Per uno come me che da sempre ha sentito il richiamo della tecnologia, della innovazione e dei numeri in generale, leggere un libro come questo è manna che cade dal cielo.
Non tanto per la figura di Steve Jobs in sé e per tutto ciò che ha rappresentato, quando per l’atmosfera e l’entusiasmo che si respirano leggendo di ragazzi che passano le notti chiusi in un garage a coltivare la propria passione.
Questa è la cosa che forse mi manca maggiormente e mi accorgo di come una lettura del genere riesca a trasmettermi una carica incredibilmente positiva facendo nascere in me la voglia di riprendere in mano progetti da troppo tempo messi in un cassetto, per non parlare di sperimentazioni di vario genere che vagano per la mente da diverso tempo.
E’ il concetto del pioniere che si muove verso direzioni sconosciute.
Ci sono tante cose che mi suonano famigliari in questa storia.
L’escalation come uomo di successo di Steve Jobs non mi tocca più di tanto, ma dal punto di vista tecnico ci sono tante cose che rievocano ricordi di gioventù.
L’entrata in scena dei computer mi ha visto in qualche modo coinvolto in molti degli scenari qui trattati.
La nascita dei videogiochi da bar dell’Atari e delle consolle per casa da collegare alla televisione.
Il passaggio al mondo dei computer con il Vic-20 ( macchina senza assolutamente nessuna memoria ), poi a seguire il Commodore 64, lo Zx-Spectrum, l’Executive, fino ad arrivare ai primi programmi seri come il vecchio Multiplan che mi ha fatto scoprire le applicazioni business.
Queste però sono solamente divagazioni personali che potrebbero sì interessare qualcuno, ma che tutti gli altri troveranno certamente noiose, per cui torniamo al libro.
La mia idea di partenza era che questa biografia fosse sostanzialmente un doppione gonfiato degli altri libri già usciti sul personaggio Steve Jobs, di conseguenza nel mio approccio c’era un po’ di scetticismo.
Devo dire che questa sensazione è caduta dopo pochi capitoli del volume.
Infatti mano a mano che si scorrono le pagine, ci si accorge che questo libro presenta un livello di competenza e di dettagli che fa sfigurare quel Nella mente di Steve Jobs ( mia lettura di diversi mesi fa ) che pensavo già esaustivo in molti suoi aspetti.
Un esempio per tutti è la questione dell’idea di interfaccia grafica avuta dalla Xerox e “rubata” dalla Apple, argomento qui spiegato molto bene ed invece solo accennato nel libro precedente.
Un consiglio solo dunque: se siete ancora indecisi su cosa comprare, esistono solamente due possibilità: o questo libro o nulla.
In ogni caso meglio questo libro che nulla, infatti la biografia non necessariamente deve essere letta come celebrazione del protagonista, ma può tranquillamente considerarsi a tutti gli effetti come l’epopea dell’informatica.
La storia dei due ragazzi, Wozniak e Jobs, che chiusi in un garage a notte fonda costruiscono il primo computer veramente funzionale e alla portata di tutti è decisamente affascinante.
Emergono fin da subito le diverse competenze e i diversi modi di vedere il mondo: Wozniak più tecnico e di spirito libero e Jobs più concreto ed affarista.
Il primo progetto vero e proprio, costituito dalle blue box, apparecchiatura per interurbane telefoniche diciamo pirata, mette in chiaro le differenze tra i due ed è proprio Wozniak a dire: le blue box rappresentarono un esempio di quello che potevamo fare con le mie competenze tecniche e la sua capacità di immaginare il futuro.
Ben presto le intuizioni e la realizzazione dei progetti prendono piede e le cose diventano sempre più importanti ed ambiziose.
Jobs parlando dell’Apple II dice: la mia idea era di creare il primo computer completamente integrato. Per ogni hobbista che amava assemblare da sé tutti i pezzi, c’erano mille persone che desideravano la macchina pronta per l’uso.
Il libro ripercorre certamente tutta la storia personale e lavorativa di Steve Jobs: dall’inizio pieno di successi all’esordio del primo Macintosh, dalla cacciata dalla Apple al rilancio della Pixar, dal ritorno con tutti gli onori alla casa madre, fino al trionfo degli anni 2000 con i prodotti iPod, iTunes, iPhone, iPad, ecc. ecc.
Ma non sono queste a mio avviso le parti più importanti.
Se la vediamo da questo punto di vista siamo alle solite: c’è un uomo che probabilmente era un genio per la sua capacità di immaginare il futuro e quindi viene idolatrato.
In questa maniera tutte le sue caratteristiche personali, diciamo stravaganti, diventano un modo di vivere, fanno tendenza: il suo modo di vestire, la sua casa mai finita, il suo pretendere sempre il massimo da tutti.
Tutto ciò però non giustifica gli aspetti negativi della sua personalità: non mi riferisco in particolare al modo di fare all’interno delle sue aziende, quanto piuttosto al fatto di concepire il mondo in generale secondo una netta separazione tra uomini geniali e persone degne di nessuna considerazione, oppure all’assoluta mancanza di rispetto per alcune delle regole di convivenza civile proprie della nostra società.
Mi spiego: il fatto che sul posto di lavoro incrociare Steve Jobs poteva essere causa di grandissima apprensione, perché lui poteva ignorarti completamente oppure farti una domanda improvvisa e licenziarti sui due piedi se non riuscivi a dare una risposta adeguata, personalmente lo vedo come una brutta cosa, un modo di fare non condivisibile, ma non lo ritengo un dramma.
Stiamo parlando di lavoro e non sono qui a dire che il fine giustifichi i mezzi, ma dico che quello che ho letto, assieme alle mie esperienze personali, mi porta a pensare che la cosa più importante in un ambiente lavorativo sia il senso di responsabilità.
Di conseguenza una persona che si assume tutte le responsabilità della gestione, produttiva e non, può decidere liberamente quale linea di comportamento tenere con i propri collaboratori perché poi alla resa dei conti sarà lui in prima persona a rispondere dei risultati.
L’allenatore di una squadra di calcio è libero di decidere l’atteggiamento da tenere nei confronti dei giocatori: può cercare il dialogo oppure può urlare in faccia ai suoi uomini.
Il suo modo di lavorare avrà un giudizio insindacabile dato dai risultati e lui ne sarà responsabile nel bene e nel male.
Il suo scopo è quello di fare esprimere i propri giocatori al massimo delle loro potenzialità.
Di Steve Jobs alcuni dei suoi collaboratori dicono:
- mi ha portato a realizzare cose che non pensavo di essere in grado di fare
- non sapevi che ti stava chiedendo una cosa impossibile e così riuscivi a farla
Ecco quindi la prova che con il suo atteggiamento scontroso e brutale, alla fine riusciva a far rendere al massimo le persone alle sue dipendenze, ammesso che fossero in grado di sopportare lo stress.
Diverso sarebbe stato lo stesso tipo di comportamento senza l’assunzione di responsabilità, come capita piuttosto spesso direi quando il personaggio in cima alla gerarchia in caso di insuccesso scarica le responsabilità sui propri subalterni…
Altra cosa invece è il comportamento di Steve Jobs fuori dell’ambito lavorativo: il mancato rispetto di tante regole anche banali non può essere giustificato.
Chi parcheggia nel posto riservato agli invalidi è degno di essere chiamato in tutti i modi possibili anche se è un genio in un certo campo, così come il fatto di essere un genio non giustifica la mancanza di rispetto verso gli altri.
Se uno è un genio è un genio e se uno è un pezzo di merda è un pezzo di merda.
Le cose restano valide anche combinando le cose e miscelandole tra loro, non è che una annulli l’altra.
Mi pareva doverosa questa precisazione perché altrimenti potrebbe sembrare un elogio assoluto.
Tutt’altra storia invece, quando si parla di innovazione e dei tanti, tantissimi dettagli che fanno la differenza e che hanno portato la Apple ad essere quella che è.
Oltre alla parte tecnica ci sono anche tutta una serie di aneddoti curiosi che solamente visti tutti assieme fanno capire quale sia stata la ricerca per arrivare a mettere in commercio certi prodotti senza passare per alcun tipo di compromesso.
Non si tratta solamente del prodotto finito, ma proprio dei dettagli.
“Se qualcosa non va bene non è possibile fare finta di niente, dire che verrà messa a posto in un secondo momento. Questo lo lasciamo fare alle altre aziende”.
In un’intervista a Wired nel 1995 Jobs afferma:
“Windows ha vinto. Ha battuto il Macintosh, ha battuto UNIX, ha battuto OS/2. Ha vinto un prodotto inferiore”.
Già! E’ vero che è esistito anche quel tipo di sistema all’interno del mondo IBM; personalmente con OS/2 ( anche se ai tempi non conoscevo la sua origine ) ci ho avuto a che fare per lavoro e devo dire che pur essendo diverso dagli altri e quindi con qualche problema di connettività di rete (anche se ai tempi non era una cosa indispensabile come lo è diventato poco tempo dopo) era un sistema estremamente stabile che non mi ha mai creato problemi.
In tutti questi anni effettivamente Windows ha spadroneggiato e la prova provata che si tratti di un sistema inferiore è che ormai anche per i laureati in informatica pare non sia un problema il fatto che i sistemi vadano in crash.
Si dà quasi per scontato che non possa essere altrimenti e ci si organizza allestendo server dedicati per ogni singola applicazione (in modo da bloccare solo quella la cui macchina deve essere riavviata) oltre a tutta una serie di “coperture assicurative” quali mirror-disk, unità di backup, ecc.
Solamente negli ultimi tempi le cose si stanno evolvendo grazie a buone iniziative (Linux e il ritorno Apple) e a pessimi prodotti (Windows Vista su tutti).
A questo proposito riporto un piccolo episodio personale:
qualche anno fa, alla presentazione di un pacchetto gestionale per le aziende ceramiche che girava su piattaforma Windows Vista, era presente anche il responsabile commerciale dell’area nord-Italia ( se non ricordo male ) della Microsoft Italia.
Alle lamentazioni specifiche della responsabile CED di una delle aziende intervenute, che lamentava una serie continua di problemi riguardanti il nuovo sistema operativo Windows, il rappresentante Microsoft rispose con queste esatte parole:
“Vede, Microsoft stima che entro l’anno Vista sarà il sistema operativo installato su circa il 60% delle macchine e quindi il passaggio da XP a Vista è inevitabile così come è inevitabile che i vari problemi vengano via via risolti proprio anche grazie alle segnalazioni degli utenti.
D’altra parte il software nasce rotto e poi viene sistemato in corso d’opera, quindi non si preoccupi che tutto andrà a posto”.
Il software nasce rotto??? Roba da matti!
Chiusa questa piccola parentesi è vero che, come dicono i detrattori, la Apple in fondo non ha mai creato nulla di nuovo, ma come diceva lo stesso Jobs rubare le idee è fondamentale.
Se qualcuno ha avuto un’idea e non riesce a sfruttarla allora è semplicemente un incompetente ed è giusto rubare quella sua idea per svilupparla e creare qualcosa di grande.
E’ il caso dell’interfaccia grafica della Xerox in riferimento alla quale Jobs disse ai suoi collaboratori: questi sono seduti su una miniera d’oro e non se ne rendono conto.
Ma non bisogna essere portati a credere che tutto quanto realizzato da Jobs sia limitato al marchio Apple, c’è una buona parte di tecnologia creata dall’azienda di Cupertino ormai diventata standard e diffusa su prodotti di tutti i marchi.
Dalla porta firewire al masterizzatore DVD, dal negozio musicale ai lettori mp3…
Anche chi non si sente legato o attratto dal marchio Apple, in realtà probabilmente utilizza quotidianamente in qualche apparecchio tecnologico di un casa costruttrice concorrente, un qualcosa nato da un’idea di Steve Jobs.
Tanti aneddoti in questo libro: tra le altre cose venire a conoscenza del fatto che i pavimenti dei più importanti Apple Store sono di piastre di arenaria provenienti dalla cava Il Casone di Fiorenzuola, luogo che conosco molto bene e di fronte al quale passo decine di volte all’anno, è stata una bella sorpresa.
Concludendo questo è un libro costituito da molte parti intrecciate tra loro:
- la pura biografia di Steve jobs
- la storia dell’informatica
- il modo di gestire la parte artistica e creativa di un’azienda
- altre ancora
Nessun pregio in un campo giustifica un comportamento irrispettoso in un altro campo.
Chiarito questo devo dire che il libro mi è piaciuto davvero tanto e che dopo questa lettura ho imparato ad apprezzare ancora di più alcuni prodotti perché mi sono reso conto del lavoro che c’è stato per arrivare a questi risultati.
Si può leggere in tanti modi e quello di leggere la storia di un personaggio ormai diventato idolo di massa è solo uno di essi.
Personalmente sono più legato ai prodotti, alla loro efficienza e alla loro semplicità di utilizzo e di interfacciamento, che alla persona che li ha ideati.
Ma è solamente un punto di vista, il mio.
Tempo di lettura: 19h 49m