E' in corso in questi giorni al Macro di Testaccio (fino al 29 aprile) un'interessante mostra fotografica; si tratta di una rassegna dedicata a Steve McCurry, noto ai più per la foto della ragazza afghana pubblicata nel 1985 sulla copertina del National Geographic e diventata icona del conflitto afghano nel mondo. Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. La mostra è davvero notevole, l'allestimento ha un suo senso, come spiega Fabio Novembre, curatore della mostra: "mentre la nostra idea di casa assomiglia sempre più ad arroganti dichiarazioni di potere ben salde sulla terra che occupano, [...], le case nelle sue opere sono precarie, come le vite di chi le abita, simili a strutture cellulari mobili. Ed è esattamente questa suggestione che ho cercato di riportare all'interno dei grandi spazi del Macro, un allestimento come un villaggio nomade [...]". In effetti l'esposizione è originale, però poco funzionale: io ho trovato una certa difficoltà ad associare la foto alla didascalia. Ma, tornando alle fotografie, sono una più bella dell'altra, e per questo non vi voglio anticipare nulla, vanno viste sul posto. C'è però una cosa che mi ha infastidito: la maggior parte delle foto sono scattate in oriente, India, Cina, Birmania, Tailandia, con scene di vita, personaggi, paesaggi; molte altre riportano scene di guerra, violenza, povertà dal Pakistan, Afghanistan, Kuwait. Poi di tanto in tanto ce ne sono alcune scattate in Italia: i soggetti ritratti sono tutti a sfondo religioso: processioni, flagellazioni, croci bruciate, come se in Italia non ci fosse niente di più rappresentativo. Ho raccolto alcune di queste immagini nella seguente galleria fotografica.
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