Liesel Meminger ha solo 10 anni quando arriva al civico 33 della Himmelstrasse, via del Paradiso.
Non vi dirò dove sono il fratellino di 6 anni e la mamma. Sappiate solo che ad accoglierla c’era tanta neve sulla strada, una signora acida e un uomo buono come il pane. Poi una parola senza significato, per lei: comunista. Capirà dopo chi indicava e perché tutto è cominciato.
Tiene stretto un libro, il primo bottino di una serie di furti che la renderanno la ladra di libri.
Il narratore che ci accompagna nel romanzo non ha voce umana, ma è a strettissimo contatto con gli esseri umani, ne conosce ogni aspetto, soprattutto il momento più significativo della loro esistenza, diciamo quello finale.
Le oltre 500 pagine (s)corrono come un treno sui binari. Più che azioni raccontano atmosfere, gesti, significati reconditi, segreti, intenzioni, stati d’animo, paure. Mentre l’indice le gira, può capitare di trovarsi tra le dita un po’ di neve avanzata dal pupazzo realizzato in cantina per Max. Una volta ho dovuto pulire una macchia di fango, perché Rudy era caduto per terra proprio vicino a me.
Una sera ho dovuto concentrarmi per ascoltare la voce di Liesel che leggeva in un rifugio, per sovrastare il fracasso dei bombardamenti. Come lei, anch’io mi sono addormentata dopo aver ascoltato la fisarmonica. Mi sono introdotta con lei nella biblioteca della moglie del sindaco, ho accarezzato l’orsacchiotto del suo migliore amico. Ho toccato una nuvola anch’io. E alla fine, ho abbracciato forte la ladra di libri, mentre si aggirava tra le macerie.
Ho ingoiato le ultime 100 pagine per riuscire ad andare al cinema entro il limite che mi ero data. Sono scivolate come pezzi di un ghiacciolo, ma in fondo al cuore non hanno lasciato alcuna sensazione di freddo, anzi, il calore di una vita lunga e piena di ricordi e incontri.
Così, mentre facevo la fila per il biglietto, sfogliavo le immagini e i colori del romanzo. Tanti colori, del mondo di fuori e di quello delle emozioni, soprattutto. La trasposizione cinematografica ha colto i dettagli più importanti, non sempre con fedeltà, ma c’hanno provato. Geoffry Rush non era il Papà che mi aspettavo, ma ha fatto bene la sua parte. Mamma doveva essere un po’ più brontolona. Sophie Nélisse è stata straordinaria, come Ben Schnetzer. Avrei gradito, però, una voce narrante femminile, l’avevo immaginata così.
L’eterna diatriba romanzo-film si conclude a favore della finzione letteraria, che vive di sussulti, introspezioni, particolari. In questo libro non ci sono azioni vere e proprie da inscenare, sono i moti dell’anima i protagonisti, l’amicizia, l’amore pulito tra duevicinidicasa-miglioriamici-innamoratinondichiarati e tra due genitori adottivi e una perfetta sconosciuta, l’umanità contro la cancellazione della dignità di persone.
Markus Zusak è un gran scrittore. Lo stile è insolito, la voce narrante ironica quanto concreta, la tecnica di scrittura tiene desta l’attenzione e coinvolge il lettore.
Se avete visto solo il film, correte a leggere il libro. Se l’avete già fatto, andate a cinema per un confronto.
Susanna Maria de Candia
Markus Zusak, Storia di una ladra di libri, Frassinelli, pp. 563, 16,90 euro.