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Storico, personale, confuso

Creato il 04 gennaio 2022 da Annalife @Annalisa
Deludente

Premetto che so di quanto il libro sia stato apprezzato, considerato fondamentale, ben fatto, per molti innovativo, eccetera. Perciò quelle che seguono sono (conviene sottolinearlo, stavolta) soltanto le mie impressioni alla lettura, niente di più.

Il libro scruta nelle pieghe della guerra civile spagnola mentre racconta la storia di Rafael Sànchez Mazas, ideologo della falange e scrittore, e del suo essere scampato all’uccisione da parte di un gruppo di repubblicani.

Il come e il perché sia scampato preferisco non raccontarlo, perché in fondo è questa la trama del libro: capire il come e il perché di un avvenimento apparentemente marginale all’interno della guerra civile spagnola (per noi, di solito, la guerra di Spagna). Talmente marginale che i nomi dei singoli partecipanti sono spesso nascosti, dimenticati, ignorati come è successo, appunto, per i tanti soldati che combatterono contro i persiani a Salamina quasi cinquecento anni prima di Cristo. Così, se di quella lontana battaglia possiamo citare Dario, Serse, Temistocle e pochi altri, lo stesso avviene per la guerra civile spagnola, durante la quale molti dei partecipanti non protagonisti sono stati e saranno ignorati dalla storia.

È anche in questa prospettiva che l’autore cerca di ricostruire il fatt(erell)o di cui parlavo all’inizio e, a dire la verità, la pletora di nomi che butta nelle pagine è in effetti risuonata (per me) come se leggessi della battaglia di Salamina: per questo dopo un po’ ho perso il conto di chi era chi, chi il figlio, chi il padre, chi da una parte, chi dall’altra, tanto che Rafael Sànchez Mazas, Rafael Sànchez Ferlosio, Josè Antonio Primo de Rivera, Corpus Barga, Carles Riba (per limitarmi alle primissime pagine e ad alcuni che non ricompariranno più) mi sono suonati come se leggessi di Euribiade, Mardonio, Ecateo, Cleomene. Allo stesso modo, il santuario di Collell nei pressi di Banyoles, Torre de Castañer, Cornellà de Terri, l’Hotel Majestic e il Paseo de Sant Gervais potevano tranquillamente essere sostituiti dal golfo Saronico, il capo Artemisio, Platea o Micale.

Se vi sto confondendo e imbottendovi di nomi, ecco, è quello che ho provato io leggendo e districandomi tra precisazioni inutili come quel “grazie a un amico, o meglio a un’amica di un amico che si era occupata di…” ecc.).
Sicché, da un certo punto in poi, ho cercato di abbandonarmi semplicemente a quanto andava accadendo via via, e che in sostanza è il racconto delle ricerche del protagonista, lo stesso autore, nel tentativo di ricostruire i fatti come sono realmente accaduti, trovando i testimoni e i figuranti. Ho considerato con superficialità, lo ammetto, le varie qualifiche o l’inquadramento politico dei personaggi, contentandomi genericamente di porli di qua o di là, visto che anche la terminologia usata è sovrabbondante o ridondante: nella stessa pagina si parla di falangisti, miliziani, franchisti, repubblicani, nazionalisti, eccetera, così che o il lettore è esperto della guerra civile spagnola, o si perde.

Il fatto è che Javier Cercas, nel tentativo di convincerci del suo riscatto letterario, butta nel calderone delle pagine un po’ di tutto: le sue sconfitte personali, professionali e le sue lamentele; ragionamenti avvitati intorno alla letteratura, alla scrittura, agli scrittori; abbandoni e riprese, articoli, lettere dei lettori, malintesi, appuntamenti più o meno mancati ma comunque descritti nei minimi particolari, risate nervose fatte scoprendo i denti (“bianchi e irregolari”), i municipi e la Generalità mescolati a entrecôte e coniglio…
Sì, sto un po’ esagerando, ma per me è stato, per dirla con le parole dell’autore: “un tira e molla da sfinimento”.

Eppure la storia c’era, anche se minima, e poteva dare origine a un appassionante ritratto di almeno un protagonista, e viene invece liquidata in poche righe, perché ciò che importa all’autore è spiegare, raccontare, fare l’esegesi di come lui sia riuscito a ripercorrere i fatti, a trovare (forse) i testimoni, a ricomporre il puzzle attraverso una meticolosa indagine retrospettiva, a ottenere suggerimenti e massime di vita dai suoi interlocutori.
Perciò, se leggete che ci sono riflessioni sulla vita la scrittura la letteratura l’eroismo lo spirito di sacrificio, è vero, ma il tutto è affogato in una compiaciuta analisi del suo operato, che solo nella terza parte del libro lascia spazio alla figura di un vecchio soldato repubblicano che potrebbe essere uno dei protagonisti del fatto indagato fin dall’inizio. Potrebbe, perché di sicuro non si saprà (se anche è lui l’eroe, vuole rimanere anonimo come un soldato di Salamina).
E dunque lo scrittore protagonista, nella sua ricerca di chiarimenti e soluzione certa, trova solo altri interrogativi. Ma questo, alla fine, è forse il tratto più interessante del libro.

Così, anche se l’autore torna a raccontare nei dettagli come e quando e perché ha trovato il vecchio soldato (su suggerimento del grande scrittore Bolaño, che qui fa un’interessante comparsata), anche se il racconto si perde ancora tra congetture, smentite, racconti contraddittori, almeno un personaggio si salva, e non importa se non è lui l’eroe, perché fa perdonare i salti confusi tra ricostruzione storica e romanzamento di eventi, e il percorso circolare ma spesso caotico tra ferite nazionali ancora aperte e crisi personale.

(un plauso alla copertina, così evidentemente di Robert Capa da valere il libro; e uno anche al traduttore, il sempre bravissimo Pino Cacucci, al quale rimprovero soltanto un congiuntivo perduto nei meandri della storia, ahimè).


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