Principessa scriveva molto bene e sapeva come fare sua ogni lettera. Ci attaccava petali, ci faceva i disegni con la sabbia che fissava con lo scotch. Solo lei sapeva usare lo scotch in modo da farlo sembrare una cosa bella. e lo era per davvero. Ritagliava piccoli pezzi di stoffa e ci formava singole lettere che metteva insieme per formare sorrisi e battiti di cuore.
Principessa nel suo vocabolario ora aveva aggiunto qualche yarrr ed il Pirata aveva imparato a baciare le mani senza appoggiarci le labbra. tranne che con PrinciPeach. Continuavano a migliorarsi a vicenda.
Le traversate in cerca di bottini e nuove mappe del tesoro, a volte duravano più del necessario, ma mai il tempo sufficiente per far sbuffare di noia o di stanchezza anche soltanto un individuo della ciurma.
Quando Pirata riceveva una lettera, se ne accorgevano tutti, anche se lui non diceva niente a nessuno. Era più forte, più sorridente ed anche più scemo e tutto l’equipaggio lo prendeva amichevolmente in giro cantando e battendo le mani. Spesso Pirata accompagnava i cori con la sua fisarmonica e nascevano canzoni d’amore e di sorrisi e di pirati. Il pirata più pancione di tutti inventava danze accattivanti che tutti studiavano e subito dopo ripetevano alla perfezione.
Spesso, alle suonate, si aggiungevano man mano strumentisti improvvisati o anche molto bravi. suonatori di pentole, suonatori di ramazze, suonatori di casse di pesce e di barattoli di pomodori, suonatori di collane di conchiglie e suonatori di mestoli e cucchiai, con tanto di certificato dell’accademia dei suoni del galeone. C’era anche uno scricchiolatore molto famoso a bordo. Ogni volta, i vari ensamble formati, prendevano nomi diversi, a seconda dell’azzurro del cielo, a seconda del gonfiore delle vele, a seconda dei salti dei delfini.
Musicavano fino a che ne avevano voglia e ci passavano i pomeriggi o le notti. Capitava che continuavano anche una volta scesi sulle spiagge ed addentrandosi nelle foreste ed arrampicandosi sugli alberi e sui costoni e ciondolandosi con le liane ed il volume aumentava, spesso anche il ritmo, se la strada seguita trovava corrispondenze con le indicazioni delle mappe disegnate.
Il capitano una volta aveva sognato in dormiveglia e gli era venuto in mente di disegnare una mappa. a casaccio. come gli sarebbe piaciuto fosse stata una mappa. si è inventato due o tre correnti del mare, si è inventato le isole da circumnavigare per arrivare a quella esatta, erano tre. si è inventato una spiaggia che da una parte dell’isola era gialla e dall’altra bianca. si è inventato un bananeto con al centro sette palme di cocco, si è inventato una tigre che non era affamata e non era cattiva, si è inventato un masso da sollevare, si è inventato una grotta con dentro i cristalli che coloravano tutto lo spazio raggiungibile dai raggi del sole e dai riflessi dell’acqua dolce. si è inventato un laghetto sottoterra di acqua non fredda e a due metri di profondità si è inventato un cunicolo lungo poche bracciate a rana, che portava ad un prato circondato da roccioni molto alti confinanti solo con l’aria aperta, il cui unico passaggio era il percorso fatto in precedenza. Il prato era abbastanza grande da farci stare un salice con tutto lo spazio che gli serve per crescere quanto gli pare a lui. ed ai piedi dell’albero uno scrigno, quattro scrigni, sette scrigni, dodici scrigni, tutti gli scrigni necessari per farne avere uno a pirata.
Tutta la ciurma aveva piena fiducia nel capitano e nei suoi sogni. e pur sapendo che tutto era inventato, hanno intrapreso il viaggio. trovando ogni corrispondenza immaginata.
(continua)