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Stinco di maiale marinato alla birra e glassato per il #Calendario del Cibo Italiano
Da LacucinadiqbOggi nel Calendario del Cibo Italiano si festeggia la Giornata Nazionale dedicata al Maiale, ambasciatore ne è l’amico Corrado Tuminelli e ulteriori informazioni nel post ad hoc pubblicato in Aifb, dove troverete anche i link alle ricette partecipanti.
Il Maiale, con licenza parlando, è un animale davvero insostituibile.
Così sostenne nel 1594 Giulio Cesare Croce nel suo “L’eccellenza e il trionfo del porco” , anche in modo profetico, e come dargli torto? Infatti il cavallo è stato sostituito dal treno e dall’automobile, il bue dal trattore ma quale diavoleria 3.0 potrà aiutarci nel confezionare profumati prosciutti, golose bondiole, gaudenti mortadelle?
Si conclude l’anno e per i contadini arriva il tempo di macellare il maiale in quanto solo i ricchi potevano permettersi di far ingrassare il suino fino alla fine di gennaio prima di ucciderlo. Il periodo adatto alla macellazione, quindi, doveva essere freddo ed andava dalla prima settimana di dicembre alla fine del primo mese dell'anno, tranne che nella giornata dedicata a Sant’Antonio abate, per rispetto al santo protettore degli animali domestici. Si tratta di riti che risalgono agli antichi romani i quali, avendo nella quotidianità una dieta frugale prevalentemente vegetale, consideravano le carni suine con molta attenzione e rispetto, un po’ più pragmatici delle popolazioni barbariche, tra le quali il maiale era oggetto di culto e di venerazione. Il Paradiso nei miti germanici, infatti, era un posto dove gli eroi che morivano sui campi di battaglia potevano nutrirsi in eterno delle carni del Grande Maiale, Saehrimnir, una sorta di sorgente inestinguibile di cibo arrostito. Da loro, e prima ancora dagli artigiani etruschi, ha preso forma l'arte della norcineria che ancor oggi riesce a trasformare e valorizzare tutte le parti di cui è composto il suino, con caratterizzazioni regionali così importanti da aver dato vita a ben 21 Dop e 19 Igp.
Nel Veneto il maiale è sempre stato visto con un occhio di riguardo tanto da essere stato riprodotto nella Torre dell’Aquila del Castello del Buonconsiglio di Trento, nel ciclo dei mesi, e nel bellissimo Salone affrescato del Palazzo della Ragione di Padova (vedi foto). Anche in questo caso gli affreschi dedicati al ciclo delle pratiche agrarie mostrano dei norcini intenti a pelare ed a trattare la carne del maiale: l’allevamento di questo animale, infatti, divenne a partire dal Medioevo una risorsa alimentare fondamentale, disponibile anche alle classi più povere.
Nelle campagne della Serenissima il maiale viene ancor oggi chiamato “mas-cio”, che il contadino sceglieva da piccolo, attorno ai 10-15 chillogrammi, verso la fine della primavera, quando gli allevatori facevano il giro delle aie, dopo la messa della domenica, portando sul carro tanti cesti di vimini dai quali sbucavano rosei lattonzoli. Come veniva nutrito? Con quanto proveniva dall’orto e dalla cucina, come scarto, in quanto di avanzi non se producevano proprio! Verso la fine del suo ingrassamento il menù variava in qualità e veniva arricchito di polenta e crusca. I giorni precedenti alla macellazione l’agitazione era palpabile, sia per il duro lavoro che avrebbe aspettato tutti che per la consapevolezza che per qualche tempo si sarebbe mangiato come poi non sarebbe più accaduto. Alla festa partecipavano tutti: il norcino con i suoi strumenti preziosi e la formula del mix di spezie che gelosamente custodiva, le autorità del paese, come il sindaco, il farmacista, il medico condotto e magari il segretario comunale, che poi si sarebbero portati a casa un “ricordino” gastronomico e soprattutto il parroco, grazie al quale, ed all'intercessione divina, tutto sarebbe filato liscio. Tutti insieme al cospetto del re maiale al quale conferire onori e rispetto.
Era una festa anche per i bambini per i quali veniva preparato il “Baldon, così dolze" ovvero il sanguinaccio del maiale cotto con zucchero, uvetta e cedrini e poi rosolato nello strutto. Qualche estroso lo preparava aggiungendo la cioccolata, che nelle campagne avevano imparato a conoscere grazie alle razioni K degli alleati, assieme alla gomma americana ed alla carne in scatola. Ma questa è un’altra storia. Il piatto di oggi è preparato con lo stinco, forse una delle parti del maiale meno pregiate, che viene prima sbollentato e successivamente laccato ed accompagnato con una birra bella corposa, magari appena speziata, come quella usata per la marinatura. Portata: secondo piatto Preparazione: 20’ Marinatura: 12’ Cottura: 2 h + 20-30’ Difficoltà: semplice Stinco di maiale marinato alla birra e glassato Ingredienti (per 4 persone) 2 stinchi medi di maiale 300 ml di birra doppio malto, magari un po’ speziata 1 cucchiaio di salsa di soia 1 cucchiaio di zucchero di canna 1 cucchiaio di ketchup 1 cucchiaio di miele di castagno 1 cipolla - 1 carota - 1 costa di sedano 1 testa d’aglio piccola 1 rametto di rosmarino 3 bacche di ginepro 3 grani di pepe ½ limone sale in fiocchi olio extra vergine di oliva Preparazione Adattare gli stinchi in una casseruola, coprirli d’acqua e farli sobbollire dolcemente per un un paio d’ore. Tagliare a rondelle le carote, a spicchi la cipolla ed a tocchetti il sedano ed unirli in un contenitore in vetro o ceramica con la salsa di soia, lo zucchero di canna e la birra. Coprire con una pellicola alimentare e lasciar marinare in frigo per una notte. Accendere il forno 180°. In una cocotte far rosolare gli stinchi sgocciolati dalla marinata con un paio di cucchiai di olio extra vergine di oliva, dorarli unire il rosmarino, lo spicchio d'aglio, la testa d’aglio, il pepe, le bacche di ginepro e spennellare con il miele mescolato ad un paio di cucchiai d’olio evo e cuocere nel forno caldo per circa 20’-30’ fino a quando saranno bruniti e completamente cotti. Affettare gli stinchi e servirli con un po’ di patate lessate e profumate con del prezzemolo tritato, con crauti già lessati o con del morbido purè. Per saperne di più
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