Tredici morti sono il bilancio attuale dell’ennesimo massacro accaduto in una scuola degli Stati Uniti.
Questa volta la follia si è consumata a Roseburg, nell’Oregon, verso le 10.30 di mattina. Un ventiseienne, Chris Harper, è giunto nel College di Umpqua e ha iniziato a sparare.
La prima chiamata al 9-1-1, il numero per le emergenze statunitense, è stata ricevuta alle 10.38. Chris Harper è entrato a scuola ed ha tirato dritto verso la stanza 15, nella quale veniva svolta una lezione di Inglese.
Le forze di polizia sono intervenute in tempo di record, ma non è bastato per prevenire la strage. Dopo aver ingaggiato un conflitto a fuoco con loro, l’assalitore è morto, mentre non si registra neppure alcun ferimento tra i poliziotti. Non è ancora del tutto chiaro se la morte del cosiddetto “gunman” sia da imputarsi ad un colpo fortunato della polizia o se sia dovuta, come spesso accade in questi casi, alla scelta di suicidarsi da parte dello stesso soggetto. Infatti, egli vestiva un giubbotto antiproiettile, e aveva abbastanza munizioni per poter sparare ancora a lungo.
Il colpevole
L’assalitore aveva problemi emozionali e di apprendimento, tanto che, nella sua gioventù, fu costretto a frequentare scuole particolari – dalle quali comunque prese titoli senza gravi difficoltà.
Come buona parte degli individui del mondo civilizzato, disturbati e non, frequentava internet, e tanto è bastato per far partire dai media tradizionali la solita crociata nei confronti della Rete adducendo motivazioni folli su quanto sia pericoloso l’anonimato e su quanto si rischi a frequentare certi ambienti, come se internet fosse uno strumento di lavaggio del cervello e che la pazzia di quest’uomo non fosse invece da imputarsi ad una situazione familiare disastrosa, ad un’educazione sbagliata e a un sistema di gestione delle armi da fuoco – quello americano – veramente folle.
L’ultimo di una lunga serie
Obama, che non è il Presidente che gli Americani meritano, ma forse è quello di cui hanno bisogno, ha dichiarato che le preghiere e i pensieri che vengono rivolti alle famiglie e alle vittime colpite dal massacro “non faranno nulla per prevenire questo massacro dall’essere inflitto, un domani, in qualche altro posto in America, tra settimane o mesi”, e ha pienamente ragione.
Si registrano infatti sul territorio americano una quantità di quelli che vengono definiti “school shootings”, o sparatorie nei luoghi di educazione, veramente senza ritegno: basta fare un giro sulla pagina wikipedia sull’argomento per rendersi conto di come, già solo nel 2015, questo è il ventesimo caso di qualcuno che, armato, va in un luogo in cui si educano le persone e spara, cagionando il ferimento o la morte delle stesse.
Certo, non tutte le sparatorie sono altrettanto gravi, e questa di certo del 2015 è la peggiore, e come numero di morti anzi la seconda peggiore in assoluto degli anni 2010-2015, ma può essere legittimamente messa in relazione con la sparatoria di Santa Barbara, che causò 7 morti, dell’anno scorso, o con quella di Marysville, dell’ottobre 2014, che diede 5 morti; o ancora con Sandy Hook, fine 2012, 28 morti, e così via.
Armi da fuoco? No grazie.
Come sempre, a seguito del massacro, negli Stati Uniti si è già reinfuocato il sempreverde dibattito riguardante le armi da fuoco. La verità che andrebbe considerata è che ormai è tale la diffusione delle armi, specialmente di piccolo calibro, che tentare di mettere una proverbiale pezza ad un problema così grosso è semplicemente impossibile. Gli Stati Uniti non sono l’unico paese che permette un accesso facile alle armi da fuoco da parte della generale popolazione, seppure forse è quello che più di tutti fa leva sulla libertà personale derivante dall’acquisto dell’arma, eppure è quello in cui accadono maggiormente eventi simili al massacro appena descritto, sintomo di un sistema che non funziona, di un’educazione che non funziona, di una corsa alle armi che non funziona e di una generale mentalità distorta della popolazione, che preferisce reagire alle armi degli altri acquistando armi per sé, nell’inutile convinzione di essere così più sicuri, ma non rendendosi conto di essere i primi a perpetrare il circolo vizioso ancora e ancora.