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Ho deciso di tornarci nel week end più delirante possibile. Fashion week più Milan-Juve più carnevale più forse un capodanno di un qualche sconosciuto paese sudamericano. La follia totale.
Ma c'era il sole, faceva caldo ed io avevo le mie nuove scarpe da inaugurare.
Quindi, andiamo subito al sodo. Domenica pomeriggio, Stiletto Academy.
Arrivare alla location è stato un filino impegnativo. Un filino, eh. La sera prima io, la Snob e Poupette ci accorgiamo che è tipo altrove. Ancora Milano, ma in culo al mondo. Dove sto io, se si parla di quelle distanze, si cambia non solo città, ma anche provincia. Quindi bisognava capire come arrivarci. "Andiamoci col tram". Tempo previsto: 111 minuti, ventordici cambi, ad un certo punto avremmo dovuto anche vendere il nostro corpo, temo. No, non ci siamo. Allora metro + tram + taxi. Spendiamo un milione di euro. Poi, l'illuminazione: è prevista una navetta dalla stazione Certosa. Cerchiamo di arrivare lì, poi sarà tutto in discesa. Ecco, magari non proprio in discesa. Del tipo che siamo rimaste tre quarti d'ora ad aspettare in un posto poco raccomandabile - davanti al ristorante Lo scoglio dei Fratelli Romei (diventati nel frattempo i fratelli Abdul, probabilmente) -, in fervida attesa di una navetta che non arrivava e cercando di convincere Poupette a mostrare la coscia per fermare una macchina a caso.
Ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Siamo arrivate. La Snob l'abbiamo persa subito, perché in qualità di Discepola doveva fare cose, vedere ggente, mettersi la sua maglietta personalizzata.
Io ho iniziato a guardarmi intorno ed era tutto un "Oddio, ma allora sei tu! Sei una persona vera!" "Ma anche tu sei vera! Ohmmioddio!" e via dicendo. Poi, rullo di tamburi e folla in delirio quando è entrata la Zit. Altra mezz'ora almeno a fare le galline nella hall e a iniziare a sentire le prime fitte ai piedi.
Poi siamo entrate in una grande sala e tutto ha avuto inizio.
Spora e Dania, organizzatrici dell'evento, ci hanno spiegato cosa sarebbe successo. Entrambe in tutù e tacchi assurdi.
Così noi ci siamo sparse e alcune hanno iniziato a farsi acconciare i capelli dai parrucchieri, altre a farsi misurare il rank del tacco. Ecco, 'sta storia del rank mi ha deluso. Nel senso che io ero così orgogliosa di aver comprato le mie prime scarpe tacco 12, pensavo sarebbero state valutate con un punteggio alto, invece solo 7,13. E perché? Perché il rank teneva conto non solo dell'altezza del tacco, ma anche della larghezza, del plateau e del numero di piede. Ovviamente tutto ciò è sensato. Se hai un tacco 12, ma il 35, il piede è molto più inclinato del mio che è un fettone 39. Però ci sono rimasta un po' male lo stesso.
Ci siamo trasferite in una sala conferenze dove ci sono stati svelati la storia e i segreti del tacco. Ma soprattutto ci hanno spiegato come bisogna camminare per non sembrare un tirannosauro sui trampoli. Come bisogna fare per camminare sulla ghiaia, come correre se serve, come raccogliere le cose che ci cadono senza sembrare una con la grazia di un camionista sbronzo. Avrei dovuto prendere appunti.
Spora poi, ad un certo punto, si è messa a correre tranquilla su questi tacchi allucinanti; roba che se ci provo io mi devono operare d'urgenza a ginocchia e caviglie.
Siamo tornate al salone principale, ed è stato il mio turno di farmi i capelli. Tutte avevano queste pettinature complicatissime e/o fighissime. Io mi sono seduta e la tipa mi fa: "Beh, ma stai bene con i capelli dritti" sì, ok, ma tu devi farmi lo stesso qualcosa ciccia, son qua apposta. "Ok, allora ti creo un po' di movimento sul davanti, ci penso io". Va bene. Cosa mi ha fatto? Due (2) boccoli, uno a destra, uno a sinistra. Fine. Il resto è rimasto com'era. La solita sfigata.
Momento di panico: "C'è una che ha le scarpe della Ferragni". Spora: "Ditemi subito dov'è che la caccio. La butto fuori."
Gran finale con la sfilata in cui abbiamo cercato di mettere in pratica i suggerimenti che ci avevano dato. Si notavano diversi esemplari di donna: quelle che si vergognavano tantissimo (io, Poupette, Silvia), quelle che hanno direttamente lasciato perdere, quelle tremendamente esibizioniste, quelle che avevano davvero un talento naturale per la camminata sui tacchi (non io).
Consegna dei premi (maledizione a me che non mi sono vestita anni '50), ringraziamenti, applausi, "sì, bravi tutti, ma adesso basta, mi rimetto le mie ballerine che sto morendo".
Morale della favola? Ho deciso che mi metterò i tacchi più spesso. E chi se ne frega se divento un gigante. Anzi, meglio. Me l'ha detto la Spora che posso.
E, ricordatevi:
"I tacchi mettono il culo là dove deve stare: su un piedistallo."(Veronica Webb)
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