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Storie d’amore: odi et poco amo

Creato il 03 settembre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna
Storie d’amore: odi et poco amo

Esempio di scrittore di polizieschi d’amore appena uscito dall’accademia di Amici.

Un po’ di sano rant tanto per inaugurare la fine dell’estate e l’inizio di questo settembre che per Scrittevolmente potrebbe significare molto.
Sto scrivendo questo articolo un po’ per sfogo, e anche perché sento di doverlo dire: basta con le storie d’amore dove non servono a un piffero. Sul serio.
Sono stanca, ne ho le tasche piene di leggere un giallo, un thriller, un fantasy, uno young adult, uno storico, un qualsiasi fottutissimo romanzo, e ritrovarmi tra capo e collo una storia d’amore che non c’entra una beata mazza col resto della trama, perché ammettiamolo: la stragrande maggioranza degli autori e delle autrici inserisce l’elemento amore solo per attirare un pubblico femminile alla ricerca della soddisfazione emotiva personale. Beh, io non sono così frustrata da cercarla in ogni dove, tantomeno in un romanzo dove squartano le persone e mi piacerebbe che l’attenzione sia volta alle indagini, non al detective che perde la testa per la fanciulla/inquirente di turno.

Sia chiaro, facciamo qualche precisazione.
Quando la storia d’amore è il perno del romanzo allora è accettabile, perché ovviamente è intorno alla relazione dei protagonisti che si intreccia l’intera trama, e da lì si possono sviluppare mille variabili che, se l’autore è bravo, si rivelano imprevedibili e possono rendere il romanzo un vero capolavoro che toglie il fiato e che spinge a leggerlo avidamente pagina dopo pagina.
Altresì una storia d’amore si rivela perfetta quando è realistica.

Trovo banale, avvilente e frustrante che in quasi ogni romanzo che io prenda in mano, accanto alla trama principale c’è la solita storiellina d’amore in cui il/la protagonista cerca l’amore come se fosse l’obiettivo della sua vita, come se la sua esistenza non avesse altra funzione che trovarsi un partner, l’altra parte della mela con cui fare coppia e vivere per sempre felici e contenti. Perdonatemi, ma io non lo trovo romantico, trovo solo squallido che un essere umano dotato di una media intelligenza non abbia niente di meglio da fare nella vita che struggersi per qualcun altro al fine di conquistarlo, o farsi conquistare.
Ecco, quando la storia d’amore è forzata, come nell’80% dei casi, la storia principale perde mordente e originalità, diventando dozzinale e noiosa, visto che la solfa a lungo andare stanca.
In un fantasy abbiamo un eroina forte, valorosa e coraggiosa, che guarda caso alla fine della saga troverà la sua anima gemella e i due coroneranno il loro sogno d’amore vivendo al castello e con un nugolo di marmocchi.
In un giallo abbiamo un ispettore corrucciato e dal passato oscuro che cerca un assassino, e nel mentre incontrerà inevitabilmente una donna fatale che riuscirà a fare breccia nel suo cuore di pietra e riuscirà persino a portarselo all’altare.
In un romanzo non di genere – ovvero di normale narrativa – possiamo avere un protagonista deluso dalla vita che sta cercando se stesso attraverso un viaggio in Venezuela, e che succede? Trova l’amore e improvvisamente la sua depressione cronica si trasforma in felicità.
Per favore.

Per intenderci, il problema non è la storia d’amore in sé, ma il fatto che sia stereotipata, che non ci sia nulla di nuovo, che sia sempre la stessa che viene reiterata in una sequela infinita di romanzi, senza fantasia e con un lieto fine smielato con tanto di frase ad effetto che dovrebbe far esclamare “Awwwww” alle lettrici pure di cuore.
Spesso e volentieri il rapporto d’amore inserito perché l’autore/autrice ha deciso così suona falso come una banconota da tre euro. Lo si riconosce facilmente perché, semplicemente, quell’amore non sviene spiegato: i protagonisti si incontrano, si parlano un po’, si innamorano, e il pretesto è il colpo di fulmine, l’affinità emotiva, e un’altra serie di bei cliché che fanno tanto comodo a chi ha scarsa inventiva.
Io abbatterei a prescindere chiunque creda che l’amore dei romanzi si possa giustificare così facilmente.
L’amore è un sentimento forte, trascinante, potente, intenso; è vero, può scaturire anche in poco tempo, ed è anche vero che una sola occhiata può far nascere qualcosa tra due persone, ma santo cielo, un minimo di introspezione psicologica per illustrarlo al lettore che non ha certo la mappa della trama fissata in testa. Non mi basta che l’autrice mi dica che tra lui e lei c’è un amore che trascende lo spazio e il tempo, non mi basta che mi vengano a dire che lei è così indifesa e lui sente l’innato istinto di proteggerla, questi sono solo pretesti.
Uno scrittore che merita di essere definito tale sa gestire una vera storia d’amore, sa tenderne i fili con la giusta costanza, a piccole dosi, con delicatezza e senza esagerazioni, andando di pari passo con gli avvenimento e con l’evoluzione psicologica dei personaggi stessi.

Storie d’amore: odi et poco amo

Esempio di autrice di romanzi altamente psicologici d’amore.

Qualche esempio: la modernissima trilogia di Fifty Shades, in cui lei è una Mary Sue abbastanza stordita (ammettiamolo) e lui è un individuo con serissimi problemi mentali, e si ritrovano avvinghiati in una passione travolgente (toh, un cliché) che farà coronare il tutto con la nascita di due bambini. Oh, non riesco a trattenere le lacrime dall’emozione.
Oppure in Io sono Heathcliff, in cui l’autrice ci giustifica l’amore che sboccia tra i due detestabili protagonisti col fatto che sono la reincarnazione di Heathcliff e Catherine. Comodo scaricare la colpa di questo scempio sulla Brontë che non può neanche difendersi.

Altro appunto da far notare a scrittori e scrittrici col pallino dell’ammmmore: il finale. Adesso vi darò una notizia che probabilmente sconvolgerà profondamente il vostro cuore, ma non posso proprio esimermi dal farlo.
Le storie d’amore, nella realtà, non finiscono sempre bene.
Nella vita reale ci si lascia, si divorzia, lei o lui non corrispondono l’amore, lei o lui magari sono degli opportunisti, degli ipocriti, dei violenti, perdono interesse, si litiga, ci si molla, e ci si abbandona. Per sempre.
E che nessuno mi venga a dire “Il bello dei libro è proprio che si può avere il lieto fine!!11oneone11!!”, perché sticazzi.
Se volete leggere una storia melensa e drammatica che però finisca sempre bene, allora compratevi la serie completa degli Harmony e smettetela di maltrattare la narrativa che dovrebbe richiedere un numero a minimo due cifre di neuroni per essere letta.

Quindi, signori e signore non solo di ultima generazione ma anche di penultima, terzultima e via risalendo, usate qualcosa che dovreste avere: la fantasia.
Se volete scrivere d’amore fatelo, ma fatelo bene.
Se non siete in grado di articolare una relazione credibile, con dei personaggi di spessore e veri, e non siete nemmeno capaci di delineare una storia senza per forza infilarci qualche elemento di pura mediocrità che il mondo ha ormai già visto troppe volte, ho solo una cosa da dirvi.
Non. Fate. Gli. Scrittori.


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