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STRAORDINARIE O EXTRA-ORDINARIE… EMOZIONI - Sulla “guerra” in Circumvesuviana

Creato il 03 ottobre 2012 da Ciro_pastore

STRAORDINARIE O EXTRA-ORDINARIE… EMOZIONI  -  Sulla “guerra” in Circumvesuviana Sulla “guerra” in Circumvesuviana STRAORDINARIE O EXTRA-ORDINARIE… EMOZIONI Il muro contro muro tra lavoratori ed azienda rischia di lasciare solo macerie da entrambe le parti « Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce...» (Blaise Pascal, Pensieri, 277) Quello che da qualche giorno sta accadendo tra i lavoratori della Circumvesuviana (e tra questi e i vertici aziendali) ha a che fare, paradossalmente, più con i moti dell’anima che con le ragioni dell’intelletto. La spinta emozionale, in maniera del tutto spontanea e “pacificamente disorganizzata”, ha prodotto azioni, di evidente natura simbolica che, proprio in quanto tali, hanno determinato conseguenze dotate di una forte carica dirompente sugli scenari preesistenti. La partecipazione emotiva – ribadisco spontanea – di tanti lavoratori (soprattutto amministrativi, ma non solo), adusi finora a subire supinamente le decisioni sindacali, manageriali e politiche, è il sintomo – forte ed inequivocabile - di un disagio diffuso e profondo. Un disagio che, come sempre accade, ha trovato plastica manifestazione in azioni apparentemente scomposte, addirittura ingiustificatamente sovradimensionate. È ovvio, infatti, che la causa reale di tanta ribollente ansia “rivoluzionaria” non è da individuare nei pur significativi e ripetuti ritardi nella corresponsione degli stipendi. Se così fosse, sarebbe ridicolo ed irriguardoso nei confronti delle migliaia di lavoratori in cassa integrazione/disoccupati di questa regione. Ma così non era e certamente non è. Il disagio è, a parer mio, prodotto dalla paura che un’epoca stia finendo, che il futuro riservi non solo sacrifici ma, soprattutto, incertezze. E di fronte all’incertezza l’animo umano reagisce, a volte, istericamente e, troppo spesso, scompostamente. Ma ogni processo “rivoluzionario” necessita di un atto simbolico che costituisca l’innesco positivo su cui, eventualmente e possibilmente, costruire successivamente un percorso di emancipazione e partecipazione. Ma come ogni perfetta cuoca sa, un soufflé si valuta soltanto quando verrà estratto dal forno. Capita spesso, infatti, che dall’oblò si possa osservare il soufflé gonfiarsi quasi a dismisura, salvo poi vederlo miseramente ed ingloriosamente sgonfiarsi una volta messo al centro della tavola imbandita. Questo per dire che, il difficile viene ora. Infatti, dopo l’iniziale “ botta di orgoglio di categoria”, verrà l’ora dei piccoli ed ordinari gesti quotidiani che potrebbero tentare alcuni e farli ripiombare, con la medesima rapidità, nel torpore atavico in cui per decenni hanno supinamente vissuto, come tanti catatonici personaggi del film “Risvegli” ( http://www.youtube.com/watch?v=zIo7nN1sF2Y ). Si potrebbe tornare, cioè, alla ripetizione pedissequa dei vecchi e consolidati comportamenti, improntati ad opportunismo ed egoismo che, tramite l’uso di piccole astuzie, ci hanno consentito una placida e confortevole sopravvivenza. In questo momento, i lavoratori “rivoltosi” sono nelle stesse condizioni di quei temerari concorrenti di GIOCHI SENZA FRONTIERE (i più anziani tra voi se li ricorderanno http://www.youtube.com/watch?v=WdRt612A07I ) che dovevano compiere assurde gare, in cui ad ogni passo scattavano trappole da parte di poco sportivi avversari che  subdolamente facevano di tutto per estrometterli. Scalinate insaponate, bastonate improvvise, getti d’acqua gelida: ogni mezzo era giustificato per non farli giungere all’agognato traguardo. E così, uscendo dalla divertente metafora, ecco che i partecipanti alla “pacifica rivolta” si sono subito ritrovati ad essere il bersaglio di più o meno occulti tranelli e trabocchetti. Difficile resistere alle lusinghe, arduo opporsi alle minacce, facile abbandonarsi esausti nelle braccia di qualche ammaliante sirena. Ma è proprio “quando il gioco si fa duro che i duri scendono in campo ” ed è nella durezza e nell’asprezza della “competizione” che si dimostra la compattezza e la fierezza dei partecipanti. Un fronte incrinato alla base si sgretolerebbe, infatti, sotto l’influsso di un semplice soffio di vento… E, si badi bene, i nemici sono palesi ma anche occulti. Alcuni sono facilmente individuabili, altri sono assolutamente insospettabili, qualcuno è perfino accuratamente camuffato tra i nostri compagni di avventura. Ciascuno di loro è animato da ragioni di parte, ma tutti condividono un obiettivo comune: evitare che il fronte resti compatto e numeroso. Divide et impera, insegnavano gli antichi Romani e, anche se a distanza di due millenni, la strategia funziona sempre, è quasi infallibile. Ecco che il rischio “sgonfiamento del soufflé” diventa alto, altissimo. Ennio Flaiano, da eccellente umorista e da buon conoscitore dell’italica codardia, diceva: “l’Italia è il Paese delle mille rivolte, ma di nessuna rivoluzione”, in cui “tutti sono pronti a correre in soccorso del vincitore ”. Qualcuno, forte della propria indubitabile posizione di supremazia, in maniera scriteriata ed avventata, ha provato a dare un’improvvisa (ma attesa) spallata. Qualche geniere (o ingegnere, no so) si è prodigato ad innalzare le prime barricate e, forte del proprio corredo di “cannoni”, li ha puntati sui lavoratori, convinto che la “politica delle cannoniere” sia la maniera, efficiente e rapida, per  soffocare sul nascere l’inaspettato moto rivoluzionario. Fa specie, peraltro, che forse dietro quei potenti “pezzi di artiglieria” ci sia non solo lo Stato Maggiore al gran completo, ma anche qualche transfuga che tenta di conquistarsi in anticipo la benevolenza del presumibile vincitore. Costoro dimenticano che la miglior guerra è quella che non si combatte, o meglio quella che si gestisce con “le armi della diplomazia”. Le barricate, il muro contro muro, l’occhio per occhio dente per dente, la volontà di stravincere, spesso, causano solo macerie e dolore, da entrambe le parti del fronte. Il dialogo, anche serrato ed aspro, è l’unica strategia praticabile per evitare, anche a chi si sente in partenza vincitore, danni materiali ed “eventi luttuosi”, non facilmente quantificabili a priori. Quindi, al Potere non resta che rinfoderare il ghigno violento che ha già alimentato scriteriati atti unilaterali, che appaiono soltanto repressivi e provocatori. Gli uomini di buona volontà debbono provare ad aprire una rinnovata stagione di trattative serie e condivise per evitare che la controparte, sicuramente più debole, messa alle strette, possa decidere di immolarsi e cercare la “bella morte”.
Ciro Pastore - Il Signore degli Agnelli

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