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“Storie di una città” di A.M. Smith, I. Rankin, I. Welsh

Creato il 11 settembre 2010 da Sulromanzo
“Storie di una città” di A.M. Smith, I. Rankin, I. WelshDi Anna Fioravanti
Alexander McCall Smith, Ian Rankin, Irvine Welsh (introduzione di J.K. Rowling, traduzione di Massimo Bocchiola e Giovanni Garbellini)
OneCity Trust è un ente benefico nato nel 1998 che affronta il problema delle disuguaglianze sociali, e dell’emarginazione, nella città di Edinburgo. La fondazione cerca di coinvolgere, e sensibilizzare, tutti i cittadini e di trovare soluzioni concrete ed efficaci anche attraverso progetti quali “Storie di una città”, un libricino di appena 122 pagine nelle quali tre importanti scrittori scozzesi raccontano la loro idea di emarginazione.
Per esempio, Alexander McCall Smith, che narra un momento della vita di un ragazzo indiano appena trasferitosi ad Edinburgo per collaborare con un importante professore universitario. È lontano da casa, vittima della sua solitudine che combatte cercando di fare amicizia con una vicina di casa. È uno straniero, che osserva questo ‘nuovo mondo’ con ammirazione e raziocinio tanto che molti dei suoi commenti sul mondo che lo circonda, anche quelli che in apparenza sembrano ‘scontati’ e ‘banali’, sono ‘universali’: a pronunciarli potrebbe essere chiunque.
È questo, io credo, l’aspetto più interessante dei tre racconti: l’emarginazione e la diversità non sono stereotipate, costrette in un’etichetta specifica (quella di straniero, per esempio) ma appaiono piuttosto come una semplice manifestazione di ‘alterità’. Sono tutti “altro da me” e, di conseguenza, sono io “altro da tutti”: osservo gli altri ed imparo qualcosa di me. Questa è una tecnica narrativa da sempre molto usata ed apprezzata. Per esempio, nelle opere di Swift.
È un libro piccolo, dicevo, e leggero – ideale anche per gli ossessionati del bagaglio a mano –, un libro che mi auguro leggiate con lo stesso piacere che ho provato io. Magari lo farete al mare, mentre prendete il sole o durante un lungo viaggio. È un libro del quale vorrei raccontarvi la trama e condividere con voi le “scoperte della rilettura” (concedetemi l’espressione), ma l’ultimo dei tre racconti, quello di Irvine Welsh, per esempio, è lungo una ventina di pagine, troppo poche, ed intense, per essere imbrigliate in poche righe. O forse dovrei almeno spiegarvi che si parla di una tigre fuggita al suo padrone che infonde terrore in un quartiere della città uccidendo prima un cane, il Ross, e poi la sua padrona Mrs Jardine. Sarebbe abbastanza per convincervi a leggere “Storie di una città”?
O forse dovrei raccontarvi la trama di “L’ora dello spettacolo” (Ian Rankin) il cui protagonista è emarginato perché senzatetto e decide, pensando così di poter capovolgere la sua condizione (e, quasi, raggiungere l’immortalità), di ‘trasformarsi’ in mago ed illusionista. Ha un passato glorioso – forse troppo per essere vero? – ed un pubblico che “indossa l’abito delle grandi occasioni, o lo smoking, pronto a farsi intrattenere”. Ma forse non è lui che aspettano perché il presentatore ha sbagliato il suo nome.
Queste storie vi daranno molto su cui riflettere, e vi incanteranno, come gli spettatori di uno spettacolo di magia. Esiste la magia? Forse sì e forse… “il massimo che ogni mago può desiderare [è] diventare famoso. Creare scompiglio. Essere ricordato.” Proprio come Harry Potter la cui autrice, J.K. Rowling, partecipa al progetto e introduce questi racconti spiegando la sua esperienza di emarginazione e disagio. Un’esperienza forte e dolorosa, vissuta in prima persona, che l’ha portata, nel 1993, a trasferirsi ad Edinburgo quando era “coperta di neve”. È passato tanto tempo da allora. La vita della Rowling è cambiata, migliorata anche grazie al successo della saga, e quella che, all’inizio, era una città come tante altre oggi è “la mia casa, fa parte di me”.
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