In questi giorni la web site di Vinodentro, la pellicola sul Marzemino finanziata un anno fa con una vagonata di migliaia di euro dalla Provincia di Trento, ha cambiato faccia. Fino ad un paio di settimane fa aveva un aspetto piuttosto artigianale e non proprio all’altezza di quel capolavoro annunciato che avrebbe dovuto partecipare al film festival di Berlino. L’edizione della Berlinale è finita e tuttavia dell’opera di Ferdinando Vicentini Orgnani, interpretata da Giovanna Mezzogiorno, non v’è stata traccia, nemmeno fra le pieghe delle sezioni minori. La web site del film, comunque, nel frattempo ha cambiato veste e ora appare più elegante e professionale. Del resto ci voleva poco. Questo restyling potrebbe annunciare qualche buona notizia. Forse. O forse si tratta solo di un’incipriata in più sul volto avvizzito di un’operazione eno-politico-cinematografica, che apparve discutibile sin da quando fu annunciata; durante una conferenza stampa fiume – dai toni surreali – condotta dai vertici di Trentino Marketing, assessore Mellarini presente e visibilmente eccitato, nell’improvvisata saletta stampa dello stand TRENTODOC di Vinitaly 2012. Discutibile, non dal punto di vista artistico (nessuno in quel momento, infatti, poteva ancora giudicarne la qualità e il livello artistico), ma dal punto di vista politico. Un sacco di soldi, oltre 200 mila euro, destinati a promozionare sul palcoscenico mondiale un vino autoctono trentino (Marzemino) in via di estinzione e su cui nessun enologo o wine maker ragionevole scommetterebbe la propria paga di un mese: chiedere ai ricercatori e ai genetisti dell’Istituto di San Michele, per credere. Discutibile per questo. Non per altro. Poi arrivò il primo ciack, preceduto dall’attesa della partecipazione, fin da subito data per scontata, al Film Festival di Berlino. Chiaro che se la farfalla del Trentino si fosse messa in tasca un Orso d’oro, o anche solo d’argento, sarebbe stato un colpaccio. Poi, chiaramente, avremmo dovuto spiegare agli spettatori di mezzo mondo che il Marzemino è un invenzione letteraria: 3,5% della già minuscola produzione trentina (fonte Camera di Commercio, 2010). E avremmo anche dovuto spiegare, sempre ai cinefili affamati di eccellente Marzemino, la ragione per la quale, mentre il film stava sbancando le sale cinematografiche, i padroni della viticoltura trentina esortassero i contadini lagarini ad espiantare il vigneto marzeminico. Niente paura, l’esclusione dalla Berlinale, ci ha tolto a priori da ogni impiccio e da ogni rossore. Nel frattempo, a fine 2012, è arrivato l’ultimo ciack. Ma il film, siamo a marzo, non è ancora uscito nelle sale. O almeno io, e nemmeno la rete, ne abbiamo avuta notizia: felicemente pronto, comunque, a pubblicare una recisa e decisa smentita, qualora arrivi. Si dice, tuttavia, che qualche settimana fa una ristretta cerchia di persone – addetti ai lavori, immagino – abbia avuta la fortuna di partecipare in una sala esclusiva di Trento ad una proiezione riservata della fantomatica pellicola enoica. E si dice anche che qualcuno, tra i fortunati (?) che hanno potuto parteciparvi, ben prima dei titoli di coda abbia scrollato la testa affidando il suo giudizio ad un solo aggettivo: “imbarazzante”. Tutto questo si dice. Quindi anche qui, pronti, e felici, alla smentita. Se arriverà. E però chi in questa operazione eno-politico-cinematografica, che aveva, e che forse ha ancora, l’obiettivo di dissimulare il fallimento delle strategie vitivinicole trentine, ci ha creduto, o ha fatto finta di crederci, non sembra volersi arrendere: svanito il sogno berlinese, ora infatti sventola la bandiera di Cannes (15-24 maggio 2013). Naturalmente, imbarazzi o non imbarazzi, non resta altro da fare che augurarsi che questo avvenga. Ma intanto a me viene da dire solo questo: ‘sti cazzi! E mi perdonino le signore.
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