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Storie particolari dei parenti dei 33 minatori sepolti in cile. tra speranze e superstizioni

Creato il 06 settembre 2010 da Madyur

Una vecchia superstizione cilena impedisce alle donne di avvicinarsi ad una miniera. Il mito sostiene che se si avvicina o peggio scende nella miniera , questa si secca. Le vene aurifere o di rame scompaiono , i minatori perdono la fonte del loro lavoro e della sopravvivenza delle loro famiglie.

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Le donne sorridono di questa superstizione, anche se sono poche le donne che vengono assunte dalle grandi compagnie di estrazione che operano nei ricchi giacimenti del Nord del Cile. Ne sorridono un po’ meno , le donne che ogni mattina aspettano l’autobus dell’esercito che da Copiapò le porta , per 50 Km, fino alla miniera di San Josè. Sono le donne dei minatori sepolti nella miniera in Cile. Sono le parenti dei “33” che come racconta una sorella di un minatore sono gli anni di Cristo quindi una sorta di resurrezione, quella dei loro cari intrappolati nelle gallerie sotto terra.

Da quando è iniziato il supplizio, i taxi chiedono fino a 100 dollari per andata e ritorno, quindi le donne si sono organizzate. Il Comune ha messo in piedi questo pullman militare, sempre pieno, per i familiari più stretti. Gli altri salgono con le proprie auto. Una processione, che ogni giorno, va e torna.

Jorge ha il padre nella miniera. Studia ingegneria all’Università di Copiapò e il suo destino , come moltissimi qui, è la miniera. Magari non come operaio a 800 dollari al mese come il padre. Nella regione mineraria di Atacama si estrae il 40% di tutto il rame che esporta il Cile : 40 miliardi di dollari l’anno. “Lo sapevamo tutti a Copiapò che quella di San Josè era la miniera più pericolosa di tutta la zona. Scherzando la chiamavano Groviera pensando a tutte le gallerie scavate nella montagna in cent’anni” ci dice. “Gli altri minatori lo chiamavano il Matadero (Il Macello) e quali che ci andavo a lavorare erano chiamati kamikaze” aggiunge.

Insomma quei 33 uomini intrappolati sapevano cosa andavano incontro, non è stato incidente, era nell’ordine delle cose, prevedibilissimo. Prima o poi Groviera si sarebbe accasciata su se stessa.

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Ora il numero 33 di quei minatori piace. “Porterà fortuna” dicono. Le storie sono tante, ma due quelle emblematiche. Prima quella del minatore numero 34 , Alejandro Valeria, il ragazzo che si è licenziato la mattina del fattaccio. Se non lo avesse fatto sarebbe sceso insieme a tutti gli altri e ora intrappolato. E quella dell’autista del camion che è uscito dalla miniera mentre crollava. Ha visto la polvere nel retrovisore e ha spinto l’acceleratore.

Sul pullman le donne cominciano a lamentarsi delle tv locali “Da oggi basta interviste solo se ce le pagano cash” e ride. L’autobus è un microcosmo di avventure personali. Ci sono i parenti i un minatore sepolto, Raul Bustos, famoso per la sua doppia tragedia: sei mesi fa perse ogni cosa nel terremoto di Talcahuano , nel su del paese, dove lavorava in una acciaieria. Ci sono i parenti di Ariel, che non compare mai nei video dalla miniera.

Nel viaggio le donne si scambiano notizie , impressioni. Parlano delle informazioni sulle fasi del recupero e quello che sanno dei loro cari. Sembra che vogliono conservare un filo di solidarietà comune.


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