Facciamo un passo indietro, “Espresso” del 10 marzo scorso. Nella rubrica “riservato” compare un trafiletto: “I familiari delle vittime sono avvertiti: rischierà una sonora querela chiunque sosterrà che il DC-9 dell’Italia fu abbattuto sui cieli di Ustica il 27 giugno del 1980 durante un combattimento aereo tra velivoli militari o da un missile, tirando in ballo depistaggi della nostra Aeronautica. Per il governo, che mette in campo i risultati di tutti i processi e di tutte le commissioni di esperti che hanno lavorato intorno alla tragedia, c’è una sola veritò: a far esplodere l’aereo fu una bomba. E 31 anni dopo ha incaricato il sottosegretario Carlo Giovanardi di vigilare sul rispetto di questa versione, anche tramite l’Avvocatura dello Stato, onde tutelare l’onore dell’Aeronautica e dei suoi generali se qualche scettico dovesse tornare a ipotizzare loro responsabilità”.
E’ stata presentata un’interrogazione parlamentare dai deputati radicali, per sapere quanto pubblicato da “L’Espresso” corrisponde al vero; al momento non risulta che nessuno si sia degnato di rispondere. Daria Bonfietti, che presiede l’associazione parenti delle vittime della strage di Ustica non è stupita per queste continue intimidazioni, e sottolinea che Giovanardi fa un’operazione “di falsificazione per non accettare la sentenza ordinanza del giudice Rosario Priore: ‘L’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione di intercettamento’”.
Lo stesso Priore queste cose le ha messe, nero su bianco nel libro “Intrigo internazionale”, scritto assieme a Giovanni Fasanella (Chiarelettere edizioni). A pagina 135 Priore dice: “La strage di Ustica è un caso coperto dall’omertà internazionale, che è ancora più impenetrabile di quella di una semplice cosca mafiosa siciliana o di una ‘ndrina calabrese…L’ipotesi di un cedimento strutturale dell’aereo fu esclusa quasi subito dai periti. Quella di una bomba esplosa all’interno dell’aeromobile, nel vano della toilette, è stata sostenuta a lungo, e ancora oggi c’è chi ne è convinto. Ma è poco credibile, perché le parti principali di questo vano sono state ripescate e su di esse non c’era alcuna traccia di esplosione. No, questa ipotesi non è sostenibile, anche se i periti non hanno mai raggiunto l’unanimità dei pareri”; a pagina 136, alla domanda: “Allo stato attuale, dunque, quella dell’aereo colpito da un missile è l’ipotesi più probabile?”, Priore risponde: “Sì, direi proprio di sì. Anche se ce n’è una quarta che ha un certo grado di attendibilità, quella della near collision, una quasi collisione con un altro aereo”. E ancora: “I periti dell’aeronautica militare hanno sostenuto che l’aereo Itavia, quella sera, a quell’ora, in quello spazio, volasse ‘solo’, cioè non fosse stato avvicinato da altri velivoli, né civili né militari. E non è vero”. A pagina 144 poi aggiunge: “E’ evidente che il DC-9 fu abbattuto da uno o più aerei militari sicuramente indirizzati verso l’obiettivo da un’efficiente ‘guida caccia’, un potente sistema radar in grado di ‘vedere’ anche a centinaia di chilometri di distanza”.
Sempre Priore indica abbastanza chiaramente nella Francia il paese su cui probabilmente grava la responsabilità per la strage. Chissà se di fronte a tanto “scetticismo” rispetto alla “verità” giovanardea, l’Avvocatura dello Stato procederà nei confronti di Bonfietti e del giudice Priore.
E’ comunque utile – non foss’altro per non smarrirne la memoria – ripercorrere le fasi di questa tragedia impunita. La strage si consuma il 27 giugno 1980, alle 20.59 e 45 secondi. E’ l’ora in cui il DC-9 sigla India-Tago-India-Golf-India, scompare dagli schermi radar. Fino a quel momento nessun problema. Il decollo è avvenuto con due ore di ritardo, ma il volo procede tranquillo. Dai centri di controllo sentono l’equipaggio ridere e scherzare, raccontano barzellette. Poi un pilota, con un moto di sorpresa, esclama: “Gua…”. Non finisce la frase. Silenzio.
Perso ogni contatto. Silenzio. Come se l’aereo non ci sia più. Come se non ci sia mai stato. Ma quell’aereo c’era. Dov’è finito, con i suoi 77 passeggeri e i 4 dell’equipaggio? Cos’è successo, quella sera, alle 20.59 e 45 secondi? Sono in tanti a chiederselo. Sono in tanti a cercare una risposta. Una risposta che chi deve, non vuole, non può dare.
L’autopsia sui corpi restituiti dal mare, una quarantina appena, rivela che sono morti in seguito alle gravissime lesioni polmonari dovute a decompressione; alcuni corpi presentano lesioni traumatiche. Significa, dicono gli esperti, che sono morti quando la cabina pressurizzata dell’aereo si è spaccata, in aria; e l’aereo poi è caduto. Ma cos’è successo? Si parla di incidente strutturale. Di esplosione a bordo. Di un possibile attentato. Si nominano commissioni d’inchiesta, perizie e contro-perizie a non finire, ipotesi e – anche – depistaggi. C’è chi perfino sostiene che il DC-9 abbia galleggiato per ore in superficie; poi sbuca da chissà dove un sommergibile inglese, e squadre di guastatori minano il relitto e lo fanno inabissare; si ipotizza un coinvolgimento di Israele: un’operazione “sporca” contro un aereo francese con materiale nucleare diretto all’Irak di Saddam, e il DC-9 viene colpito per errore. Si parla di responsabilità degli americani, dei francesi, dei sovietici; si parla di un fallito attentato contro Gheddafi…si parla di una bomba a bordo: un attentato collegato alla strage del 2 agosto alla stazione di Bologna, per punire la politica estera italiana di sostegno a Malta, contrastata dalla Libia. Per quel che riguarda la teoria della bomba si arriva a ricostruzioni macabre: l’ordigno nascosto nella toilette, che però viene recuperata intatta, e si ipotizza che in quel momento la toilette fosse occupata, il corpo di qualcuno avrebbe fatto da schermo.
La commissione parlamentare presieduta da senatore Libero Gualtieri usa parole di fuoco; descrive uno scenario fatto di “menzogne, reticenze, deviazioni”. Il reperto principale, i resti del DC-9 sono in fondo al Tirreno, a una profondità di 3700 metri… I nastri con le registrazioni dei centri radar sono negati, distrutti, nascosti. I testimoni sono reticenti, negano a volte l’evidenza; e nessun centro radar quella notte sembra aver funzionato come doveva… Ci vuole tutta la pazienza certosina dei magistrati per recuperare dati e informazioni, decodificare i tracciati, dare un senso alle mezze frasi…
Un po’ alla volta il mosaico si compone. Quella sera, intanto, c’erano una quantità di aerei in volo, assieme al DC-9: aerei italiani che improvvisamente decollano, e che altrettanto improvvisamente sono fatti rientrare; ma ci sono anche altri aerei: forse americani; forse, più probabilmente, francesi. Che ci fanno? Esercitazioni? O devono intercettare qualcuno? Chi insegue e chi è inseguito? La Francia non ha mai risposto alle rogatorie italiane. Da oltralpe si arriva all’impudenza di sostenere che la base militare di Solenzara, in Corsica, alle cinque del pomeriggio è chiusa. Come un ministero.
I periti si dividono: missile; no, bomba; no, collisione in volo; anzi, quasi collisione: un aereo che sfiora il DC-9, e lo fa cadere. Le commissioni nominate dall’aeronautica militare propendono per la bomba. Dopo aver perorato per anni la causa della bomba, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga muta opinione: ad abbattere il DC-9, sostiene, sono stati i francesi.
C’è poi un altro mistero. Sui monti della Sila, in Calabria, viene trovata la carcassa di un MIG libico. Ufficialmente lo trovano il 18 luglio, un mese dopo la strage di Ustica. Che ci fa un MIG libico sulla Sila? Chissà. Da dove viene? Chissà. I carabinieri sequestrano la zona. Da Tripoli dicono che era un volo di addestramento: il pilota ha avuto un malore ed è precipitato. Ma come c’è arrivato lì? Chissà. E se invece che da Bengasi fosse partito dalla Sardegna? Chissà. E siamo sicuri che sia precipitato il 18 luglio e non prima, magari il 27 giugno? Chissà. Uno dei medici legali fa mettere a verbale: corpo in avanzatissimo stato di decomposizione. Quanto avanzatissimo? Quindici giorni almeno. Poi però cambia idea. Chissà. I resti del pilota e del MIG sono restituiti alla Libia, in fretta e furia. Però…Quando anni dopo andiamo nell’hangar di Pratica di Mare dove è stato ricostruito il DC-9 un carabiniere, ci avverte che alcuni rottami non li dobbiamo filmare; e perché no? Sono del MIG libico. Naturalmente è la prima cosa che filmiamo. Ma non erano stati restituiti alla Libia?
Da un mistero a un altro mistero. Anzi, una decina di altri misteri. Ufficialmente, le vittime di Ustica sono 81. Ma su quell’aereo, sembra gravare una maledizione. Ci sono un’altra decina di persone decedute, e tutte legate in un modo o nell’altro alla strage di Ustica. Persone che improvvisamente muoiono, si tolgono la vita senza motivo, o sono vittime di strani incidenti…
Il generale Roberto Boemio. Il 13 gennaio 1993 due sconosciuti lo accoltellano a morte a Bruxelles. Una rapina, si dice. Il generale, in pensione, era stato capo di stato maggiore della terza divisione aerea, con base a Martina Franca; anche per le sue rivelazioni gli alti ufficiali dell’aeronautica sono stati incriminati. Però, forse, davvero è stato vittima di una rapina finita male. Chissà.
Ma che dire di altri due ufficiali, quella sera in servizio al centro radar di Poggio Ballone, il capitano Maurizio Gari e il maresciallo Alberto Dettori? Gari muore d’infarto, un colpo secco, improvviso. La famiglia assicura che scoppiava di salute. Chissà. L’altro si impicca; aveva confidato che quella sera del 27 giugno, per poco non era scoppiata la guerra. Depressione? Chissà.
Muore anche il generale Giorgio Teoldi, comandante dell’aeroporto militare di Grosseto, da cui, quella sera decollarono tre aerei da guerra. Il generale si schianta a bordo della sua automobile; è da solo, e non ci sono testimoni, quando si schianta; un colpo di sonno, un malore? Chissà.
Su uno di quegli aerei decollati da Grosseto c’erano i capitani Ivo Nutarelli e Mario Nardini, muoiono il 28 agosto 1988 a Ramstein in Germania, durante le esibizioni acrobatiche, una settimana prima di essere interrogati. Erano due assi, ma anche gli assi commettono errori. Chissà.
Il sindaco di Grosseto Giovanni Finetti, raccoglie le confidenze di alcuni ufficiali sulla strage; e muore anche lui, in un incidente stradale, da solo, senza testimoni…Chissà.
Un altro generale, Saverio Rana, capo del Registro Aeronautico, il primo che parla di missile, anche lui muore; per infarto…Chissà.
Muore un maresciallo dell’aeronautica, si chiamava Ugo Zammarelli, travolto da una motocicletta: indagava sul MIG libico trovato sulla Sila. Non viene disposta l’autopsia, i suoi bagagli spariti. Chissà…
Un altro maresciallo, Antonio Muzio è ucciso con tre colpi di pistola da sconosciuti. Lavorava all’aeroporto di Lametia Terme, dove avevano conservato i resti del MIG e i nastri con le registrazioni di volo. Chissà…
Un ex colonnello, Sandro Marcucci, si schianta mentre è a bordo del suo Piper anti-incendio, incidente improvviso, e senza spiegazione. Qualche giorno prima a proposito di Ustica aveva rilasciato dichiarazioni di fuoco contro l’aeronautica. Chissà…
Il maresciallo Franco Parisi si impicca anche lui. Prestava servizio al centro radar di Otranto, doveva essere interrogato dai magistrati. Depressione? Chissà…
Il 31 agosto 1999 il giudice Rosario Priore chiede il rinvio a giudizio per i generali Lamberto Bartolucci, capo di stato maggiore dell’Aeronautica; Franco Ferri, sottocapo di Stato maggiore; Corrado Mellillo generale di brigata aerea; e Zeno Tascio, capo del servizio informazioni dell’aeronautica. L’accusa è attentato contro gli Organi costituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento. Per l’accusa, sanno, ma hanno taciuto, negato la verità, o hanno addirittura depistato; a loro si aggiungono una quarantina tra ufficiali e militari dell’aeronautica, accusati di falsa testimonianza. Tutti ovviamente respingono le accuse, protestano la loro innocenza. Al termine di un lungo e tormentato processo, un milione e ottocentomila pagine di atti giudiziari, cinquemila pagine solo di sintesi, un centinaio di perizie, la III sezione della Corte di Assise di Roma assolve gli imputati per non aver commesso il fatto, e nei confronti dei generali Bartolucci e Ferri, in ordine all’accusa di altro tradimento, dichiara il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Sono passati 31 anni da quella strage. E come per tante altre che hanno insanguinato il paese, si attende giustizia e verità.
http://notizie.radicali.it/articolo/2011-06-27/editoriale-direttore/strage-di-ustica-trentun-anni-dopo-ancora-senza-giustizia-e