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Steve Jobs è morto.

Creato il 06 ottobre 2011 da Davide

No, non ho mai avuto un aggeggio Apple e non sono fan della mela morsicata. Meno di un mese fa però ho conosciuto per la prima volta un vero fan della Apple, che in pochi minuti mi ha raccontato alcuni aneddoti su Steve e mi ha incuriosito a tal punto che nell’ultima settimana mi son guardato il film “I pirati della Silicon Valley“ (era free su youtube sabato, adesso l’hanno già tolto) e letto circa metà del libro “Steve Jobs. L’uomo che ha inventato il futuro.” Stamane arrivo al lavoro e mi dicono: “hai sentito? Steve Jobs è morto.”

Insomma, per me, relamente, Steve Jobs era “vivo” da due settimane. Prima sapevo chi fosse di nome e posizione sociale, ma non avevo minimamente idea di quale fosse la sua storia, le sue idee, il suo lavoro. Era CEO Apple, punto. Ecco, qualche mese fa avevo apprezzato il discorso che aveva fatto ai laureati di Stanford nel 2005, un discorso che mi aveva veramente colpito per essenzialità e profondità. Qualche mio prof delle superiori, o forse dell’università, aveva detto che una delle caratteristiche delle persone intelligenti era saper dire cose profonde in maniera semplice, accessibile. Stando a quel discorso, definire Steve “intelligente” secondo me era un eufemismo. Discorso folgorante.

Ma tutto qui. Anzi, no. Forse uno dei modi che mi avevano nel corso del tempo messo in contatto con Steve era attraverso alcuni prodotti che lui e il suo team della Apple Inc. avevano creato. Li possedevano diversi amici. Pc, iPod, iPhone, iPad. Capitava di essere in un’aula studio, in una stanza di un appartamento, seduti attorno al tavolino di un bar, ma la mia sensazione alla vista di quegli apparecchi era sempre la stessa: li trovavo spaventosamente stridenti con l’ambiente. Quasi decontestualizzati. E la cosa mi colpiva moltissimo.

Un pc Apple, con la sua linea, i colori, la forma, l’aspetto estetico globale di pezzo tecnologico, strideva ai miei occhi in maniera massiccia rispetto al muro della stanza sullo sfondo, al tavolo dove era appoggiato, alla sedia che aveva davanti. Un iPhone, appoggiato su un tavolino di un bar medio di provincia, con al centro il posacenere nero, con la superficie usurata dai bicchieri appoggiati nel corso degli anni, su gambe magari non perfette, un pò traballanti, strideva proprio.

Ripeto, non ho mai posseduto un apparecchio Apple. Quindi non so come funzionino. So però molto bene come mi appaiono. Futuribili, perfetti, decontestualizzati rispetto all’estetica media degli ambienti che io frequanto la maggior parte del mio tempo. Non conoscevo nulla di Steve, ma questa dati percettivi erano intensi e facevano la differenza. Sembravano (sembrano) appartenere a un altro mondo estetico.

Quindi non è stato difficile, entrando in contatto con fonti che parlano della vita di Apple, di NeXT e di Pixar, capire bene cosa intendesse Steve quando si definiva un artista. Capire perchè Apple abbia sempre puntato sulla grafica, costruendo mondi a icone, mondi animati dalla Pixar, presentazioni di prodotto assolutamente geniali, a partire da quello spot storico, 1984, che è entrato nella storia della pubblicità.

La bellezza è sempre stata una fissa per Steve Jobs, e basta guardare i prodotti per capirlo. La sua rivoluzione è stata sia tecnologica ma anche e forse soprattutto estetica, percettiva. Un tentativo di fusione di mondi che fino ad allora erano stati divisi: arte e tecnologia, bellezza ed efficienza, razionalità manageriale e ispirazione filosofica. Dal punto di vista dell’antropologia culturale, la storia umana e imprenditoriale di Steve Jobs è una fonte inesauribile di temi da approfondire e questioni da analizzare.

Si può partire dalla cultura della Apple Inc, da una prospettiva di corporate anthropology. E’ stato uno dei primi a riorganizzare gli ambienti di lavoro con open space, a fare selezione della risorse umane con un approccio originale che mettesse in secondo piano (se non in terzo) la formazione accademica e formale privilegiando le caratteristiche personali di entusiasmo, creatività e capacità di appassionarsi alle cose che si fanno, a farle con amore. credeva nella capacità delle persone di imparare e metteva a loro disposizione un ambiente dove ciò fosse possibile. Ha rivoluzionato le gerarchie ferree vigenti all’epoca, credendo che una organizzazione del lavoro con posizioni più orizzontali fosse più umano, efficiente e produttivo. Credeva nella leadership e molto poco nel managerialismo. Ha creato un mega-brand globale, una specie di culto tecnologico, vedendosi trasformato in un guru osannato da folle di adepti. Come? Perchè? Se gli antropologi culturali ci sono, battano un colpo.

Si può passare per un’analisi dei pezzi tecnologici prodotti come artefatti facenti parte di una determinata cultura materiale, attraverso la quale si reimpostano modalità comunicative, interattive e cognitive.  I prodotti Apple stanno inondando il pianeta, e danno forma a prassi che sono nuove e che cambiano radicalmente la nostra vita. Rendersene conto, capire in che modo la cambiano, e governare il cambiamento sta a noi. Gli strumenti dell’antropologia culturale e i suoi concetti possono illuminare pratiche quotidiane che prendono forma e che mettono in relazione le persone in maniera nuova, ad esempio riducendo enormemente l’impatto di variabili quali spazio e tempo nella forme comunciative e sociali. Il rapporto uomo-tecnologia raggiunge nell’antropologia di Apple limiti probabilmente mai visti prima, sia nel mondo della comunicazione che in quello della visione, del divertimento e fruizione della musica.

Ancora, la storia di Steve Jobs e della aziende da lui create o co-create (lo so, lo so, c’è anche Wozniack, il genio dei pc) è paradigmatica per un’antropologia dell’innovazione. Al di là della parolina prezzemolina, una delle caratteristiche peculiari di Steve è quella di aver messo a fondamento della propria attività imprenditoriale qualla di inventare cose nuove da vendere alle persone. Non quindi innovazione episodica all’interno di un trend conservatore, ma innovazione come modello standard di business. Questo è rivoluzionario. O era nuovo, bello, ottimo, o si doveva cambiare. Zero compromessi. Piuttosto un fallimento, e nella sua storia imprenditoriale di fallimenti ce ne sono stati. Ma, come ha detto qualcuno, l’importante non è cosa ti succede nella vita, ma come reagisci. E la reazione del genio, come lo si vede dipingere oggi, è stata spesso azzeccatissima.

Infine, ma ciò non esclude che altre prospettive siano presenti e proficue, c’è l’analisi propria dell’antropologia filosofica di Steve Jobs. C’è l’uomo che è messo al centro del proprio mondo creativo. C’è l’immaginazione, la visione, le credenze che prendono forma nella mente e plasmano il mondo. C’è un pò di hippismo, di Hare Khrisna, di LSD, cose molto comuni per l’epoca. Tanti vi hanno partecipato, era un pò lo stile della California anni ’70. La ricerca spirituale, i viaggi in India, Esalen, il movimento del potenziale umano e tutte quelle altre belle cose del mondo che fu dove, mi dicono, tutto sembrava possibile e tutto aspettare di essere fatto. Tanti vi hanno partecipato, ma di Steve Jobs resta la memoria e di Apple Inc. (che ha capitalizzato 350 miliardi di dollari in borsa) ne abbiamo una sola. Negli USA. Cosa ha reso possibile, a livello di contesto, di società, di cultura diffusa, di leggi e di libertà, la nascita e lo sviluppo di una tale epopea? La domanda viene spontanea e qualcuno di è dato anche una risposta, politicamente scorretta ma quanto mai vera:

Perchè in Italia non è mai nato uno Steve Jobs? Perché se qualcuno avesse cercato di inventare qualcosa nel garage di casa, sarebbero arrivate l’asl, i nas, i ris, la digos, la finanza, i vigili, i carabinieri e i pompieri a rompergli i coglioni. Mandati dai vicini di casa invidiosi. (Leonardo Facco)

Cosa può dire l’antropologia culturale di sensato su questa Storia? Dico sensato perchè dire, come si legge in giro, che “è tutto marketing“, “è tutta questione di soldi” e “secondo me Apple fa schifo” sono idiozie che indicano il grado di intelligenza infimo di chi le scrive, anzichè aiutare a capire meglio come vive l’uomo e cosa succede al mondo, due dei compiti dell’antropologia culturale.

Alcuni documenti/siti

video discorso di Stanford

un libro interessante (ma ce ne sono tanti altri qui)

web necrologi

Apple

 


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