Magazine Diario personale

Storia della bambina perduta (#Amica geniale)

Creato il 06 marzo 2015 da Povna @povna

La quarta e ultima puntata dell’Amica geniale, uscita a ottobre 2014, si avvale di tutti i vantaggi di una pubblicazione seriale in piena regola e dunque gioca, prevedibilmente, con gli artifici di prassi: necessità di riannodare i vari fili della trama per poi scioglierli, fidelizzazione e suspence e gioco con le attese del lettore. Ma il modulo di esordio resta ovviamente lo stesso: i primi due capitoli riportano il fuoco narrativo sul presente, e sulle considerazioni del rapporto tra il narratore e Lila. Si parla della difficoltà che fa seguito alla liaison tra Nino e Lenù (che conclude, come si è visto, il volume terzo) e poi si aggiungono (nel capitolo 2) le consuete considerazioni meta-narrative. “Scrivo da troppo tempo e sono stanca, è sempre più difficile tener teso il filo del racconto dentro il caos degli anni, degli eventi piccoli e grandi, degli umori”, dichiara Elena, per poi perdersi in riflessioni sulla (parziale) coincidenza delle due protagoniste: in qualche modo, si suggerisce, se scrivere dell’una è anche scrivere del’altra, questa stessa equazione si può anche riportare, simmetrica, sulle rispettive vite. “Ora che sono vicina al punto più doloroso della nostra storia, voglio cercare sulla pagina un equilibrio tra me e lei che nella vita non sono riuscita a trovare nemmeno tra me e me”, conclude la voce narrante di questa introduzione, per poi rigettarsi a capofitto nell’unico atto che permette a Lenù di costruirsi un senso: riavvolgere cioè, narrando, i fili delicati della trama.
Scorre il racconto del primo periodo come compagna di Nino, che si rivela amante passionale, ma insieme sempre sfuggente, incapace di dare al rapporto con Elena tutto se stesso, di scegliere, di incasellarsi: se infatti Lenù ha lasciato senza esitazione per Nino il marito e (per un certo periodo) anche le figlie, ben presto scoprirà (e il lettore con lei) che il suo innamorato si è ben guardato, invece, di porre la parola fine al suo matrimonio (che gli consente, tra l’altro, di godere di una serie di vantaggi lavorativi non indifferenti). Ma in generale, quello che propone il quarto volume (ancora una volta, perfettamente in linea con la seconda metà del II atto della Meglio Gioventù) è soprattutto un’accelerata brusca della componente romanzesca. E’ qui che il modello dell’immaginazione melodrammatica rivela in filigrana tutto il suo influsso sulla scrittura della Ferrante: ci sono ritorni improvvisi, incontri, colpi di scena più o meno prevedibili (ma anche pagine di storia sociale, pur declinate, secondo il modello di Giordana, seguendo il filo delle singole esistenze: dal terremoto del 1980 alle guerre di Camorra); e, ancora una volta, una città e un luogo sembrano riattirare perversamente i personaggi con la loro forza centripeta: rispettivamente, Napoli e il rione. Nel rione ritorna Lila, con Enzo e Gennaro, come si era già anticipato; ma il vero colpo di di testa lo compie Elena che, per stare vicino a Nino (che non lascia la famiglia) – ma anche per ritornare vicino a Lila, si suggerisce nemmeno troppo sotto traccia – sceglie di tornare a Napoli, con le bambine. Dapprima nei quartieri bene (dai quali compie parecchie incursioni nella dimensione popolare della vita rionale di Lila, che è poi quella della sua formazione e dell’infanzia), poi direttamente accanto a Lila, come vicina del piano di sopra, durante la Maturità (questo il sottotitolo dell’ultima parte), il legame tra le due amiche-siamesi si riafferma; un vincolo che è reso più forte dalla comune gravidanza, che le vede aspettare il terzo figlio (sarà per tutte e due una femmina) in parallelo. Tina e Imma (figlie, rispettivamente, di Lila e Enzo e Nino e Lenù) crescono all’inizio anche loro come sorelle, ciascuna dotata in maniera differente, ma senza (all’apparenza) particolari intoppi; l’unico dettaglio importante diventa, in realtà, la fine della storia di Elena con Nino, che sempre più si afferma prima come un caricaturale amante faunesco, incapace di contenersi nelle proprie scorribande amorose e, conseguentemente, come cinico persecutore del proprio interesse (“socialista” conclamato là dove nei primi romanzi lo era solo ante litteram), politico e intellettuale. Poi c’è il rione, la guerra di Lila contro la camorra dei soliti Solara e Carracci. E poi la svolta; perché bisognerà pur dare un senso, alla “bambina perduta” del titolo (è proprio per questo, sia detto tra parentesi, che in una serie del genere non ha senso lamentarsi in maniera preventiva di eventuali spoiler, perché l’autrice gioca consapevolmente, in maniera del tutto postmoderna, con ogni clichés del genere, e si aspetta dunque che i colpi di scena siano bravamente anticipati dal lettore). Ed è così che in un giorno di fiera (uno dei pochi nei quali Nino rende a Imma e Lenù una delle sue visite da padre assente), al rione basta un attimo di distrazione, e Tina sparisce. E ogni tentativo di ritrovarla sarà vano. Con questo ultimo botto (annunciato fin dal titolo), il romanzo arriva all’ultimo quarto: Lenù decide infine di lasciare il rione (per Torino – da dove sta scrivendo), le figlie grandi vanno in America dal padre, le vite delle due amiche si separano nuovamente. Fino al tempo presente, e alla scomparsa di Lila, dalla quale tutta la narrazione, per ritrovarla, ha avuto inizio. Il romanzo si chiude, come annunciato, su se stesso: raccontare storie (di bugia, di verità? ma la fiction, si sa, è sempre menzogna) serve a creare legami; e, proprio per questo, forse, anche a Elena per ricostruire la storia dell’amica geniale (e chi è chi? e come? e quanto?), per ritrovare Lila e ritrovarsi. Ed è proprio sul potere della parola e della fiction che si chiude, con un ultimo colpo di scena (che la ‘povna questa volta lascia sospeso) questa fluviale scommessa di narrazione.

(per il venerdì del libro)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :