La cresta dello Stol si sviluppa compatta a cavallo tra la valle dell’Isonzo e la zona di Breginj partendo da Caporetto per molti chilometri e ha la sua naturale prosecuzione in Italia, coincidendo con la dorsale del Gran Monte. Più volte osservato dalla cima del Mataiur si presenta come una sorta di confine , una barriera naturale oltre la quale svettano le Alpi Giulie.
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La mattina presto la strada che costeggia il fiume in direzione di Stupizza si snoda ombrosa tra le montagne, mentre un velo di nebbia fumosa prima nasconde poi rivela le acque fredde del Natisone. Appena giri l’angolo della montagna, poco prima del confine, come sempre appare compatta la cresta dello Stol. Un’immagine che inevitabilmente si ripropone dal piccolo paese di Breginj mentre imbocchiamo la strada forestale poco dopo le case museo. Dopo Kred e Sedlo è’ l’ultimo paese delle Alta Val Natisone, sorge praticamente al limite della zona chiamata Kobariski Kot. Un piccolo paese della slavia veneta, la chiesetta di San Nicola, le case nuove e il vecchio nucleo del villaggio, preziosa testimonianza di architettura rurale ormai adibito a monumento culturale.
La strada forestale procede in leggera pendenza, protetta dai raggi del sole da un fitto bosco di abeti. Tralasciando le indicazioni per il Muzec proseguiamo ancora un po’ sulla strada poi si comincia a salire sul serio direttamente nel bosco che pian pianino si trasforma in una splendida faggeta, dove i raggi del sole uniti ad un discreto ritmo fanno sentire piacevolmente il corpo che si risveglia. Ci vuole un’oretta per raggiungere la piccola chiesette di St.Marjeta dove ci fermiamo a tirar fiato.
Poi si ricomincia, il sentiero non molla, sale, esce dal bosco, segue la linea di massima pendenza ripidamente per sbucare sulla cresta un po’ a ovest rispetto alla cima. Nonostante la pendenza, la fatica e il passo abbastanza sostenuto della compagnia odierna, saliamo discretamente, distratti da paesaggi nuovi, stimolati dalla voglia di scoprire cosa ci sarà oltre quella cresta che passo dopo passo si avvicina. C’è qualcosa dietro quella montagna e noi saliamo parafrasando Kipling per scoprirlo.
In corrispondenza di alcuni cartelli incrocio di sentieri in cresta, degli alti mughi per un attimo celano la vista, poi appare improvviso , spicca in tutta la sua imponenza il Canin. Ecco le Babe, Il Kaninski Podi, le creste dell’Alta via Resiana, il Sart. Ma dobbiamo salire ancora, manca poco alla cima, li lo spettacolo sarà completo. Scatto foto, guardo i panorami, nonostante il dislivello superato non sento fatica, stupito ancora una volta dal caos disordinato delle cime innevate delle Giulie Slovene. Ma non solo quelle, lontane appaiono le Dolomiti e le Alpi Carniche, sotto, incise tra le montagne le valli di Uccea e dell’Isonzo.
Ancora una volta per un attimo la sensazione di essere abbracciati dall’infinito, poi raggiungiamo il resto del gruppo, viene il momento del riposo, della condivisione, delle firme sul libro di vetta prima della discesa lungo i prati spruzzati di neve verso la Planina Bozica, di fronte a noi svetta il Monte Nero.
La strada che scende a Sedlo è sufficientemente lunga, questo ci da la possibilità di mescolare la fatica con ebbrezza del lassù, la tranquillità con la consapevolezza di non fermarci che presto sarà buio, il passo veloce con il dolore ai piedi
..... e mentre il sole e il vento calano dietro le montagne l’azzurro e la stanchezza si trasformano nella dolcezza di un tramonto.