Così inizia un romanzo dal destino singolare, pubblicato negli Usa nel 1965 e rimasto ignorato per lungo tempo fino alla ristampa del 2003, che ne ha decretato il successo. Un romanzo stilisticamente impeccabile, una prosa asciutta, essenziale, un intreccio estremamente semplice. Quando si dice che uno scrittore riesce a mescolare sapientemente tutti gli ingredienti fondamentali per scrivere un buon libro... E' strano come, agli occhi di chi legge abitualmente, si possa all'improvviso concretizzare un romanzo nel quale non si sarebbero immaginate due combinazioni così inusuali: il cosa, una vicenda lineare, semplice, e il come, la scrittura lucidissima e coinvolgente di un ottimo scrittore americano. Sì, perché comunemente noi lettori da cosa restiamo affascinati? Senz'altro da un'ottima scrittura ma che narri qualcosa che ha un sapore "epico", che travolga, che lasci senza fiato mentre insegui un intreccio vibrante di carattere. Ebbene, qui lo stile è perfetto e il protagonista è un uomo comune, per molti aspetti perfino banale, un anti-eroe di provincia. Il guscio nel quale Stoner è rinchiuso - dalle convenzioni, da ciò che gli concede l'epoca in cui vive - è questo, ma allora cosa ce lo fa amare visceralmente? Quando ho terminato il libro, commossa e malinconica come tutte le volte in cui si termina un romanzo che non si è saputo lasciare dalla prima all'ultima pagina, mi sono posta questa domanda e ho riflettuto attentamente a riguardo. Non posso che dire: il come. Il come è il colpo di genio.
Questa prosa piana, sapientemente costruita senza nulla di eccedente, ogni virgola al proprio posto (ovviamente anche grazie a una traduzione ottimale dall'originale), un intreccio in cui si "fotografa" la realtà al punto che si possono "udire i silenzi" fra i pensieri del protagonista, un ritratto che prende forma tassello a tassello, lo spaccato della società americana di provincia, gli obblighi, le aspettative sociali, il suo destino che scorre inesorabile verso una sola domanda: cosa ti aspettavi?
La biblioteca dell'Università del Missouri
Stoner è un giovane contadino che si iscrive all'università per diventare agronomo, così vuole il padre assieme al quale lavora la terra, ma resta folgorato dai versi di un sonetto di Shakespeare, e ciò gli cambia totalmente la vita, portandolo a modificare il corso di studi e laurearsi da brillante studente al quale sorride una carriera universitaria. Stoner abbraccerà gli studi al punto da essere poi valente ricercatore, ottimo insegnante, popolare e stimato dagli studenti. Le basi su cui getta i suoi passi futuri sono salde, gli studi sono un rifugio, un alveo caldo che lo accoglie costantemente e lo salva dalle sue scelte sbagliate al di fuori di quel mondo rassicurante. Sì, perché Stoner è sensibile, è riservato, non ha molta fiducia in se stesso, sceglie la donna che non può renderlo felice, diventa padre di una bambina che sorride raramente, ama riamato la donna che non può amare, viene colpito dalla scure della competizione fra colleghi, invecchia e muore solo, mentre una malattia devastante forma nella sua coscienza decine di visioni che sono il prodotto del suo vissuto. Scrive bene Peter Cameron nella postfazione: possiamo perdonare a Stoner molte cose e molte altre solo rimproverargli. Si esce da un romanzo come questo con disapprovazione per le tante occasioni perdute dal protagonista, consapevoli che quel suo destino avrebbe potuto prendere direzioni differenti se avesse avuto carattere, ma non si può fare a meno di volergli bene, perché questo anti-eroe non fa che restare fedele a se stesso, al mondo nel quale è stato educato, a ciò che il tempo in cui vive si aspetta da lui. Su tutto, l'amore viscerale di Stoner per gli studi, l'approfondimento, l'insegnamento, ce lo rendono amabile e un modello al quale guardare con ammirazione e spirito di emulazione. Stoner sa che i grandi scrittori, i poeti, i classici così come i moderni, hanno posseduto verità che egli cerca costantemente di raggiungere, e fino alla fine tenterà di carpirne il segreto.Percepiva la logica della grammatica e gli sembrava di cogliere il modo in cui scaturisce da se stessa, permeando il linguaggio e sostenendo il pensiero umano. Nei semplici esercizi di composizione che preparava per gli studenti coglieva le potenzialità della prosa e la sua bellezza, e non vedeva l'ora di trasmettere ai suoi allievi il senso di quelle scoperte.
Lo avete letto? Se non lo avete ancora fatto, sappiate che non può mancare fra i vostri libri.