“Nel tono leggero, fantastico, giocoso, Chamisso seppe racchiudere una riflessione densa di implicazioni. La grandezza di un testo come Peter Schlemihl appunto nella sua capacità di ricondurre quesiti esistenziali tanto disparati e complessi, alla nitida forma di una favola”, così Valerio Magrelli descrive con chiarezza il romanzo di Chamisso, e non posso che sottoscrivere tale pensiero.
Peter Schlemihl è un protagonista a cui ci si affeziona, provando per lui la stessa compassione che sentiremmo per noi stessi, se piombassimo improvvisamente nei sui panni. Von Chamisso, scrittore e botanico vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo, era un francese trapiantato in Germania, status che lo ha sempre portato a soffrire, a sentirsi senza identità, quasi indegno di un’ombra: egli scrisse questa storia nel 1813, in un periodo in cui sentiva forte la mancanza di qualcosa che lo legasse al terreno straniero che calpestava ogni giorno; Adelbert decise, così, di dar vita ad un alter ego letterario, ricorrendo all’espediente delle epistole inviategli dal protagonista, per strutturare una cornice che rendesse la storia verosimile, anzi, no: quantomeno in bilico fra realtà e favola. Il suo “amico” Peter Schlemihl gli “narra”, allora, di come vendette la sua ombra ad un diavolo in grigio e di come, da quel momento in poi, la sua vita divenne triste, ma, forse, in seguito, anche l’unica vita in cui sia possibile essere felici. Amalgamate tutti questi elementi, posizionateli in una regione indefinita e legateli con una scrittura che appare modernissima (resa purissima dall’impeccabile forma del classico per eccelenza). Vi piacerà. Ad un certo Luigi Pirandello, “qualche tempo” dopo, piacque molto.
Glenda Gurrado
Adelbert Von Chamisso, Storia straordinaria di Peter Schlemihl, Garzanti, 124 pp., euro 8,50