Hollywood si è accorta dell’Alzheimer
Storia di una deriva dell’intelletto e dell’essere umano, Still Alice è una pellicola che immortala una Julianne Moore in splendida forma, che si mette alla prova con un’interpretazione complessa e votata alla sottrazione, che aiuta lo spettatore a relazionarsi empaticamente con lei.
Alice Howland è madre, moglie e professoressa di linguistica alla Columbia University. Ma ad Alice viene diagnosticata una forma precoce di Alzheimer, che la costringerà a lottare per non dimenticarsi della persona meravigliosa che è stata.
Quando un prodotto è così fortemente focalizzato su un unico personaggio il rischio è quello di incappare in un’interpretazione esclusiva, di osservare una prova recitativa al di sopra delle aspettative, ma di ritrovarsi a osservare, complessivamente, un prodotto sterile e mal assemblato. Questo è riconducibile al fatto che il regista si concentra unicamente sul far risaltare la brillante stella dell’attore (o attrice) da lui scelto e si dimentica di costruirle attorno un contesto credibile. Tutto ciò non avviene in Still Alice e il primo motivo è il tema trattato, unito all’obiettivo che si prefiggono i due registi Wash Westmoreland e Richard Glatzer. Difatti l’Alzheimer, che sorprende la protagonista e la fa sprofondare in un abisso muto e ingrato, si presta a una focalizzazione personale, soggettiva e drammaticamente dolorosa. E nonostante il contesto (una famiglia presente, ma nella quale covano sopiti egoismi, rivalità e gelosie) non appaia necessario, i due registi lo abbozzano in modo deciso, non vi si soffermano eccessivamente ma solo quel che basta affinché sia d’aiuto alla delineazione di Alice, professoressa universitaria che ha ottenuto, con fatica e sudore, tutto dalla vita.
Still Alice vive e emoziona grazie a Julianne Moore, un’attrice straordinaria che cerca di gestire, di comprendere, di venire a patti e di sottrarsi a un male inesorabile, che sbiadisce la sua immagine e i suoi ricordi. E tutto ciò non passa solamente attraverso le parole, le dimenticanze e gli scatti d’ira, ma soprattutto attraverso uno sguardo smarrito e progressivamente sempre meno vivido. Ed è proprio per questo motivo che i due registi insistono sull’importante ruolo della soggettività sdoppiata, che sfocia in un largo utilizzo di specchi e in due versioni di Alice: quella vera e vitale e quella ormai disgregata dalla malattia.
Still Alice è un film che colpisce duro e che racconta, con lucida convinzione, l’ineluttabilità di un processo degenerativo, che può cancellare la memoria, ma non le emozioni, che sopravvivono lasciando un’impronta indelebile in fondo all’anima.
Uscita al cinema: 22 gennaio 2015
Voto: ***1/2