Stipendi operai per gli archeologi

Creato il 14 maggio 2012 da Brunougolini

L’Italia ha una produzione ricchissima in un particolare settore. Non è quello degli elettrodomestici o delle automobili. È quello dei luoghi archeologici. Sono – tra siti, monumenti e musei – oltre 2.500, ogni anno visitati da oltre 15 milioni di visitatori. Una fonte di cultura ma anche di guadagno, di “profitto” che potrebbe lievitare se fosse curata. Non è così e così capita che i depositari di questa immensa ricchezza italiana, gli archeologi, facciano la fame. L’accorata denuncia è di Astrid D’Eredità, archeologa e appare nel libro Se potessi avere 1000 euro al mese. L’Italia sottopagata di Eleonora Voltolina (Laterza).
Secondo un censimento dell’Ana (Associazione nazionale archeologi) il 74% degli archeologi guadagna meno di 20.000 euro lordi all’anno, mentre solo il 10% riesce a raggiungere livelli di retribuzione tra i 20.000 e i 35.000 euro. Inoltre il 63% lavora meno di sei mesi all’anno. Un lavoro esposto alla precarietà. Il 27% sono partite Iva, il 21% sono co.co.pro, il 14% godono di collaborazioni occasionali.
Anche loro hanno confidato nella riforma Fornero ma sono rimasti delusi. Anche i recenti emendamenti vengono considerati addirittura peggiorativi dall’associazione “20 maggio, flessibilità sicura”. Ad esempio l’aumento al 33% dell’aliquota che pagano i soggetti a partita iva per la pensione è considerato un taglio a stipendi già esegui. Tra le richieste: ammortizzatori davvero universali, indennità di maternità e malattia, formazione e aggiornamento professionale.
Astrid D’Eredità, l’archeologa del libro, quando ha cominciato la sua attività, pensava di avere di fronte un lavoro stabile e gratificante. Dieci anni dopo ha dovuto aprire una partita Iva. Oggi collabora con varie realtà e i contratti, quando ci sono, hanno durate variabili: «da pochi giorni a qualche mese». E osserva: «Io ho sempre cercato di far valere la mia professionalità, ma di fatto un archeologo è visto e considerato al pari di un operaio. Pagato anche meno, talvolta». Oltretutto è denunciato anche un problema drammatico per molti del popolo delle partite Iva ovverosia il ritardo nei pagamenti. Racconta: «Per oltre un anno sono rimasta in attesa che mi venisse corrisposto un onorario: sono riuscita ad ottenere il saldo solo dopo una telefonata del presidente dell’Associazione nazionale archeologi al debitore. Adesso inseguo una ditta tedesca per il saldo di un paio di fatture». Un quadro desolante se si pensa a quegli immensi depositi di ricchezza spesso abbandonati al loro destino. Ha scritto ancora Astrid come si potrebbe dar luogo a un’economia virtuosa «basata proprio sulla cura e la promozione di questo patrimonio, generando un indotto anche in termini occupazionali». Nell’Italia della crisi, alla disperata ricerca di soluzioni innovative qui potremmo scoprire la nostra isola del tesoro. La Germania qui non ci può superare.

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