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Storie della mia gente di Edoardo Nesi

Da Leragazze

Storie della mia gente di Edoardo NesiQuesta estate, anche grazie alla complicità di un’insonnia saltuaria, sono riuscita a leggere un po’ di libri. La maggior parte belli (e certo, erano suggerimenti del mio guru Laura!) ma non vi parlerò di questi. Almeno non ora.

Quello che vorrei fare piuttosto è mettervi in guardia da un titolo in particolare che mi ha prestato (mio malgrado) una vicina di ombrellone. A lei oltretutto non era nemmeno piaciuto, ma voleva assolutamente il mio parere (e chi sono? Corrado Augias?)

Si tratta del libro che ha vinto il Premio Strega di quest’anno: “Storie della mia gente” di Edoardo Nesi (Bompiani, 161 pagine, 14 € da risparmiare).

Non avevo mai sentito nominare l’autore prima.

Apprendo, leggendo, che costui è il rampollo di una famiglia di industriali tessili di Prato costretta nel 2004 a cedere l’azienda, e con questa sua “opera” vorrebbe raccontarci la sua storia e quella della sua famiglia. L’unico pregio del libro è la sua brevità. Brevità che gli ha permesso di raccontarci dei suoi familiari in maniera del tutto superficiale senza approfondirne caratteristiche e peculiarità. Personaggi senza carattere, banali, solo appena accennati. L’unico del quale invece si capisce bene di che pasta sia fatto è l’autore stesso: ragazzo di buona famiglia con alle spalle un’azienda già ben avviata (dal nonno e poi dal padre e lo zio); abituato alle vacanze studio (e cazzeggio) nelle università americane, ammette di non aver mai dimostrato il coraggio di rimanere a studiare lì anche per le sessioni invernali. Ci tiene molto a dirci che legge in inglese e che va in vacanza a Forte dei Marmi (insomma un tipo da prendere a sberle!)

Lavorava nell’azienda di famiglia e contemporaneamente esercitava la sua attività di scrittore sul luogo di lavoro “sotto lo sguardo benevolo dello zio“. [Col cavolo che il mio capo mi guardere bbe con occhio benevolo se mi facessi i fatti miei durante l'orario di lavoro! Ma questi evidentemente sono benefit riservati ai figli di papà!]

L’unico capitolo forse interessante, ma che l’autore non riesce comunque ad approfondire, riguarda l’arrivo in massa dei cinesi a Prato, che, sottoponendo i lavoratori connazionali a orari da schiavi e paghe da fame hanno fatto (e non solo in quel settore) concorrenza sleale alle industrie e alle aziende italiane, molte, per questo, costrette a chiudere i battenti.

Non si capisce se il libro intende essere un saggio, un romanzo o un diario. Per me è un collage scollato estremamente autoreferenziale e assolutamente inutile. Come può aver vinto il Premio Strega? Lo scopriamo proprio durante la lettura quando Nesi stesso, parlando di una volta in cui fu finalista al Premio Strega senza averlo vinto scrive:

“Nel 2005 sono stato candidato al Premio Strega. O forse è stato candidato “L’età dell’oro”, non ho mai capito come funziona. Me lo dissero tutti, fin dal primo momento, che non avrei vinto. Era l’anno in cui lo Strega l’avrebbe vinto Maurizio Maggiani – lo dicevano anche i giornali. E infatti vinse Maggiani.”

Come ad ammettere che si tratta di un concorso letterario pilotato e predefinito. Insomma una vera garanzia per i lettori!



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