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strani abitanti di strane dimore

Creato il 11 gennaio 2015 da Odio_via_col_vento

 

strani abitanti di strane dimore

Umberto Boccioni, Tre donne

 

Ecco, avete presente quei film tipo "Non entrate in quella casa", "Amityville Horror", "Rosemary's Baby", ecc.?
Ebbene, col passare degli anni il palazzo in cui abito sta diventando qualcosa di simile: lo ribattezzerei "Oscure Presenze".

Forse, più che altro "Oscure Assenze".
E poi "Rimpiazzi Ignoti".

Quando siamo venuti ad abitare qua le cose erano un po' più definite.
Molte coppie di una certa età, alcune con figli in età quasi adulta; un'altra famiglia con figli piccoli. Ma il quadro era ben definito: nomi e cognomi sui campanelli e sulla cassette della posta, la vicina impicciona, quella che se avevi bisogno poteva ritirarti i pacchi e le raccomandate, il signore in pensione che si era auto-eletto sostituto-vice-amministratore-facente funzione-caposcale (e rompeva, oh, come rompeva....), i negozianti con le vetrine affacciate sulla strada che tenevano i conti di chi entrava e chi usciva, la ditta che puliva le scale - insomma: tutto normale.

Poi, lentamente, le cose hanno preso a cambiare; all'inizio senza che ce ne accorgessimo, una serie di eventi più o meno naturali concatenati.

Molte persone sparivano: ma dico proprio "sparivano". Letteralmente.
Secondo me dopo venivano addotti pretesti più o meno verosimili.
Morti senza funerali e senza che ci si accorgesse di un andirivieni di ambulanze, medici o parenti in lutto.
Traslochi senza camion e pacchi e scatoloni e spostamenti di mobilia.
Ma non solo i drammi, anche le evoluzioni naturali della vita sono qui misteriose. Figli che si sposano (forse) e non si rivedono più, nemmeno per sbaglio, nemmeno a Natale e Pasqua, nemmeno per lasciare i bambini dai nonni in sessioni di babysitteraggi gratuiti.

Ci si accorge che un appartamento non è più abitato dai piccioni che colonizzano le terrazze.
Poi appare uno sconosciuto che ripulisce tutto, che sembra fare qualche lavoro di ripristino, che talvolta incontri per le scale. Uno che si presenta, che si dichiara sposato e con prole, ma chissà dove, visto che non abitano certo qui, a meno di non essere fantasmi, incorporei, senza voce e senza rumori. 

Appaiono e scompaiono, si avvicendano, senza nome sulla cassetta della posta o sul campanello, parlano talvolta lingue sconosciute, non entrano in ascensore se già lo stai aspettando, si soffermano lungo le scale se sentono aprire la porta: per non incontrare nessuno, non scambiare parole e sguardi, non rischiare domande?

Altri invece cominciano un discorso, portano dei dolci o delle pizze, presentano un nipotino, abbozzano il racconto di una vita: ed altettanto velocemente, a piccoli pezzi, scompaiono.

E non c'è più nessuno a cui chiedere.
L'unica vicina di sempre sta preciptando nell'abisso della vecchiaia e non sa niente; anzi, si spaventa a certe domande. Si chiede se è lei che sta perdendo la memoria o se sono fantasmi, quelli che vanno e vengono dal palazzo.

Fantasmi di una vita moderna, in cui si è perso anche quella quotidiana e banale relazione del vicinato?
Oppure sono proprio vite evanescenti, parallele, di un'altra dimensione?

Persiste solo uno strano figuro, vestito sempre in giacca e cravatta, ma dai colori improbabili, i capelli tinti color lucido da scarpe, occhiali scuri anche di notte. Che se ti incontra per le scale inveisce: solo lui sa perché.
Come mai i peggiori non se ne vanno mai?


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