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Vitalizi, il raggiro dei “moralizzatori”

Creato il 09 maggio 2015 da Albertocapece

Vitalizi, il raggiro dei “moralizzatori”Anna Lombroso per il Simplicissimus

In tempi di crisi gli italiani devono mettere una mano sul cuore e una sul portafoglio. E infatti l’autore di questo appello alla nazione è stato anche l’artefice di quel prelievo forzoso spauracchio dei poveri risparmiatori, non ancora colpiti da quelle ben altre piaghe e iatture che avrebbero dato seguito e più larga applicazione alla misura “inevitabile” imposta da Giuliano Amato, il cui salvadanaio di pensionato è rimasto inviolato a quota 360.000 euro lordi, pari a 12.618, 22 netti mensili, 9 mila dei quali come vitalizio in qualità di  ex parlamentare.

È che mica sono tutti uguali gli italiani, né i loro cuori generosi e tantomeno i loro portafogli. In non sorprendente coincidenza con la  sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il blocco degli adeguamenti pensionistici di circa 5 milioni di pensionati, ma in ancora meno stupefacente prossimità con le elezioni regionali,  è stata approvata la delibera che sospende le pensioni a vita per gli eletti in Parlamento condannati per  crimini di mafia, terrorismo e reati contro la Pubblica amministrazione con pene superiori a 2 anni di reclusione.  E che  nella versione finale del testo, grazie al  compromesso fortemente voluto dal Partito democratico, aumenta  le possibilità di farla franca. Escludendo l’abuso d’ufficio, si prevede la modifica in senso restrittivo per i delitti non colposi da 4 a 6 anni e si inserisce l’edificante principio di riabilitazione, in nome forse di quelle rincuoranti  radici cristiane che predicano perdono, che credono alla redenzione, che promettono salvezza. In questo caso non c’è nemmeno bisogno di pentimento, che a circoscrivere in numero dei colpiti da questa sia pur tardiva misura di moralizzazione, come l’ha definita la presidente Boldrini, ci pensano  lunghezza dei processi e prescrizioni provvidenziali.

Così sono  pochi i sommersi, da cercare col lanternino tra amici e compagni di merenda di picciotti in coppola, perché ci vuol poco a immaginare che per mafia si intenda proprio quella e non quella in guanti gialli della criminalità finanziaria, del gioco d’azzardo nel quale molti esponenti della classe politica hanno investito all’ombra dell’ala protettrice dello Stato, né quella delle banche, o quella della corruzione considerata peccato veniale, vizietto endemico quindi da guardare con pragmatica indulgenza.

E sono invece molti e autorevoli i salvati, di antico conio o più giovani, quelli che hanno attraversato Mani Pulite e oggi sono influenti comparse in veste di politologi in tutti i talkshow o prestigiosi consulenti, quelli arrivati in Parlamento dopo qualche tollerabile scorribanda regionale.

E tutti rivendicano i loro diritti alla pensione, doveroso e legittimo riconoscimento dell’opera prestata in favore e a beneficio della società, quella pensione che, proprio perché non siamo mica tutti uguali, è un reddito differito per tutti, mentre per loro, le loro consorti, i loro eredi, è una regalia che deriva  da un sistema di privilegi che per molta parte è stato abolito,   ma che continuerà a produrre i suoi effetti nel futuro, grazie a emolumenti dei quali beneficeranno quelli che oggi sono almeno sulla sessantina,  mentre gli altri, le persone normali, i comuni mortali,  arrancano verso una pensione sempre più lontana.

“Perbacco, ha esclamato il senatore Sposetti, figurante d’obbligo in molte inchieste, ex tesoriere dei Ds, curatore in questa veste di un immenso patrimonio immobiliare conferito a un numero imprecisato di fondazioni, autodefinitosi “l’agenzia di collocamento degli ex Pci”, non vorremo mica lisciare il pelo all’antipolitica”. Eh si perché quel vitalizio – ma solo per loro, che noi invece siamo soggetti al sistema contributivo introdotto da una riforma che hanno votato con entusiasmo –  deve considerarsi   diritto inalienabile,   “acquisito e maturato con il versamento dei contributi del lavoratore e dell’azienda, un diritto alla sopravvivenza”, insomma un premio di fedeltà alla ditta, il riconoscimento di una rendita di posizione, che non si vuol cedere a nessun costo, che si preserva a costo  della rinuncia non troppo dolorosa a ideali, principi, doveri di rappresentanza, che si cerca di mantenere, duratura e inaccessibile a ricambi che non siano quelli dinastici o interni alle logiche aziendali.

E infatti se ha ben  poco di legittimo la pretesa di considerare i vitalizi come delle pensioni,  quindi come le retribuzioni differite, commisurate alla quantità e qualità del lavoro prestato,  di deputati e senatori,  durante la loro attività di rappresentanti della Nazione, e che prevede appunto la corresponsione di una indennità che “li preservi  dalle ristrettezze economiche”,  lo è ancora meno la permanenza per decenni in Parlamento di preziosi inamovibili, la rivendicazione di godere a un tempo di immunità, benefits, rimborsi, servizi  legati a  un mandato di “pubblico ufficiale”  e le tutele, le ricadute economiche, le prerogative per non dire i lussi di professionisti e manager aziendali.

L’antipolitica è una bestia che fa sempre meno paura, in vista della cancellazione delle elezioni democratiche e dell’annullamento della partecipazione democratica, quando il voto diventa una pratica notarile di conferma, superflua se poi il leader deciso altrove non ne ha nemmeno bisogno. Mentre fa molta più paura la perdita di privilegi che minacciano anche simbolicamente lo stato di superiorità remota e crudele del politico, soggetto a una selezione sempre più affine a quelle del personale, alle regole del marketing e della pubblicità, ma in compenso, e per legge, esentato da quella mobilità, da quella precarizzazione che hanno investito il mondo del lavoro ora che il lavoro è morto. E tra i privilegi che non vogliono mollare c’è quel diritto all’impunità nel cui culto sono cresciuti e alla cui manutenzione si sono dedicati,  tramite leggi ad personam, riforme a consolidamento delle disuguaglianze che attribuiscono loro una iniqua superiorità e intoccabilità, che deve essere sancita anche simbolicamente, a scopo dimostrativo, così che ci siano colpevoli eccellenti, reprobi doc, condannati regali, pensionati d’oro, e giù in fondo tutti gli altri.


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