Magazine Cinema

Still Alice - La Recensione

Creato il 17 ottobre 2014 da Giordano Caputo
Still Alice - La RecensioneOperazioni cinematografiche come "Still Alice" somigliano molto a un modo furbo e intelligente di fare informazione, uno di quelli scorretti per intenderci, tipo specchietto per le allodole. Nella pellicola diretta a quattro mani da Richard Glatzer e Wash Westmoreland si parla infatti di Alzheimer, e se ne parla non con la volontà primaria di utilizzarlo come mezzo per raccontare un personaggio o la sua storia, ma con la sola e unica intenzione di evidenziare gli effetti letali e distruttivi di una malattia tremenda quanto incurabile.
Inutile sottolineare, dunque, lo sconforto e l'angoscia trasmesse sin dalle prime battute da una Julianne Moore come sempre impeccabile, fagocitata quasi immediatamente dal vortice spietato e rapidissimo di una malattia arrivata in età precoce, in una delle sue forme più rare e geneticamente trasmissibile o meno ai suoi figli (già grandi) con il cinquanta per cento delle possibilità. Perché l'impegno di cui si fa carico"Still Alice", che piaccia o meno, sembra voler essere proprio questo. Infatti dopo una prima fase in cui vengono messi in risalto i sintomi, e una seconda poco più lunga di visite e test, il gran blocco successivo si concentra senza distrazioni guardando al peggioramento mentale della protagonista, in costante perdita di ricordi e memoria, diventando lentamente peso e preoccupazione sia diretta che indiretta di tutta la sua famiglia. Glatzer e Westmoreland quindi percorrono in maniera fedele e costante la loro inclinazione, e non ritagliano alcuno spazio per tratteggiare un'immagine più o meno nitida, volta a spiegare chi fosse Alice prima della sua disgrazia (a parte un insegnante, moglie e madre brava e rispettata). A loro infatti interessa puramente il combattimento, la tenacia e l'ostinazione con cui la paziente di riferimento pone resistenza alla sua malattia, pur avendo piena coscienza di poter fare ben poco a suo vantaggio.
Still Alice - La RecensioneNonostante dia l'idea di essere molto impostato, emozionalmente studiato e più bravo a farsi carico del suo racconto clinico che narrativo, "Still Alice" però riesce anche a mettere in piedi un paio di momenti potenti, validi a sfondare il suo vetro artificiale che accompagna e sorveglia la totale operazione. Avere a disposizione un attrice enorme come Julianne Moore ovviamente gli da una gran mano in questo senso, e addirittura, vista la poca robustezza della sceneggiatura, il dubbio che con una maggiore attenzione in fase di scrittura l'attrice statunitense potesse finalizzare la sua interpretazione in maniera indimenticabile, sorge come un ipotesi concreta che va oltre il sospetto soggettivo.
Ma le conseguenze cinematografiche non sono un cruccio importante per Glatzer e Westmoreland, che puntano all'umanità dello spettatore e alla sua sensibilizzazione nei confronti di una malattia che - come dice anche Alice stessa - si spera possa venire curata e salvare le generazioni future, privandole del dolore.
E per quanto il loro tentativo possa sembrare in certi attimi poco leale e ricattatorio, alla fine "Still Alice" al contrario di ciò che racconta, non si dimentica affatto, anzi, resta saldo alla testa, martellando il cervello. 
Trailer:NON DISPONIBILE

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :