de l’Isle-Adam, Verlaine, Maeterlink, Laforgue, Debussy, Redon, Gauguin, George, fino alla nuova generazione letteraria francese, rappresentata da Schwob, Jarry, Gide, Claudel e Valery, che nell’umile salotto di Mallarmé ebbe il suo battesimo letterario ufficiale. In questi incontri, il poeta ebbe modo di approfondire e divulgare le proprie teorie poetiche, fondate sull’oltrepassamento del descrittivismo attraverso lo scatenamento della potenza evocativa delle parole. Compito della poesia non è quello di offrire degli affreschi, ma di liberare il flusso delle sensazioni prodotte dall’osservazione del mondo, nella ricerca costante della purezza e dell’assoluto; la poesia, come da una sua celebre massima, non si fa con le idee, ma con le parole; “l’interpretazione orfica della terra”, concetto che anticipa Heidegger, è l’unico dovere del poeta e l’unica posta in gioco della letteratura.
Consacrato poeta maledetto da Verlaine, con l’inserimento nella sua celebre antologia; citato da Huysmans tra le letture di riferimento di Des Esseintes, protagonista del romanzo manifesto del decadentismo A rebours; riconosciuto maestro dai giovani simbolisti francesi, Mallarmé continuò la sua ricerca di una poesia pura, volta ora allo svincolamento della parola dalle regole della comunicazione, ora all’estetizzazione della mondanità. Con l’affrancamento dalle incombenze dell’insegnamento, grazie al tanto desiderato prepensionamento del 1894, il poeta pensò finalmente di potersi dedicare all’obiettivo della vita: la creazione della sua opera mondo. Ma dopo essere stato eletto principe dei poeti, alla morte di Verlaine nel 1896, ed aver pubblicato la sua raccolta definitiva di prose (Divagazioni, 1897) e soprattutto il poema-testamento Un colpo di dadi non abolirà mai il caso, sempre nel 1897, l’anno seguente rimase soffocato da uno spasma faringeo. Con Un colpo di dadi, si può dire che Mallarmè abbia portato a compimento la sua esperienza di rinnovatore della poesia, introducendo in anticipo capisaldi del novecento quali la parola in libertà, la poesia visiva, la disarticolazione sintattica, l’ermeticità e l’ambiguità semantica, raggiungendo quell’assoluto tanto cercato nell’equilibrio miracoloso tra ordine e caos.