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Storie di camorra: quando il calciatore premiò il boss Raffaele Cutolo

Creato il 14 ottobre 2015 da Vesuviolive

Raffaele-Cutolo-camorra

Tanti sono gli episodi legati alla camorra e al suo potere che è in grado di mettere in ginocchio chiunque, compresi personaggi noti che hanno messo a repentaglio la loro carriera per riverire un boss.

Siamo nel 1981, proprio in questo anno il boss di Ottaviano Raffaele Cutolo è stato il protagonista di una vicenda legata al mondo dello sport. E’ l’anno in cui il presidente dell’Avellino Antonio Sibilia e il suo attaccante Jorge dos Santos Filho, detto “Juary”, diventano gli autori di una “premiazione inaspettata”.

Juary Jorge dos Santos Filho

Juary Jorge dos Santos Filho

Juary, arrivato in Italia nel 1980, è un calciatore sudamericano che riesce a conquistare la fiducia della propria squadra e dei tifosi segnando un discreto numero di gol. In breve tempo diventa noto anche per il suo modo di esultare: un giro attorno alla bandierina del calcio d’angolo. La sua carriera spicca il volo ma un giorno il presidente Sibilia decide di coinvolgerlo in un’iniziativa che all’epoca ha fatto molto discutere.

Antonio Sibilia

Antonio Sibilia

Juary all’oscuro di tutto viene trascinato in tribunale dove ad attenderlo in un gabbiotto c’è l’imputato Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata. E’ proprio a Cutolo che è destinata una medaglia, forse d’oro, con su stampato un lupo, il simbolo dell’Avellino. Quella medaglia gli viene consegnata dall’ignaro calciatore sudamericano. Un omaggio che alimenta nuovi sospetti su Sibilia, il quale in passato era stato indicato come contiguo alla NCO.

Il presidente dell’Avellino poco dopo spiega che quella medaglia rappresenta un semplice ringraziamento alla persona che gli ha evitato di subire rapine e di impedire alle Brigate Rosse di compiere un attentato allo stadio di Avellino. Il processo per quel gesto discutibile si chiude dunque senza conseguenze poiché riconosciuto come un gesto di gratitudine.

Luigi Necco

Luigi Necco

Il 29 novembre dello stesso anno, in occasione della partita Avellino-Cesena, il giornalista sportivo Luigi Necco viene gambizzato all’uscita del ristorante dov’è solito pranzare prima del match. Soltanto dopo qualche mese Necco riconosce il presunto autore della gambizzazione grazie ad una foto che gli viene mostrata dagli investigatori. Si tratta di Antonio Schirato, il quale viene assolto da questo episodio per insufficienza di prove.

Lo stesso giornalista riesce a ricostruire il movente di quell’agguato che aveva a che fare con il mondo del calcio. “All’epoca, nei miei servizi, – ha dichiarato nel 2006 in un’intervista a “La questione napoletana” – affermavo che la squadra di calcio irpina era guidata grazie a qualche affare poco lecito. Un giorno riuscii, addirittura, a realizzare sei servizi su questo argomento. Allora gli interessati andarono da Cutolo, gli portarono Juary e anche una medaglia d’oro”.

Ad inviare gli uomini per l’agguato fu Enzo Casillo, detto “O Nirone”, che cercò di acquistare peso nell’organizzazione di Cutolo. Nonostante il violento episodio, il giornalista continuò senza timore a fare il commento delle partite dell’Avellino: “Il mio mestiere è questo. Inoltre, mi vantano di essere l’unico uomo a saper trasformare il piombo in oro. Sa prchè? Perché mi diedero una medaglia d’oro per testimoniare l’amicizia di Avellino”.

Fonte: “101 storie di camorra che non ti hanno mai raccontato” di Bruno De Stefano


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