Manca meno di un mese all’inizio delle nuova stagione NBA, che come ogni anno sarà carica di attese e aspettative. Quest’anno poi molte sono le squadre che hanno voglia di riscatto e di avere un ruolo da protagonista, basti pensare a Bulls, Celtics, Nets, Clippers, ecc. Senza dubbio una delle franchigie più chiacchierate dell’estate e sul quale grava un gran senso di rivincita sono i Los Angeles Lakers, che dopo aver perso Dwight Howard (finito ai Rockets) e Kobe Bryant (rottura del tendine di achille) dovranno affidare i propri destini alle mani, e la testa, di Steve Nash. E’ proprio su di lui che vogliamo concentrare l’attenzione per capire se, a 39 anni e reduce da una stagione molto sotto le aspettative, complici anche parecchi infortuni, l’ex Suns sia ancora in grado di dare un contributo alla franchigia della California o meno? Quest’estate il due volte MVP ha lavorato molto sulla sua condizione fisica e atletica recuperando a pieno da vecchi infortuni che lo hanno bloccato per gran parte della scorsa stagione, si è anche allenato, durante la tournee americana dell’Inter a fine Luglio, dove oltre a essersi reso protagonista dal punto di vista mediatico, si è allenato sul serio sottoponendosi agli ordini di mister Mazzarri, uno che di preparazione atletica se ne intende. Per quanto riguarda le qualità tecniche non possono essere messe indubbio: il prodotto di Santa Clara è ancora uno dei migliori playmaker della lega dietro, forse, ai soli Chris Paul e Rajon Rondo; certo l’età non è più florida e nonostante il recupero, la sua integrità fisica non gli permette di giocare al massimo 82 partite di regular season più i playoff, ma sicuramente il giocatore che oggi si ripresenta alla corte di coach D’Antoni è un giocatore rigenerato. La presenza di due ottime alternative come Blake e Farmar permetteranno al coach ex Knicks un’ampia rotazione diminuendo il minutaggio del canadese, ma aumentandone la qualità: le statistiche infatti mostrano che Nash ha nelle mani 20/25 minuti di grande basket, dopodichè la sua perfomance tende ad avere un crollo, certo è che deve essere messo in condizione di esprimersi al meglio. Lui deve sentire la partita, guidare la squadra, essere il cervello di tutte le azioni di attacco, insomma essere lui al centro degli schemi dei Lakers e non svolgere un ruolo da comprimario. E’ anche per questo che lo scorso anno ha avuto molte difficoltà in un roster pieno di stelle, ma dove tutti volevano brillare più degli altri.
Per ora possiamo solo provare fare delle previsioni, le vere risposte le avremo ad inizio stagione quando Nash e Gasol dovranno guidare la squadra in attesa del ritorno di Kobe. Al rientro del Black Mamba D’Antoni dovrà però probabilmente trovare un altro equilibrio. La coesistenza tecnica tra Nash e Bryant non è così semplice: sono due personalità molto forti, ed entrambi rendono al meglio con la palla in mano. Una soluzione potrebbe quindi essere quella di concentrare i minuti dell’ex Suns dandogli un quintetto più consono alle suo modo di giocare. Certamente questi Lakers non possono fare a meno di Kobe, hanno troppo bisogno della sua capacità di fare canestro, ma ovviamente non devono privarsi della classe di “the beatiful mind“. Tutto sommato, tenendo conto che ha giocato su una gamba sola, i numeri di Steve della passata stagione sono più che rispettabili: 6,7 assist e 12,7 punti a partita con il 49,7% dal campo.
La chiave di volta, soprattutto in attesa di Kobe, sarà l’asse playmaker-pivot: tra Nash e Gasol potrebbe nascere un’intesa piuttosto prolifica, con il catalano che tornando a giocare da 5, senza altri lunghi dentro l’area a dargli fastidio, potrebbe tornare ai livelli di un paio di stagioni fa. Già lo scorso anno il fratellone di Marc, seppur giocando meno minuti come centro, ha avuto risultati migliori rispetto a quando è stato impiegato in posizione di ala: più punti (su una proiezione sui 48 minuti 22.9 contro i 18.1), più rimbalzi (13.8 contro gli 11.5), più stoppate (2.1 contro le 1.6), meno perse (2.4 contro le 3.3), più efficacia al tiro (51.7% contro il 45.4% dal campo), miglior copertura difensiva (concesso al diretto avversario il 47.8% contro il 51.7%) e soprattutto un miglior rapporto vittorie/sconfitte (59% contro il 46%), la differenza tra fare o meno i playoffs.
Il vero problema quindi resta il minutaggio di Nash: i 32,5 minuti a gara del 2012/13 per il numero 10 gialloviola sono eccessivi, così come ha evidenziato anche il trainer dei Lakers Gary Vitti. Bisognerebbe emulare l’approccio usato l’anno passato da coach Popovich con Tim Duncan e Manu Ginobili, ed i risultati si sono visti soprattutto nella post season, quando invece il 5 volte miglior passatore NBA è arrivato stremato ed in pessime condizioni. Ognuno può dir la sua sulla franchigia di L.A. che fra scelte discutibili e risultati altalenanti, ha comunque una buona squadra di veterani ed un gran coach: se riescono a gestire le forze possono essere la vera sorpresa della Western Conference.