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STOP: continuate così e arriveremo a migliaia a Roma…- II parte
Creato il 03 giugno 2010 da SulromanzoDisobbedienza civile e l'io
Il post del 27 maggio è stato letto centinaia di volte – i dati statistici a testimoniarlo –, circa una trentina i commenti, meno coloro che hanno scritto di volere partecipare, di tentare una primissima organizzazione. L’esperimento è stato illuminante e deludente. Illuminante perché i titoli dei post mutano la percezione dei contenuti (sarebbe curioso sapere quanti fra i lettori sono giunti davvero fino all’ultima parola del post); deludente perché l’aggregazione in Italia ha perso il sapore della sfida, ha perso le scintille d’un tempo, tutto è divenuto più debole, ammorbato direi.
Ora, consapevoli che un blog è un blog, che un post è un post, è curioso notare come la percentuale di chi metterebbe la faccia per tentare un’azione forte sia risibile. Insignificante direi. L’intento del post non era portarvi dentro la Camera dei Deputati (confesso che io partirei domattina se fossimo in qualche migliaia di folli), ma farvi riflettere su quanto non poche persone si siano oramai rassegnate allo statu quo. «Sei pazzo?», «Che cavolate stai dicendo!», ecc. Ecco le reazioni, fra lo stupore e il sarcasmo, si butta in ridere, ci si consola nel ridere. Qualcuno mi ha pure parlato di “apologia di reato”, ritenendo la dichiarazione pubblica un tentativo di organizzazione di sommossa popolare. Quando Bossi minaccia di prendere mano ai fucili e di scendere a Roma oppure altre intenzioni simili, con o senza fucili, no, quello è concesso, come è ovvio.
“…la disobbedienza civile è un atto pubblico. Essa non soltanto si indirizza a principi pubblici, ma si compie in pubblico. Ci si impegna in essa in modo evidente e dandone regolare avviso; essa non è né segreta né riservata. […] la disobbedienza civile è non violenta. Essa tenta di non ricorrere all’uso della violenza, in particolar modo contro le persone, non a causa di un rifiuto di principio dell’uso della forza, ma per il significato profondo della stessa azione”. Una teoria della giustizia, John Rawls
La profondità di un’azione politica deve di necessità contemplare la non violenza, non tolstoianamente parlando, bensì rifacendosi al gandhismo, cioè una resistenza attiva. Ecco il nodo: cosa è attivo oggi di fronte al contesto italiano? I più avrebbero la sentenza pronta: il nulla. Il nulla. Certo. La domanda più corretta è la seguente: tu, cioè tu che stai leggendo adesso, sei attivo di fronte al contesto italiano? Ti alzi, lavori, difendi e nutri la tua famiglia, benissimo, non può e non deve essere altro, ma che cosa fai per la società? Risponditi.
Domani riprendo il discorso, questa era soltanto l’introduzione. Perché dalla letteratura si può imparare tanto per rapportarci alla società in modo attivo.
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