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Storia di un altro “romanzo criminale”

Creato il 29 maggio 2011 da Marco4pres

Sottotitolo:

Mi sono fatto da solo..anche casa mia!

Storia di un altro “romanzo criminale”Si chiama Beatrice Rangoni Machiavelli e racconta all’Unità la sua versione della storia del passaggio della villa di Arcore e dei terreni su cui è stata costruita Milano 2. Un racconto, secondo lei, fatto di truffe, doppi giochi e minacce in cui, alla fine, la villa e i terreni della famiglia Casati Stampa di Soncino finiscono al giovane e rampante imprenditore milanese Silvio Berlusconi. La Rangoni Machiavelli è la cognata di Annamaria Casati Stampa, la giovane che eredita il patrimonio dopo la tragica morte di suo padre e che, ancora minorenne, perde la villa di Arcore per 500 milioni di lire. Ma a far gridare alla truffa la donna non è tanto il prezzo quanto il modo in cui è avvenuta la transazione.

Un racconto, quello della donna, in cui non mancano le accuse: la più diretta è quella al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accusato di essere autore di “un doppio raggiro”. Poi c’è l’avvocato Cesare Previti che, divenuto curatore degli interessi della giovane, secondo la Mangoni Machiavelli ha finito per fare solo quelli di Berlusconi. Nell’intervista compare anche Vittorio Mangano lo stalliere condannato per mafia definito “eroe” da Marcello Dell’Utri. Mangano  si sarebbe presentato con il fucile spianato al fratello delle Rangoni Machiavelli andato ad Arcore per sistemare una questione relativa alla proprietà di alcuni quadri.

La storia inizia nel 1970, con un tragico omicidio-suicidio. Ricorda la Rangoni Machiavelli: “Annamaria arriva a Fiumicino da un viaggio con alcuni amici. Chiama il padre, il marchese Camillo che dopo la morte della mamma di Annamaria si era sposato con Anna Fallarino, per farsi venire a prendere. Camillo la rassicura ma le dice restare ancora qualche giorno con gli amici. Il marchese in realtà, depresso e in pessimi rapporti con la signora Fallarino, aveva già pianificato di suicidarsi. Solo che nelle stesse ore in quella casa arrivano la moglie e il suo amante Massimo Minorenti, lo ricattano, gli chiedono un miliardo di lire per ritirare alcune foto compromettenti già consegnate ai giornali. Lui perde la testa, ammazza e si ammazza. Fu Annamaria a dover riconoscere i corpi sfigurati del padre e della matrigna. Del caso parlò tutta Italia, per mesi. Potete immaginare lo choc di quella ragazza”.

Resta il fatto che la giovane rimane orfana e titolare di un patrimonio enorme  e, come accade in questi casi, immediatamente conteso. In ballo, scrive l’autrice dell’intervista, Claudia Fusani, entra subito l’avvocato Cesare Previti, che, spiega la Rangoni Machiavelli: “ha una relazione con la sorella di Anna Fallarino. La prima cosa che fa è cercare di dimostrare che la famiglia Fallarino è l’unica erede del patrimonio Casati Stampa perchè la donna è morta dopo il marito. L’autopsia gli dà torto: la giovane e minorenne Annamaria è l’unica erede. Il padre, Camillo, è morto due minuti e trenta secondi dopo”.

Previti, però, prosegue la nobile, diventa comunque il curatore dei beni di Annamaria insieme ad un altro avvocato, Giorgio Bergamasco. “Qui – denuncia la Rangoni Machiavelli – comincia il raggiro. La ragazza non ha soldi, non ha potere di firma e ogni decisione è delegata a Bergamasco-Previti. Fatto sta che un giorno, siamo nel 1973, Previti dice ad Annamaria: “Ma come sei fortunata, c’è un certo Berlusconi che vuole comprare, 500 milioni…”. Annamaria replica che è un po’ poco, e Previti la rassicura: “Mavalà, in fondo gli diamo solo la villa nuda, la cappella e un po’ di giardino intorno…”. Previti lascia intendere che arredi, pinacoteche, biblioteche, il parco, tutto sarebbe rimasto a lei mentre invece stava vendendo tutto”.

Poco dopo la ragazza, appena maggiorenne se ne va in Brasile e si sposa, con l’intenzione di iniziare una vita nuova. La cognata, però, non molla ed è decisa a tutto per avere la revoca dell’incarico di curatore dei beni a Previti. Dopo la partenza di Annamaria, racconta, “il curatore ha campo libero. Io me ne accorgo solo nel 1980, dopo che è stata completata la vendita di villa San Martino. Avverto Previti che avrei raccontato tutto a Annamaria. Lui mi risponde, ancora lo ricordo, che mai sarei riuscita a portare un pezzo di carta ad Annamaria in Brasile con delle prove. Invece ce l’ho fatta: avevo nascosto il dossier con la documentazione in un biliardino. Ricordo anche che a Fiumicino ci perquisirono con molta accuratezza. Per andare in Brasile, strano no…”.

Alla fine la Rangoni Machiavelli ottiene le procure ma la sua battaglia è tutt’altro che finita. Ed entra in scena anche lo stalliere ‘eroe’ Mangano: “Abbiamo provato negli anni a riprendere almeno qualche quadro, un Annigoni, ad esempio. Mio fratello andò di persona ad Arcore, fu la volta che si trovò davanti Mangano con tanto di fucile. Berlusconi ci chiese quanto volevamo per venderlo a lui. Ma noi non volevamo venderlo. Non ce l’ha mai reso. Così come le 14 stazioni della via Crucis di Bernardino Luini, nella cappella di famiglia”.

Alla fine la donna racconta di Annamaria, disinteressata alla storia del patrimonio di famiglia e sbotta:  “Non ne vuole sapere più nulla e nessuno ha mai pensato che potesse essere risarcita. Io però continuo da allora la mia battaglia a tutti i livelli perché credo sia giusto che si conosca la qualità delle persone che ci governano. Sotto il profilo penale, purtroppo, non è mai stato possibile fare nulla”.

Articolo del quotidiano on-line Bliz 

(16 Agosto 2010)



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