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Storia di una fotografia: la minigonna di Cartier-Bresson

Creato il 28 agosto 2011 da Masedomani @ma_se_domani

Tempo fa, qualche mente brillante cercò di compilare un software che fosse in grado di riconoscere una bella fotografia. Naturalmente, la fredda combinazione binaria di 0 e 1 subì le pernacchie degli appassionati, ed una volta messo online in formato accessibile da Internet seguirono altri strali: in realtà, il software in questione si limitava a considerare aspetti puramente compositivi (diagonali, regola dei terzi, cornici e via dicendo), così come vengono insegnati nei corsi di fotografia. Opportunamente, mi viene da aggiungere: una certa educazione ai principi compositivi è fondamentale. Il punto è che non esaurisce minimamente le componenti che contribuiscono a rendere una immagine indimenticabile.

L’elemento in più, quello che nessun software sarà mai in grado di decriptare, è “la storia”: un’ottima fotografia comunica qualcosa, produce pensiero, racconta una situazione cogliendo quell’attimo irripetibile eternabile solo con il clic di un otturatore.

La fotografia su cui ci soffermiamo oggi racconta senza alcun dubbio una storia.

L’autore non ha bisogno di presentazione, perchè siamo al cospetto di un magnifico b/n di Henry Cartier Bresson. L’anno è il 1969: al cinema esce Easy Rider, Samuel Beckett viene insignito del Nobel per la Letteratura, Felice Gimondi vince il Giro d’Italia e Gheddafi prende il potere in Libia.

Soprattutto, da qualche anno il mondo della moda e del costume più in generale è stato sconvolto dall’apparizione di un capo rivoluzionario: Wikipedia la definisce ” un tipo di gonna con l’orlo inferiore che arriva molto sopra le ginocchia (lunghezza variabile a seconda dei modelli, nei primi 10/15 cm o più sopra la linea delle ginocchia, successivamente anche più corti), mostrando quindi parte della coscia.“.

Henry Cartier Bresson, Caffè parigino, 1969

Già, la minigonna. E lì che sembra cadere lo sguardo dell’anziana, inappuntabile nel suo completo con cappello, e dotata di sguardo che racconta di un mondo che sta cambiando in maniera repentina, un mondo in cui una donna può scoprire le gambe, abbandonarsi un po’ scompostamente sulla sedia, appoggiare  (persino!) il quotidiano sul tavolino.

Composizione perfetta, occhio curioso e velocità di esecuzione, una storia da raccontare: il mix per una fotografia da ricordare è servito!

 

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