Ci sono cose che ci prendono impreparati. Inaspettatamente ci fanno star male. Non sono avvenimenti eclatanti. A volte neanche si vedono tanto passano inosservati, eppure lasciano dietro di sé una sottile scia di insofferenza, di inquietudine, di disagio e disorientamento che in modo subdolo si insinua nel nostro sentire. A volte il turbamento non tocca nemmeno la soglia della coscienza e viene banalmente catalogato come stanchezza, ansia, bruciore, stress. Dare un nome al malessere dà sicurezza perchè viene riconosciuto, circoscritto e accettato e perchè, si sa, è di passaggio.
Siamo forti, siamo strutturati per resistere e andare avanti. Ma non siamo macchine. Siamo umani. Le nostre esperienze, i nostri pensieri, le sconfitte, le paure, i fallimenti segnano nel profondo la nostra psiche e il nostro corpo. Pensare che il tempo possa cancellare le lacerazioni subite è un errore e una grande superficialità. I segni resteranno per sempre a evidenziare il nostro valoroso incedere nei sentieri della vita, saranno la testimonianza delle nostre battaglie, delle nostre fatiche e delle nostre conquiste. Sono alleati preziosi perchè ci parlano di noi, ci svelano anche ciò che ci ostiniamo a non vedere e non capire. E poi ci rendono unici e non replicabili.
Questi momenti che tutti abbiamo conosciuto ci fanno reagire nei modi più svariati, spesso i più facili.
Qualcuno scaccia il malessere riempiendo la mente con qualcos’altro…una telefonata, un film, un libro. C’è chi apre il frigorifero o beve o fuma…compensazioni. Altri prendono la bicicletta e pedalano fino allo sfinimento o indossano la tuta e le scarpe da ginnastica e corrono finchè le gambe reggono e il cuore sembra scoppiare nel petto … dove sta un’emozione, non ne sta un’altra.
Qualcuno va a dormire, o piange senza sapere perchè, o prende un Lexotan che tanto male non fa ….