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Liberace, pianista virtuoso ed esuberante, è ormai una star affermata: calca i palcoscenici dei teatri d'America, appare in televisione; la sua è una vita fatta di eccessi e di clamore. Finché un giorno il giovane Scott Thorson lo raggiunge in camerino: tra i due uomini, nonostante la notevole differenza d'età, nasce una relazione profonda e segreta, fatta di alti e bassi...(cinematografo.it)
Non riesco a credere che il canto del cigno di Steven Soderbergh possa essere un biopic sullo showman più pagato di Las Vegas morto di AIDS nel 1987: questo mi ripetevo durante la visione. Siamo abituati ai bruschi cambi di direzione del regista hollywoodiano più prolifico di questi anni, ma a Behind the Candelabra non eravamo preparati.
Soderbergh viene spesso considerato alla stregua di poco più di un raffinato mestierante del cinema. Ma Soderbergh è l'incarnazione contemporanea del concetto di versatilità applicato al mondo del cinema. Trovare un filo conduttore nella sua filmografia è un'impresa che stimolerebbe ogni buon appassionato, ma ogni volta il cineasta produce qualcosa di così nuovo (eppure così ricorrente) da costringerci a ricominciare il giochino. L'unica cosa che accomuna le opere di Soderbergh, per noi, è l'intento di affrontare ogni genere cinematografico e di rivisitarlo in chiave personale. Per fare un paragone, e questa è un'opinione personalissima, vedrei bene Soderbergh come un meccanico che toglie il motore ad un auto e vi lascia solo la carrozzeria. Questo fa con i generi cinematografici:
Drammatico (Sesso, Bugie e Videotape)Commedia (Ocean's Eleven, Out of Sight)Noir (Intrigo a Berlino)Storico/biografico (Che)Sociale (Erin Brockovich, Traffic, non a caso i più sbandierati agli Academy)Erotico (The Girlfriend Experience, Eros, girato con Kar Wai e Antonioni)Fantascienza (Solaris)Sperimentale/Psicologico/Nouvelle Vague (Full Frontal, Bubble)Action (Knockout - Resa dei Conti)Apocalittico (Contagion)Thriller (Side Effects)
Nei film di Soderbergh si sublima l'idea di un cinema che sui generi poggia solo la superficie; di un cinema che rispetta le regole dei generi ma che dei generi ha perso il contenuto emotivo. Ciò che rimane è solo un "guscio" di generi. La singolarità, quando si guarda un film di Soderbergh, non è quella di stare guardando, per esempio, una commedia, ma di stare guardando un film di Soderbergh.
Veniamo a Behind the Candelabra, giustamente celebrato qua e là soprattutto per la performance di Michael Douglas. Dovrebbe essere un film d'amore. Ma in realtà è difficile vedere amore in questo film. Sullo sfondo c'è una storia d'amore, ma quello che risuona più nelle orecchie è il "sono libero!" di Liberace alla notizia della morte della madre. E' facile, poi, vedere una critica allo show/business in questo film e non si può negare che non ci sia. Ma Soderbergh non ci dice "odiate il lusso". Questo contrasto tra la nitidezza della messa in scena e l'ambiguità del risultato è ciò che ci colpisce maggiormente. Una chiarezza espositiva stupefacente senza però alcuna posizione netta, può essere interpretato sia come pressapochismo che come acuta capacità di analisi: fate come preferite. Ma ciò che distingue il film, che lo rende davvero unico e speciale, è un senso mortifero che l'attraversa dall'inizio alla fine, una specie di grandeur funebre (la scena finale lo dimostra), una chiusura di discorso a tutti gli effetti. Lo vedo nei vestiti di Liberace che sono portati come una seconda pelle, usati e buttati via ogni volta; lo vedo nella vampirizzazione degli amanti; lo vedo quando guarda i vecchi video delle sue esibizioni; lo vedo nella chirurgia plastica, nell'affanno di rinascere, nella pigrizia, nell'impressione di una claustrofobia charme, di una menzogna dorata. Va da sè, il precedente illustre di Behind the Candelabra è chiaramente Viale del Tramonto. Sembra dire il film: il segreto (l'omosessualità) porta alla solitudine, la solitudine porta alla morte.
Stefano Uboldi
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