Questa volta tocca a Ambrose Bierce e a La fuga, tratto da I racconti dell'oltretomba: breve raccolta a cui sono tanto affezionata da averla comprata, di recente, anche in ebook, per portarmela sempre dietro - nel lettore - e averla sempre a portata di mano mentre smanetto al computer. È stata una delle mie primissime antologie sui fantasmi: avrò avuto un quattordici anni ed era estate, alla casa al mare dei miei zii, di sera; leggevo, mentre le zanzare mi dissanguavano.
La fuga è uno dei racconti più brevi in I racconti dell'oltretomba. Magari non è il più bello, ma è uno di quelli che rileggo più spesso. Sarà che adoro questa frase: "Orrin Brower non ebbe
altre curiosità".
* * *
Dato che aveva ucciso suo cognato, Orrin Brower, originario
del Kentucky, si era dato alla fuga. Era scappato dalla prigione
della Contea nella quale era stato confinato in attesa
del processo, dopo aver abbattuto il carceriere con la sbarra
di ferro: gli aveva rubato le chiavi e, aperta la porta esterna,
era uscito nella notte. Poiché il carceriere era disarmato, Brower
non aveva un'arma con la quale difendere la libertà da
poco recuperata.
Non appena fuori dalla città, aveva avuto la cattiva idea di
entrare nella foresta.
Questo accadde molti anni fa, quando quella regione era
più selvaggia di quanto non lo sia ora.
La notte era abbastanza buia, non erano visibili né la luna
né le stelle e, siccome Brower non aveva mai abitato da quelle
parti e non sapeva nulla della configurazione del terreno, non
ci volle molto perché si perdesse. Non riusciva a dire se si era
allontanato dalla città o se stava avvicinandosi: il problema
era molto importante per lui. Sapeva che, in ogni caso, una
squadra di cittadini armati con una muta di segugi sarebbero
presto stati sulle sue tracce, e le sue possibilità di fuga erano
molto esigue; ma non aveva intenzione di assistere al proprio
inseguimento. Anche un'ora in più di libertà valeva la pena di
essere vissuta.
Improvvisamente, uscì dalla foresta su una vecchia strada,
e lì davanti a lui vide, confusamente, la figura di un uomo,
immobile nell'oscurità. Era troppo tardi per scappare: il fuggitivo
sentì che al primo movimento verso il bosco sarebbe
stato, come spiegò in seguito, «riempito di pallettoni». Così i
due rimasero lì immobili simili ad alberi, Brower quasi soffocato
dall'attività del suo cuore, l'altro... le emozioni dell'altro
non sono indicate.
Un attimo dopo, poteva esser stata un'ora, la luna scivolò
in uno squarcio di cielo senza nubi e l'uomo braccato vide
l'incarnazione visibile della Legge sollevare un braccio ed indicare
significativamente verso di lui ed oltre. Comprese.
Voltò la schiena al suo inseguitore, e camminò obbedientemente
nella direzione indicata, non guardando né a destra né
a sinistra, osando a malapena respirare, con la testa e la schiena
che gli dolevano per l'impressione di aver ricevuto una
scarica di pallettoni.
Brower era tanto un criminale coraggioso quanto uno che
vive solo per essere impiccato. Questo risultava dall'enorme
rischio personale che aveva corso quando aveva ucciso freddamente
suo cognato. È inutile raccontarlo qui; le circostanze
erano venute fuori al processo, e l'ostentazione della sua
calma nel confutarle era arrivata quasi a salvargli il collo.
Ma, cosa volete?... Quando un uomo coraggioso è sconfitto,
si sottomette.
Così i due proseguirono il loro viaggio verso la prigione
lungo la vecchia strada attraverso il bosco. Solo una volta
Brower si arrischiò a voltare la testa: guardò indietro appena
una volta, mentre lui era in ombra e sapeva che l'altro era illuminato
dalla luna. L'uomo che l'aveva catturato era Burton
Duff, il carceriere, bianco come la morte, e portava sulla
fronte il segno della sbarra di ferro. Orrin Brower non ebbe
altre curiosità.
Finalmente entrarono nella città, che era tutta illuminata,
ma deserta; erano rimaste solo le donne e i bambini, ma non
erano per strada. Il criminale si diresse direttamente verso la
prigione. Andò direttamente all'entrata principale, portò la
mano alla maniglia della pesante porta di ferro, l'aprì senza
aver avuto alcun ordine, entrò, e si trovò alla presenza di una
mezza dozzina di uomini armati. Allora si voltò: nessun altro
entrò dopo di lui.
Sul tavolo nel corridoio giaceva il cadavere di Burton
Duff.