Strana raccolta più che Strane storie…
Manca a Strane storie di Gianni Biondillo una prefazione che, come nel Momento è delicato di Ammaniti, anticipi al lettore che non di letteratura si tratta ma di semplice divertissement; posta questa premessa sarebbe forse stato più facile apprezzare la carica satirica e l’inventiva di almeno alcuni tra questi diciassette racconti. Resterebbe comunque l’evidenza che quasi tutti i testi sono nati da occasioni e sollecitazioni estemporanee e che mal tollerano l’assembramento e la lettura in successione.
Si spazia attraverso molti generi letterari, ma quelli più frequenti sono la fantascienza e la satira, talvolta anche associati come in Expo 2015 che vede in un futuro prossimo il Nord Italia in balia dei leghisti e sotto lo scettro del Trota e uno studioso alla ricerca di tracce della fantomatica esposizione che si dovrebbe tenere a Milano, ma per la quale ancora così poco si è fatto. Simpatici sono anche i racconti Non pensare a domani, il cui protagonista ripercorre tutti i tradimenti che lo hanno portato ad affermarsi sulla ribalta politica, e Un bicchiere di tè freddo, dal sorprendente finale, che sconfina nel genere erotico.
Ma sono solo tre i testi che innalzano un po’ il valore medio dell’opera. Sono io il colpevole descrive un episodio di violenza attraverso cinque prospettive: quella del bullo, strafottente e null’affatto pentito; quella del ragazzo che ha ripreso la scena con il videofonino e diffuso la registrazione sul web; quella della sciacquetta per divertire (?) la quale è accaduto il tutto; infine quella del secchione cinico e disinteressato e della vittima, un ragazzo handicappato che vede i suoi coetanei con l’occhio rivolto alla disperazione futura che lui già conosce e che loro invece ignorano. La favola dei calzini invisibili è invece una novella in stile “buzzatiano”, dalla morale semplice e dalla velata ironia; un uomo non trova mai i calzini che gli ha regalato la moglie sino a perdere il senno e il senso della realtà, per accorgersi infine delle proprie responsabilità. L’ultimo metrò è un racconto horror che vede i passeggeri di un treno notturno della metropolitana incastrati in un incubo a tinte forti; molto efficace la conclusione dei primi capitoletti in cui ciascun personaggio anticipa il proprio destino: «Mi chiamo Antonio Parisi, ho 22 anni, sto tornando a casa dopo una pizza con gli amici. Io ancora non lo so, ma fra 23 minuti sarò un uomo morto»; «Mi chiamo Luisa Candela, ho 46 anni, io ancora non lo so ma fra 19 minuti sarò una donna morta»; «Mi chiamo Augusto Remigi, avvocato Augusto Remigi, ho 49 anni e, ancora non lo so, fra 18 minuti sarò un uomo morto. Di una morte terribile»; la fine del quarto capitoletto, che ha per protagonista un lettore, dà invece il via alla tragedia: «Poi tutto all’improvviso è diventato buio e il treno ha frenato bruscamente».
Si potrebbe spendere qualche parola anche su Il cantiere, Cosmedin o su Cosa accadde davvero quella notte (e la mattina appresso), ma gli esiti del giudizio complessivo non mutano: in Strane storie Biondillo dà l’impressione di poter essere un brillante conversatore, magari anche acuto, ma non un Narratore – con la maiuscola; basti osservare con quanta frequenza usi la banale tecnica dell’alternanza di brevi paragrafi che vibrano tra realtà e ossessione (L’uomo nell’alto castello) o tra passato e presente (Tosca). Ai volenterosi, che di Biondillo hanno magari apprezzato gli interventi su Nazione Indiana, non resta allora che sospendere il giudizio e riprovare con uno dei suoi romanzi, tutti pubblicati da Guanda.
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