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Studenti e insegnanti della scuola di Peshawar non avevano colpe; non si può essere colpevoli di frequentare un’istituto dell’esercito. Chiunque prova un senso di ripulsa per l’ ingiustizia, dolore per la perdita di tante vite che stavano fiorendo: ragazzi fra i 10 e i 20 anni, partecipazione empatica al dolore delle famiglie.
Quando un folle armato stronca l’esistenza dei suoi compagni di scuola, come di tanto in tanto accade negli Stati Uniti, è un’atrocità imprevedibile, ma quando gli assassini appartengono a un’organizzazione terrorista esiste un intreccio di elementi collegati – che non la giustificano – ma la rendono non imprevedibile.
Le campagne militari contro i Talebani del Waziristan dal 2009 al 2014
Il Waziristan è una zona tribale che separa il Pakistan e l’Afghanistan nella quale agisce, fra gli altri, il gruppo talebano Tehrik-i-Taliban (TTP) in lotta con il governo federale, alleato degli Stati Uniti. Un alleato che alla Casa Bianca non sembra sufficientemente allineato e al quale rimprovera di seguire una propria agenda.
Sartaj Aziz, consigliere per la Difesa presso il Primo Ministro Nawaz Sharif aveva dichiarato che esistono gruppi Talebani che non sono un problema pachistano. “Perché i nemici dell’America dovrebbero inutilmente diventare anche nostri nemici? Quando gli Stati Uniti hanno attaccato l’Afghanistan, tutti coloro che vi erano stati addestrati e armati sono stati spinti verso di noi. Alcuni di loro erano pericolosi per noi e alcuni non lo sono. Perché dobbiamo fare di tutti quanti dei nemici.“
Già mentre il sequestro era in corso, i media internazionali hanno puntato il dito contro questa politica nonostante il TTP, autore della strage, fosse il gruppo terrorista più pesantemente colpito dal governo.
Nel 2009 Islamabad aveva lanciato una grande offensiva di accerchiamento e distruzione con la cooperazione dei droni americani. Denominata “Sentiero della Giustizia“, tra giugno e ottobre aveva causato un migliaio di morti fra i Talebani e creato centomila profughi civili. La dirigenza del TTP al completo scampò e si rifugiò in Afghanistan. L’esercito aveva ripreso il controllo della zona, i miliziani erano morti o fuggiti, questione chiusa.
Ma è davvero possibile credere che fra una popolazione sradicata e colpita da lutti non emergano nuove leve votate alla vendetta? Infatti il TTP si è riorganizzato con nuove leve e nel giugno 2014 Islamabad ha lanciato un’altra operazione militare in Waziristan. Questa volta, a detta dell’esercito, sono stati uccisi da giugno a dicembre 910 terroristi e un’ottantina di soldati. Secondo i dati Onu i profughi sono un milione, fuggiti dalla zona tribale verso l’Afghanistan
I droni e i diritti umani violati
Il perdurante incentivo a combattere il governo è l’uso continuo dei droni americani sul territorio tribale. Iniziato sotto la presidenza Bush, è diventato esorbitante con Obama che li presenta come arma intelligente: atta a salvare vite innocenti, se paragonata a un conflitto con i mezzi tradizionali.
I reporter pachistani affermano di essere solo nominalmente liberi di spostarsi nella zone del conflitto, in pratica solamente se embedded possono effettivamente accedere alle zone del conflitto. Ciò esclude a priori l’indipendenza del giornalista nel riportare ciò che vede con i propri occhi, stabilire gli effetti delle operazioni tocca, pertanto, ad altri enti e istituzioni internazionali.
Uno studio condotto dall’Università di Stanford e riportato dal New Yorker smentisce la capacità del drone di individuare i combattenti distinguendoli dai civili, come invece sostiene la CIA. Dell’argomento si sono occupati anche Amnesty e l’organizzazione londinese “Bureau of Investigative Journalism”.
I dati dimostrano un completa mancanza di trasparenza sull’operazione americana con i droni, afferma Mustafa Qadri, membro di Amnesty International. L’organizzazione conclude che gli Usa dovrebbero essere chiamati alla Corte Penale Internazionale per rispondere del programma, in gran parte segreto, che, applicato anche in altri paesi oltre al Pakistan, viola le leggi internazionali sui diritti umani e costituisce crimine di guerra.
Interpellato, il Consiglio di Sicurezza degli Usa, per bocca della portavoce Caitlin Hayden, ha risposto che i droni vengono lanciati quando si ha l’approssimativa certezza, near-certainty, di non colpire i civili.
In ottobre si registra una concomitanza disturbante: il 9 il Nawaz Sharif – primo premier pachistano in assoluto a recarsi personalmente nel Waziristan – è andato a lodare personalmente l’esercito per la conduzione delle operazioni antiterrorismo; l’11 un drone ha ucciso 4 persone “definite” sospetti militanti e nel corso della settimana almeno 25 persone erano morte colpite dai droni americani in volo sul confine tra Pakistan e Afghanistan.
“Toccherà a me la prossima volta” si chiedono gli abitanti della zona sul cui capo i droni volano per ore in ricognizione fotografando, ascoltando, ritornando più volte sulle stesse case. Non a tutti capita la morte, ma a tutti l’angoscia e la paura.
Lo scontro fra Nawaz Sharif e Imran Khan
Imran Khan è originario del Waziristan ed è leader del Pakistan Tehreek-e-Insaf (“Movimento per la Giustizia), che alle elezioni del 2013 ha ottenuto il secondo posto in Parlamento. La biografia politica di Khan registra nel 2012 la partecipazione alla carovana di protesta dalla capitale fino nel Sud Waziristan contro i droni americani e nell’agosto 2014 un’altra marcia, stavolta da Lahore a Islamabad, contro il vincente Sharif. L’accusa: frode elettorale. I dimostranti vennero presi a sassate dai sostenitori del governo federale, Khan venne affrontato con le armi, dovette proseguire su un veicolo blindato. In settembre, secondo Al Jazeera partecipò a un tentativo di irruzione nel palazzo presidenziale, scoppiarono scontri, tre morti e numerosi feriti tra i quali un centinaio poliziotti .
Con la ripresa dell’offensiva militare nel Waziristan nel 2014 la posizione espressa da Khan era stata molto chiara “Lanciare una tale offensiva militare quando la maggioranza dei gruppi del Nord Waziristan esige di discutere è un gesto suicida da parte del Governo”. Si era scagliato anche contro gli Stati Uniti accusandoli di “comprare” il governo pakistano con la promessa di aiuti militari in cambio dell’avvio di una nuova operazione militare contro le zone tribali e disse che attaccare avrebbe indotto tutti i gruppi a unirsi contro il governo centrale; ma alla vigilia dell’attacco mutò improvvisamente parere.
Il TTP e la vendetta stragista a Peshawar
Un giornalista inglese ha raggiunto telefonicamente il portavoce del TTP, Yar Wazir.
Anche se dislocati altrove, siamo in grado di colpire quando vogliamo lo stato fantoccio del Pakistan, ha detto.
“Ma i bambini sono innocenti. Far loro del male mentre si credono in luogo sicuro? Quest’attacco è solo un gesto di vendetta” ha osservato il giornalista
“E i nostri bambini – esplode Wazir – e i nostri ragazzi? Questi erano figli dell’esercito pakistano sostenuto dagli Stati Uniti e dovrebbero essere i loro genitori a smettere di bombardare le nostre famiglie e i nostri bambini.
Forse quei ragazzi sono innocenti perché indossano giacca e cravatta e delle camicie occidentali? Mentre i nostri ragazzi in camicia islamica non li degnate di uno sguardo voi dell’Occidente “.
A complicare le cose per il governo concorrono due fattori: in realtà la scuola era frequentata da figli di civili che contavano sulla buona qualità dell’ istituto e ad arrivare sul posto per prima è stata la stampa, che ha battuto in tempestività la risposta delle forze di sicurezza.
E’ inspiegabile la facilità con cui il TTP ha potuto anche solo avvicinarsi alla scuola, perché l’edificio si trova in una zona con numerosi check-point. Anche la giustificazione del personale che li ha visti arrivare a metà mattina “Credevamo si trattasse di un gruppo che stava giocando, solo in seguito abbiamo visto le armi”, nonostante a poca distanza vi fosse l’auto data alle fiamme dal commando, richiede uno sforzo per essere creduta.
La strage del 16 dicembre ha dunque molti risvolti d’intelligence da esplorare, intrecci internazionali da chiarire, rebus politici interni da risolvere.
Partendo dall’evidenza che il TTP ha ottenuto un’attenzione internazionale mai avuta in precedenza, che gli Usa vedono confermata la loro preferenza per la linea dura, che il governo di Sharif ha condotto operazioni tanto cruente quanto inefficaci a sconfiggere il terrorismo, e probabilmente, come profetizzava Imran Khan prima del calcolato riallineamento al governo, ha ottenuto l’effetto di unire i vari gruppi, dando al TTP appoggi logistici da cellule di Peshawar.
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Nota 1) Fu il TTP a compiere l’aggressione di Malala Yousafzai, ma non si comprende perché proprio Malala sia stata “adottata”, e addestrata, per essere un simbolo della barbarie talebana, tacendo che nell’attentato vennero coinvolte altre due ragazze, ben poco più grandi di lei.
Nota 2) L’ American Civil Liberties Union ha ottenuto che la casa Bianca declassificasse un “memo” segreto sull’uso dei droni e l’uccisione di cittadini americani in territorio straniero.“The drone program has been responsible for the deaths of thousands of people, including countless innocent bystanders, but the American public knows scandalously little about who is being killed and why” scrive il NYpost.
Nota 3) leak di Wikileak: documento Cia sull’uso dei droni