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Pietro: "nomen est omen".
E mai come in questo caso è proprio vero che il nome è un presagio: perchè Pietro, l'ultimo scalpellino corenese, forse il più bravo, ha associato la sua vita alla pietra che ha lavorato per una vita.
Buona parte della sua esistenza, nei fatti, l'ha passata seduto per terra, a scalpellare i blocchetti di pietra per farne macère, i caratteristici muri a secco, costruiti solo con cubetti di pietra locale, smussati a colpi di mazzuola e scalpello, e messi uno sull'altro senza malta o altri collanti artificiali.
Lui, che non era certo un omaccione, tutt'altro - era corto, smilzo e nervoso - con l'esperienza aveva sviluppato una tecnica sopraffina: riusciva a individuare ad occhio il punto esatto dove abbattere il colpo di mazzuola per togliere l'eccesso di calcare e squadrare perfettamente il blocchetto che reggeva tra le ginocchia ossute.
Dalla piattezza, dalla geometria e dall'angolo della pietra dipendevano, non solo l'estetica, ma anche la saldezza e la robustezza della macèra.
Se erano state fatte a regola d'arte, e quelle di Zi Petrucciu lo erano, le macère sarebbero state così resistenti da stare in piedi per i secoli e i millenni a venire.
La leggenda narra che, quando il dio Saturno fu spodestato dal figlio Giove, scappò dall'Olimpo e fu costretto all'esilio in Ausonia (l'antica Italia), si nascose nel Lazio (dal latino: latere, appunto, nascondere).
Accolto amichevolmente dal dio Giano, solidale con lui, avrebbe fondato le città mitologiche saturnie.
Insegnò l'agricoltura alle genti del luogo.
Generò il primo re del Lazio: Pico.
Altro nome molto noto in Ciociaria: è il nome di un paese, il paese natale del grande scrittore Tommaso Landolfi.
E, per fare un affronto al figlio, usurpatore di troni divini, avrebbe anche svelato agli antichi abitanti della Ciociaria Felix il segreto della costruzione delle mura ciclopiche o pelasgiche che sorgono solo in Ciociaria e nell'Alta Terra di Lavoro.
"Le vedo ancora le sue macere di pietra a segnare i confini delle proprietà - fuori del centro abitato e anche dentro. Appena spaccate, le pietre sono di un bianco abbagliante, quasi lunare; poi, col tempo, diventano grigie - per accompagnarsi meglio alla tristezza del paesaggio circostante." (dal libro di SMR: "Le stagioni della lattaia", presentazione dell'autore)
Ora che anche gli ultimissimi scalpellini - colleghi di Zì Petrucciu - che lavoravano per hobby e non per soldi, se ne sono andati, c'è un altro modo per fare i muri a secco: è stato brevettato da una società, che tra i suoi innovativi prodotti annovera trionfalmente i cd QUBA STONES (detti anche ...gabbioni): pietre informi raccolte ed infilate in una gabbia di rete metallica sigillata maglia per maglia.
Ma i Quba Stones sono tutta un'altra cosa, rispetto alle macère di Zì Petrucciu.
La pietra è la stessa, e anche la funzione.
Ma manca il suono ritmato della mazzuola che si abbatte sul masso, manca la fatica umana, manca la polvere da respirare e, soprattutto, manca la ...poesia.
Non so se Zi Petrucciu abbia appreso la sua arte dal dio Saturno: quello che è certo è che se l'è portata dietro, con se, nell'Olimpo degli scalpellioni.
...Se esiste davvero.
smr
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